Pubblicato su La Jornada

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13 dicembre 2015

 

Menzogne

di Silvia Ribeiro

Ricercatrice del Gruppo ETC

traduzione di Daniela Cavallo

 

L'accordo sul clima parla di geoingegnerie e tecnologie ad alto rischio per fermare il cambiamento climatico. «Non si tratta di obiettivi bassi. Non sono false soluzioni ... Sono menzogne»

 

Con l’accordo di Parigi, i paesi maggiormente responsabili del cambiamento climatico hanno sorprendentemente sostenuto l’obiettivo di cercare di limitare l’aumento di temperatura globale a 1,5 gradi centigradi. Questo implicherebbe una riduzione delle emissioni di più dell’80 per cento entro il 2030: un’eventualità che però gli stessi governi rifiutano. Per attenersi all’accordo della Cop21 ricorreranno quindi ad altri strumenti: geoingegnerie, tecnologie ad alto rischio come il nucleare, incremento del mercato del carbonio e anche peggio, come la manipolazione della radiazione solare. Un percorso che va smantellato subito. “Non si tratta di ridurre, non si tratta di obiettivi bassi, non si tratta di affrontare il cambiamento climatico” scrive Silvia Ribeiro, “Non sono false soluzioni. Sono menzogne”.

 

Uno dei temi più critici nella riunione globale della Convenzione delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico che si è conclusa a Parigi il 12 dicembre (Cop21), è stata la definizione di un nuovo limite al riscaldamento globale che non andrebbe superato.

Paesi insulari e altri paesi del terzo mondo, è da anni che rimarcano che non sopravviveranno a un riscaldamento globale superiore a 1,5 gradi centigradi poiché il loro territorio scomparirebbe per l’innalzamento del livello del mare e per altri catastrofi. Argomenti più che degni di considerazione che si sommano al fatto che non sono questi i paesi che hanno causato il cambiamento climatico.

La temperatura media globale è aumentata di 0,85 gradi centigradi nell’ultimo secolo, per la maggior parte negli ultimi quarant’anni, a causa delle emissioni di gas serra (Gei), di diossido di carbonio (CO2) e di altri gas, dovute all’uso di combustibili fossili (petrolio, gas, carbone), soprattutto per la produzione di energia, per il sistema alimentare agro-industriale, l’urbanizzazione e i trasporti. Se continua in questo modo, la temperatura aumenterà fino a 6 gradi centigradi alla fine del XXI° secolo, con conseguenze talmente catastrofiche che non è possibile prevedere.

Nel cammino verso la Cop21 e fino al suo inizio, la bozza di negoziazione prevedeva di fissare l’obiettivo di 2°C di aumento globale fino all’anno 2100, una cifra che comunque era osteggiata dai principali responsabili di emissioni.

Sorprendentemente, paesi del Nord, che sono i principali responsabili del caos climatico, tra i quali gli Stati Uniti e il Canada, nonché l’Unione europea, hanno annuciato alla Cop21 che avrebbero sostenuto l’obiettivo di [un aumento] globale massimo di 1,5 gradi centigradi. In base alle stime scientifiche, questo implicherebbe la riduzione delle loro emissioni di più dell’80 per cento entro il 2030, fatto che i governi del Nord rifiutano categoricamente. Perché allora dicono di accettare l’ obiettivo di 1,5 gradi centigradi?

Com’è prevedibile, le loro ragioni non sono limpide e nascondono scenari che aggraveranno il caos climatico: si tratta di legittimare il sostegno e le sovvenzioni pubbliche alle tecnologie di geoingegneria ed altre ad alto rischio, come quella nucleare, così come l’incremento del mercato di carbonio e altre false “soluzioni“.

Qualunque sia l’obiettivo fissato nel cosiddetto Accordo di Parigi (qui un commento di Alberto Zoratti sull’accordo raggiunto, La magia di Parigi), non comporterà dei costi per quelli che continuano ad inquinare. La Convenzione ha accettato ancora prima della Cop21, che i piani di riduzione dei gas non sono vincolanti. Sono “contributi previsti e determinati a livello nazionale”, per i quali ogni paese dichiara intenzioni, non impegni obbligatori.

La somma dei “contributi” che ogni paese ha dichiarato fino al mese di ottobre 2015, implicano già un aumento della temperatura dai 3 ai 3,5 gradi centigradi entro il 2100. E questo non è neanche quello che realmente faranno – che può essere molto peggio – bensì quello che dichiarano. Pertanto, sebbene l’aumento globale sia “basso”, i piani reali sono evidenti e la catastrofe continua la sua marcia.

Associarsi nell’orientamento per un obiettivo apparentemente basso, non cambia i piani presentati, ma offre a questi governi delle “ragioni” per argomentare il sostegno alle tecniche di geoingegneria, come la cattura e lo stoccaggio del carbonio (CCS nella sua sigla inglese), tecnica che proviene dall’industria petrolifera e che viene presentata come in grado di assorbire CO2 dall’atmosfera e, sottoponendola a pressione, iniettarla in grande profondità nei fondali marini o terrestri dove, secondo quanto afferma l’industria, rimarrebbe “per sempre”.

La tecnica esisteva sotto il nome di “recupero assistito del petrolio” o, in inglese, Enhanced Oil Recovery. È [una tecnica] finalizzata al recupero delle riserve di petrolio situate in profondità, ma non è stata sviluppata perché non è fattibile né economicamente né tecnicamente. Ribattezzata come CCS, la medesima tecnologia viene adesso venduta come soluzione al cambiamento climatico. Così, i governi dovranno ora sovvenzionare le installazioni (per realizzare gli “obiettivi” della Convenzione), le imprese potranno estrarre e bruciare più petrolio e soprattutto guadagnare i crediti di carbonio per aver teoricamente “catturato e immagazzinato” gas serra.

In realtà il CCS non funziona: nel mondo ci sono solo tre impianti operativi, fortemente sovvenzionati con fondi pubblici, oltre ad alcuni pianificati ed altri chiusi per fuoriuscite di gas o guasti. Malgrado ciò, i governi e le industrie che lo promuovono, assicurano che con queste tecniche potranno “compensare” l’aumento delle emissioni, per arrivare a “emissioni nette zero”: non per ridurre le emissioni, ma per compensarle con il CCS. In questo modo la somma sarebbe zero.

Assicurano inoltre che se a questo si aggiunge lo sviluppo di bioenergia su grande scala, con immense monocolture di alberi e altre piante per produrre “bioenergia”, e poi seppelliscono il carbonio prodotto (lo chiamano BECCS, bioenergia con CCS), si arriverà a “emissioni negative”, con le quali potranno anche vendere la differenza ad altri. Un affare molto redditizio con il quale coloro che hanno provocato il cambiamento climatico continueranno ad emettere gas, con maggiori sovvenzioni di denaro pubblico. David Hone, della Shell, nel suo blog sulla Cop21, sostiene apertamente la necessità di raggiungere l’obiettivo di 1,5 gradi, per sostenere lo sviluppo di CCS, BECCS e altre tecniche di geoingegneria. (http://tinyurl.com/nkaqbcv).

Poiché queste tecnologie non funzioneranno, bensì aumenteranno il cambiamento climatico, tra qualche anno ci proporranno altre tecniche di geoingegneria ancora più rischiose, come la manipolazione della radiazione solare. Già da adesso, dobbiamo smantellare le loro argomentazioni.

Non si tratta di ridurre, non si tratta di obiettivi bassi, non si tratta di affrontare il cambiamento climatico. Non sono false “soluzioni”.

Sono menzogne.

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