La nonviolenza è in cammino - anno XVI

Numero 717 del 22 giugno 2015

 

Lettera enciclica "Laudato sì" del santo padre Francesco sulla cura della casa comune

 

1. "Laudato si', mi' Signore", cantava san Francesco d'Assisi. In questo bel cantico ci ricordava che la nostra casa comune e' anche come una sorella, con la quale condividiamo l'esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia: "Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba" (1).

2. Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell'uso irresponsabile e dell'abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla. La violenza che c'e' nel cuore umano ferito dal peccato si manifesta anche nei sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell'acqua, nell'aria e negli esseri viventi. Per questo, fra i poveri piu' abbandonati e maltrattati, c'e' la nostra oppressa e devastata terra, che "geme e soffre le doglie del parto" (Rm 8,22). Dimentichiamo che noi stessi siamo terra (cfr Gen 2,7). Il nostro stesso corpo e' costituito dagli elementi del pianeta, la sua aria e' quella che ci da' il respiro e la sua acqua ci vivifica e ristora.

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Niente di questo mondo ci risulta indifferente

3. Piu' di cinquant'anni fa, mentre il mondo vacillava sull'orlo di una crisi nucleare, il santo Papa Giovanni XXIII scrisse un'Enciclica con la quale non si limito' solamente a respingere la guerra, bensi' volle trasmettere una proposta di pace. Diresse il suo messaggio Pacem in terris a tutto il "mondo cattolico", ma aggiungeva "e a tutti gli uomini di buona volonta'". Adesso, di fronte al deterioramento globale dell'ambiente, voglio rivolgermi a ogni persona che abita questo pianeta. Nella mia Esortazione Evangelii gaudium, ho scritto ai membri della Chiesa per mobilitare un processo di riforma missionaria ancora da compiere. In questa Enciclica, mi propongo specialmente di entrare in dialogo con tutti riguardo alla nostra casa comune.

4. Otto anni dopo la Pacem in terris, nel 1971, il beato Papa Paolo VI si riferi' alla problematica ecologica, presentandola come una crisi che e' "una conseguenza drammatica" dell'attivita' incontrollata dell'essere umano: "Attraverso uno sfruttamento sconsiderato della natura, egli rischia di distruggerla e di essere a sua volta vittima di siffatta degradazione" (2). Parlo' anche alla Fao della possibilita', "sotto l'effetto di contraccolpi della civilta' industriale, di [...] una vera catastrofe ecologica", sottolineando "l'urgenza e la necessita' di un mutamento radicale nella condotta dell'umanita'", perché "i progressi scientifici piu' straordinari, le prodezze tecniche piu' strabilianti, la crescita economica piu' prodigiosa, se non sono congiunte ad un autentico progresso sociale e morale, si rivolgono, in definitiva, contro l'uomo" (3).

5. San Giovanni Paolo II si e' occupato di questo tema con un interesse crescente. Nella sua prima Enciclica, osservo' che l'essere umano sembra "non percepire altri significati del suo ambiente naturale, ma solamente quelli che servono ai fini di un immediato uso e consumo" (4). Successivamente invito' ad una conversione ecologica globale (5). Ma nello stesso tempo fece notare che si mette poco impegno per "salvaguardare le condizioni morali di un'autentica ecologia umana" (6). La distruzione dell'ambiente umano e' qualcosa di molto serio, non solo perche' Dio ha affidato il mondo all'essere umano, bensi' perche' la vita umana stessa e' un dono che deve essere protetto da diverse forme di degrado. Ogni aspirazione a curare e migliorare il mondo richiede di cambiare profondamente gli "stili di vita, i modelli di produzione e di consumo, le strutture consolidate di potere che oggi reggono le societa'" (7). L'autentico sviluppo umano possiede un carattere morale e presuppone il pieno rispetto della persona umana, ma deve prestare attenzione anche al mondo naturale e "tener conto della natura di ciascun essere e della sua mutua connessione in un sistema ordinato" (8). Pertanto, la capacita' dell'essere umano di trasformare la realta' deve svilupparsi sulla base della prima originaria donazione delle cose da parte di Dio (9).

6. Il mio predecessore Benedetto XVI ha rinnovato l'invito a "eliminare le cause strutturali delle disfunzioni dell'economia mondiale e di correggere i modelli di crescita che sembrano incapaci di garantire il rispetto dell'ambiente" (10).

Ha ricordato che il mondo non puo' essere analizzato solo isolando uno dei suoi aspetti, perche' "il libro della natura e' uno e indivisibile" e include l'ambiente, la vita, la sessualita', la famiglia, le relazioni sociali, e altri aspetti. Di conseguenza, "il degrado della natura e' strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana" (11). Papa Benedetto ci ha proposto di riconoscere che l'ambiente naturale e' pieno di ferite prodotte dal nostro comportamento irresponsabile. Anche l'ambiente sociale ha le sue ferite. Ma tutte sono causate in fondo dal medesimo male, cioe' dall'idea che non esistano verita' indiscutibili che guidino la nostra vita, per cui la liberta' umana non ha limiti. Si dimentica che "l'uomo non e' soltanto una liberta' che si crea da se'. L'uomo non crea se stesso. Egli e' spirito e volonta', ma e' anche natura" (12). Con paterna preoccupazione ci ha invitato a riconoscere che la creazione risulta compromessa "dove noi stessi siamo le ultime istanze, dove l'insieme e' semplicemente proprieta' nostra e lo consumiamo solo per noi stessi. E lo spreco della creazione inizia dove non riconosciamo piu' alcuna istanza sopra di noi, ma vediamo soltanto noi stessi" (13).

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Uniti da una stessa preoccupazione

7. Questi contributi dei Papi raccolgono la riflessione di innumerevoli scienziati, filosofi, teologi e organizzazioni sociali che hanno arricchito il pensiero della Chiesa su tali questioni. Non possiamo pero' ignorare che anche al di fuori della Chiesa Cattolica, altre Chiese e Comunita' cristiane - come pure altre religioni - hanno sviluppato una profonda preoccupazione e una preziosa riflessione su questi temi che stanno a cuore a tutti noi. Per citare solo un esempio particolarmente significativo, voglio riprendere brevemente parte del contributo del caro Patriarca Ecumenico Bartolomeo, con il quale condividiamo la speranza della piena comunione ecclesiale.

8. Il Patriarca Bartolomeo si e' riferito particolarmente alla necessita' che ognuno si penta del proprio modo di maltrattare il pianeta, perche' "nella misura in cui tutti noi causiamo piccoli danni ecologici", siamo chiamati a riconoscere "il nostro apporto, piccolo o grande, allo stravolgimento e alla distruzione dell'ambiente" (14). Su questo punto, egli si e' espresso ripetutamente in maniera ferma e stimolante, invitandoci a riconoscere i peccati contro la creazione: "Che gli esseri umani distruggano la diversita' biologica nella creazione di Dio; che gli esseri umani compromettano l'integrita' della terra e contribuiscano al cambiamento climatico, spogliando la terra delle sue foreste naturali o distruggendo le sue zone umide; che gli esseri umani inquinino le acque, il suolo, l'aria: tutti questi sono peccati" (15). Perche' "un crimine contro la natura e' un crimine contro noi stessi e un peccato contro Dio" (16).

9. Allo stesso tempo Bartolomeo ha richiamato l'attenzione sulle radici etiche e spirituali dei problemi ambientali, che ci invitano a cercare soluzioni non solo nella tecnica, ma anche in un cambiamento dell'essere umano, perche' altrimenti affronteremmo soltanto i sintomi. Ci ha proposto di passare dal consumo al sacrificio, dall'avidita' alla generosita', dallo spreco alla capacita' di condividere, in un'ascesi che "significa imparare a dare, e non semplicemente a rinunciare. E' un modo di amare, di passare gradualmente da cio' che io voglio a cio' di cui ha bisogno il mondo di Dio. E' liberazione dalla paura, dall'aviditàa' e dalla dipendenza" (17). Noi cristiani, inoltre, siamo chiamati ad "accettare il mondo come sacramento di comunione, come modo di condividere con Dio e con il prossimo in una scala globale. E' nostra umile convinzione che il divino e l'umano si incontrino nel piu' piccolo dettaglio della veste senza cuciture della creazione di Dio, persino nell'ultimo granello di polvere del nostro pianeta" (18).

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San Francesco d'Assisi

10. Non voglio procedere in questa Enciclica senza ricorrere a un esempio bello e motivante. Ho preso il suo nome come guida e come ispirazione nel momento della mia elezione a Vescovo di Roma. Credo che Francesco sia l'esempio per eccellenza della cura per cio' che e' debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticita'. E' il santo patrono di tutti quelli che studiano e lavorano nel campo dell'ecologia, amato anche da molti che non sono cristiani. Egli manifesto' un'attenzione particolare verso la creazione di Dio e verso i piu' poveri e abbandonati. Amava ed era amato per la sua gioia, la sua dedizione generosa, il suo cuore universale. Era un mistico e un pellegrino che viveva con semplicita' e in una meravigliosa armonia con Dio, con gli altri, con la natura e con se stesso. In lui si riscontra fino a che punto sono inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l'impegno nella societa' e la pace interiore.

11. La sua testimonianza ci mostra anche che l'ecologia integrale richiede apertura verso categorie che trascendono il linguaggio delle scienze esatte o della biologia e ci collegano con l'essenza dell'umano. Cosi' come succede quando ci innamoriamo di una persona, ogni volta che Francesco guardava il sole, la luna, gli animali piu' piccoli, la sua reazione era cantare, coinvolgendo nella sua lode tutte le altre creature. Egli entrava in comunicazione con tutto il creato, e predicava persino ai fiori e "li invitava a lodare e amare Iddio, come esseri dotati di ragione" (19). La sua reazione era molto piu' che un apprezzamento intellettuale o un calcolo economico, perche' per lui qualsiasi creatura era una sorella, unita a lui con vincoli di affetto. Per questo si sentiva chiamato a prendersi cura di tutto cio' che esiste. Il suo discepolo san Bonaventura narrava che lui, "considerando che tutte le cose hanno un'origine comune, si sentiva ricolmo di pieta' ancora maggiore e chiamava le creature, per quanto piccole, con il nome di fratello o sorella" (20). Questa convinzione non puo' essere disprezzata come un romanticismo irrazionale, perche' influisce sulle scelte che determinano il nostro comportamento. Se noi ci accostiamo alla natura e all'ambiente senza questa apertura allo stupore e alla meraviglia, se non parliamo piu' il linguaggio della fraternita' e della bellezza nella nostra relazione con il mondo, i nostri atteggiamenti saranno quelli del dominatore, del consumatore o del mero sfruttatore delle risorse naturali, incapace di porre un limite ai suoi interessi immediati. Viceversa, se noi ci sentiamo intimamente uniti a tutto cio' che esiste, la sobrieta' e la cura scaturiranno in maniera spontanea. La poverta' e l'austerita' di san Francesco non erano un ascetismo solamente esteriore, ma qualcosa di piu' radicale: una rinuncia a fare della realta' un mero oggetto di uso e di dominio.

12. D'altra parte, san Francesco, fedele alla Scrittura, ci propone di riconoscere la natura come uno splendido libro nel quale Dio ci parla e ci trasmette qualcosa della sua bellezza e della sua bonta': "Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si contempla il loro autore" (Sap 13,5) e "la sua eterna potenza e divinita' vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute" (Rm 1,20). Per questo chiedeva che nel convento si lasciasse sempre una parte dell'orto non coltivata, perche' vi crescessero le erbe selvatiche, in modo che quanti le avrebbero ammirate potessero elevare il pensiero a Dio, autore di tanta bellezza (21). Il mondo e' qualcosa di piu' che un problema da risolvere, e' un mistero gaudioso che contempliamo nella letizia e nella lode.

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Il mio appello

13. La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, poiche' sappiamo che le cose possono cambiare. Il Creatore non ci abbandona, non fa mai marcia indietro nel suo progetto di amore, non si pente di averci creato. L'umanita' ha ancora la capacita' di collaborare per costruire la nostra casa comune. Desidero esprimere riconoscenza, incoraggiare e ringraziare tutti coloro che, nei piu' svariati settori dell'attivita' umana, stanno lavorando per garantire la protezione della casa che condividiamo. Meritano una gratitudine speciale quanti lottano con vigore per risolvere le drammatiche conseguenze del degrado ambientale nella vita dei piu' poveri del mondo. I giovani esigono da noi un cambiamento. Essi si domandano com'e' possibile che si pretenda di costruire un futuro migliore senza pensare alla crisi ambientale e alle sofferenze degli esclusi.

14. Rivolgo un invito urgente a rinnovare il dialogo sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta. Abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perche' la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti. Il movimento ecologico mondiale ha gia' percorso un lungo e ricco cammino, e ha dato vita a numerose aggregazioni di cittadini che hanno favorito una presa di coscienza. Purtroppo, molti sforzi per cercare soluzioni concrete alla crisi ambientale sono spesso frustrati non solo dal rifiuto dei potenti, ma anche dal disinteresse degli altri. Gli atteggiamenti che ostacolano le vie di soluzione, anche fra i credenti, vanno dalla negazione del problema all'indifferenza, alla rassegnazione comoda, o alla fiducia cieca nelle soluzioni tecniche. Abbiamo bisogno di nuova solidarieta' universale. Come hanno detto i Vescovi del Sudafrica, "i talenti e il coinvolgimento di tutti sono necessari per riparare il danno causato dagli umani sulla creazione di Dio" (22). Tutti possiamo collaborare come strumenti di Dio per la cura della creazione, ognuno con la propria cultura ed esperienza, le proprie iniziative e capacita'.

15. Spero che questa Lettera enciclica, che si aggiunge al Magistero sociale della Chiesa, ci aiuti a riconoscere la grandezza, l'urgenza e la bellezza della sfida che ci si presenta. In primo luogo, faro' un breve percorso attraverso vari aspetti dell'attuale crisi ecologica allo scopo di assumere i migliori frutti della ricerca scientifica oggi disponibile, lasciarcene toccare in profondita' e dare una base di concretezza al percorso etico e spirituale che segue. A partire da questa panoramica, riprendero' alcune argomentazioni che scaturiscono dalla tradizione giudeo-cristiana, al fine di dare maggiore coerenza al nostro impegno per l'ambiente. Poi provero' ad arrivare alle radici della situazione attuale, in modo da coglierne non solo i sintomi ma anche le cause piu' profonde. Cosi' potremo proporre un'ecologia che, nelle sue diverse dimensioni, integri il posto specifico che l'essere umano occupa in questo mondo e le sue relazioni con la realta' che lo circonda. Alla luce di tale riflessione vorrei fare un passo avanti in alcune ampie linee di dialogo e di azione che coinvolgano sia ognuno di noi, sia la politica internazionale. Infine, poiche' sono convinto che ogni cambiamento ha bisogno di motivazioni e di un cammino educativo, proporro' alcune linee di maturazione umana ispirate al tesoro dell'esperienza spirituale cristiana.

16. Ogni capitolo, sebbene abbia una sua tematica propria e una metodologia specifica, riprende a sua volta, da una nuova prospettiva, questioni importanti affrontate nei capitoli precedenti. Questo riguarda specialmente alcuni assi portanti che attraversano tutta l'Enciclica. Per esempio: l'intima relazione tra i poveri e la fragilita' del pianeta; la convinzione che tutto nel mondo e' intimamente connesso; la critica al nuovo paradigma e alle forme di potere che derivano dalla tecnologia; l'invito a cercare altri modi di intendere l'economia e il progresso; il valore proprio di ogni creatura; il senso umano dell'ecologia; la necessita' di dibattiti sinceri e onesti; la grave responsabilita' della politica internazionale e locale; la cultura dello scarto e la proposta di un nuovo stile di vita. Questi temi non vengono mai chiusi o abbandonati, ma anzi costantemente ripresi e arricchiti.

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Note

1. Cantico delle creature: Fonti Francescane (FF) 263.

2. Lett. ap. Octogesima adveniens (14 maggio 1971), 21: AAS 63 (1971), 416-417.

3. Discorso alla Fao nel XXV anniversario (16 novembre 1970), 4: AAS 62 (1970), 833.

4. Lett. enc. Redemptor hominis (4 marzo 1979), 15: AAS 71 (1979), 287.

5. Cfr Catechesi (17 gennaio 2001), 4: Insegnamenti 24/1 (2001), 179.

6. Lett. enc. Centesimus annus (primo maggio 1991), 38: AAS 83 (1991), 841.

7. Ibid., 58: p. 863.

8. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis (30 dicembre 1987), 34: AAS 80 (1988), 559.

9. Cfr Id., Lett. enc. Centesimus annus (primo maggio 1991), 37: AAS 83 (1991), 840.

10. Discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede (8 gennaio 2007): AAS 99 (2007), 73.

11. Lett. enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), 51: AAS 101 (2009), 687.

12. Discorso al Deutscher Bundestag, Berlino (22 settembre 2011): AAS 103 (2011), 664.

13. Discorso al clero della Diocesi di Bolzano-Bressanone (6 agosto 2008): AAS 100 (2008), 634.

14. Messaggio per la Giornata di preghiera per la salvaguardia del creato (primo settembre 2012).

15. Discorso a Santa Barbara, California (8 novembre 1997); cfr John Chryssavgis, On Earth as in Heaven: Ecological Vision and Initiatives of Ecumenical Patriarch Bartholomew, Bronx, New York, 2012.

16. Ibid.

17. Conferenza al Monastero di Utstein, Norvegia (23 giugno 2003).

18. Discorso "Global Responsibility and Ecological Sustainability: Closing Remarks", I Vertice di Halki, Istanbul (20 giugno 2012).

19. Tommaso da Celano, Vita prima di San Francesco, XXIX, 81: FF 460.

20. Legenda Maior, VIII, 6: FF 1145.

21. Cfr Tommaso da Celano, Vita seconda di San Francesco, CXXIV, 165: FF 750.

22. Conferenza dei Vescovi Cattolici dell'Africa del Sud, Pastoral Statement on the Environmental Crisis (5 settembre 1999).

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