http://www.lintellettualedissidente.it/

6 maggio 2015

 

Controstoria della guerra nel Donbass

di Sara Reginella

 

Sara Reginella, psicologa e psicoterapeuta, si è recata nella regione del Donbass per cercare di capire le ragioni di chi combatte e per dare voce ad un popolo "demonizzato" dai nostri media

 

Il rischio che nel sistema sociale occidentale le persone stiano perdendo sempre più la capacità di critica, di ragionamento sistemico volto alla riflessione sul complesso, in nome di una semplificazione e banalizzazione della realtà, è allarmante. Come psicoterapeuta, il mio compito è quello di supportare le persone nella propria capacità di sentire e di pensare, guidandole nella definizione delle proprie idee, dei propri valori, all’interno di un processo di ricerca attivo. Quando ciò non avviene e la sfera emotiva è separata dalla sfera cognitiva, l’individuo entra in uno stato di crisi caratterizzato da una carenza di consapevolezza del sé e, in alcuni casi, del reale. Ciò, oltre ad osservarsi nella psicopatologia individuale, familiare e nelle relazioni tra gruppi, si osserva anche a livello sociale. Molti dei mass media occidentali infatti non sostengono lo sviluppo della capacità critica nell’individuo, presentando perlopiù un solo punto di vista omologato, auto referenziale, conforme all’opinione della maggioranza e funzionale al potere. Ed è questa stessa autoreferenzialità che ha fatto sì che in Europa, un conflitto terribile come quello che si consuma nel Donbass, fosse messo da parte e narrato con parzialità, rappresentato ad una sola voce.

Secondo l’approccio psicologico sistemico – relazionale, la rappresentazione di più punti di vista, spesso interconnessi tra loro, è una delle vie utilizzate per raggiungere la comprensione di una realtà che appare scissa, una realtà in cui posizioni contrapposte si scontrano senza possibilità di soluzione. A partire da questo presupposto, negli scorsi mesi è stato girato il video “I’m Italian, Donbass”, al fine di fornire un piccolo contributo contro forme di scissione e spaccatura sul piano sociale, e al fine di offrire uno stimolo allo sviluppo di un maggiore senso critico, che tenga conto, nel processo di ricerca della verità, di più punti di vista. Nella fattispecie, mi riferisco alla spaccatura osservabile attualmente nelle relazioni tra Russia e Occidente. Nel video, il tema del “Doppelgänger ”, la doppia voce, il doppio personaggio, è metafora di rottura tra un punto di vista ed un altro rigidamente contrapposto. Quando entrambe le voci saranno ascoltate, sarà possibile iniziare un processo di ricerca della verità ed un’eventuale integrazione tra i due punti di vista.

Ed è proprio alla ricerca di questa verità, per ascoltare la voce della popolazione, perlopiù ignorata in Occidente, che mi sono recata nel Donbass. Una società come la nostra, che ignora, è una società facilmente manovrabile. Una società ignorante non conosce i propri diritti, segue il “glamour” conformista ed è pronta a battersi soltanto per il rispetto di valori suggeriti (o imposti?) dall’alto e funzionali all’élite. Seppur sia difficile giudicare un conflitto in corso, contro questo “ignorare” che dilaga e contro la demonizzazione di un popolo, riporto la testimonianza di un uomo, intervistato durante il mio viaggio appena conclusosi, che ha scelto di entrare a far parte della difesa del Donbass. Vladimir, prima dello scoppio del conflitto, lavorava come programmatore informatico. Ho chiesto a lui di motivare la sua decisione di arruolarsi nell’esercito della Novorossia. Mi risponde di aver preso tale decisione dopo quanto accaduto il 2 maggio a Odessa. «In Occidente raccontano che voi siete terroristi e che colpite case, scuole, ospedali e fabbriche. Cosa ne pensa?» gli domando. «Noi non possiamo sparare contro le nostre città, qui vivono le nostre famiglie, i nostri padri, le nostre madri, le nostre mogli, i nostri bambini. Vi risulta che noi distruggiamo le nostre case? Questa è una sciocchezza». «Quindi siete persone “normali”?» incalzo. «Noi difendiamo le nostre città» conclude.

Si può scegliere di non prestare attenzione alle sue parole. Ma esse sono importanti perché non sono state rappresentate in Europa e perché ci indicano che in ogni conflitto, ogni parte coinvolta ha le proprie ragioni. E soltanto quando le ragioni di entrambe le parti saranno conosciute, sarà possibile iniziare a pensare ad un processo di ricerca della verità e di risoluzione. Se al contrario, la seconda voce non sarà ascoltata, saremo di fronte alla sola prevaricazione di una parte sull’altra. Dipingere l’altro esclusivamente come un nemico, contribuisce a fomentare il conflitto e quindi la guerra. Suggerire una visione maggiormente complessa, al fine di comprendere, piuttosto che reagire sulla base di un’emotività sollecitata anche mediaticamente, è la strada che può aiutarci ad uscire dalla perversione connessa all’esclusiva denigrazione di quello che è ritenuto un nemico. Comprendere è fondamentale, per uscire dalla spirale che alimenta il conflitto stesso.