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16 giugno 2015

 

La NATO minaccia l’Europa, invece di proteggerla

di Alvise Pozzi

 

La nuova cortina di ferro minaccia la pace in Europa, perché non sancisce alcun confine inviolabile mentre incentiva le provocazioni.

 

Secondo fonti vicine al Pentagono l’America sarebbe pronta a inviare mezzi pesanti – carri armati Abrams, veicoli Bradley, Stryker e artiglieria – e fino a 5 mila soldati nelle basi NATO presenti nei Paesi dell’est Europa. La nuova brigata corazzata verrebbe inviata da Fort Hood in Texas ufficialmente per facilitare la rotazione di uomini e mezzi già presenti in Europa per difenderla dalle aggressioni russe. La notizia arriva in contemporanea con la rivelazione che un aereo da ricognizione russo pochi giorni fa ha sorvolato a bassa quota quattro navi NATO nel Mar Baltico, rimanendo a soli 150 metri dal loro ponte; una manovra “pericolosissima” di cui il Pentagono però non ha ancora mostrato il video in suo possesso. Insomma la solita propaganda mediatica dove le truppe americane devono essere dispiegate a difesa della libertà dell’Europa per fronteggiare l’aggressivo espansionismo dello zar di Mosca. Obama infatti, durante la conferenza stampa al termine del G7, spiegava che il presidente russo sta portando alla rovina la Russia “nello sforzo di ricreare i fasti dell’Impero Sovietico”. L’equazione è sempre la stessa: Putin, da buon ex agente del KGB, non ha mai accettato la caduta del muro e lavora indefessamente per la restaurazione dell’URSS.

Una sciocchezza di dimensioni colossali che non solo fa a pugni con tutte le dichiarazioni del presidente russo, ma si scontra anche con i fatti; però, a furia di essere ripetuta come battage pubblicitario, inizia a sembrare credibile a molti cittadini europei. È tuttavia comprensibile la frustrazione dell’amministrazione americana nel ritrovarsi nuovamente di fronte a una nazione che si oppone ai suoi progetti egemonici; che ha l’ardire di sfidarla all’ONU – come accaduto per la Siria – e che sta formando una coalizione di Paesi non proni al suo potere economico-finanziario. L’offensiva rabbiosa rivolta contro Mosca con tutti i mezzi – soft power e non – diventa sempre più aggressiva, più si rendono conto di non riuscire a cambiare la sua politica estera né di imporre il cambio di regime; anzi tutti gli sforzi in tale direzione non hanno fatto altro che cementare l’alleanza con la Cina, altro grande pericolo per l’Impero Americano. Così, dopo avere occupato Afghanistan e Irak, voler fare entrare Georgia e Ucraina nella NATO e installare lo scudo missilistico in Polonia, ora Washington si dice pronta a inviare uomini e mezzi proprio in quelle basi nell’est Europa che, secondo gli accordi stipulati nel ’91, non avrebbero mai neppure essere aperte; il tutto per difendersi dalla macchina bellica russa!

Non bastano le parole del presidente russo quando afferma che “solo un pazzo può pensare che la Russia entri in guerra con la NATO” e che basti vedere la percentuale di PIL di spesa militare americana per farsene una ragione; né che, indipendentemente dalla presenza americana sul territorio, un attacco a uno dei Paesi dell’Alleanza Atlantica obblighi gli altri a intervenire in sua difesa – perché a questo serviva in origine il patto -; e neppure il fatto che vi siano già 700 uomini, 20 carri armati in Lettonia, 10 F15 in Lituania e 300 uomini e 12 F16 nella base di Lask in Polonia. Per di più, oltre alla task force navale nel Mar Nero, al pattugliamento aereo congiunto nel Mar Baltico e alla creazione della Forza di Reazione Rapida, non si contano nemmeno le esercitazione effettuate a ridosso della frontiera russa e la presenza di almeno 100 istruttori per forze speciali impegnati sempre nei Paesi dell’ex blocco sovietico. Perché allora, a fronte di questi numeri, annunciare l’invio di altri uomini e mezzi?

La risposta è da trovarsi nell’ambito della guerra mediatica e, non a caso, giunge subito dopo la visita di Putin in Italia; occorre riaffermare il proprio dominio di potenza sugli alleati riottosi: imporre il rinnovo delle sanzioni, dissuadere chiunque pensi di sfilarsi dalla campagna per isolare la Russia, colpire con ogni mezzo la sua ambizione a mostrarsi “grande”. Evitare a ogni costo che il Papa decida di visitare il Cremlino, bloccare i mondiali di calcio del 2018 e dimostrarsi pronti ad armare i suoi acerrimi nemici e pazienza se tutto ciò non muti poi i rapporti di forza sul campo. La nuova cortina di ferro che è stata stesa nell’est però è molto più pericolosa di quella della Guerra Fredda perché, mentre quella non faceva altro che congelare dei confini di fatto inviolabili; questa è solo funzionale ad aumentare la tensione e a rassicurare gli alleati di “avere le spalle coperte” nelle proprie rivendicazioni. Un gioco pericolosissimo data l’elevata fobia anti-russa dei Paesi baltici, Polonia e dell’esecutivo ucraino, che ricorda più la situazione dell’Europa nel 1914; perché un novello Gavrilo Princip è già in agguato e si chiama Saakashvili.