New Eastern Outlook

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17/09/2015

 

Opec, Russia e Nuovo Ordine Mondiale emergente

di F. William Engdahl 

Traduzione di Alessandro Lattanzio

 

Appare sempre più chiaro che ciò che ho sempre detto negli ultimi scritti si avvera. Gli Stati produttori di petrolio OPEC del Medio Oriente, compreso l’Iran, attraverso la mediazione abile della Russia, gettano accuratamente le basi per un vero nuovo ordine mondiale. Il primo passo per testarlo sarà quando collettivamente elimineranno la minaccia alla Siria dello Stato Islamico, e prepareranno le basi per serie elezioni non manipolate. In gran parte della mia vita sono stato affascinato dall’enorme energia nella nostra Terra e di come in realtà si muova quasi come un organismo vivente. Il più affascinante è il movimento tettonico e le connessioni con terremoti e vulcani. Non la distruzione umana che a volte causano ma l’energia pura. Il movimento tettonico coinvolge le enormi zolle in cui la nostra terra è divisa in continuo micro-spostamento. Nei momenti critici, la scienza della terra o la geofisica deve saper prevedere molto in anticipo dove il moto delle placche tettoniche provoca terremoti e determinare dove si verificheranno i terremoti. Più precisamente nella geopolitica, assistiamo all’enorme movimento tettonico, al momento non distruttivo. È una nuova forza che attrae i Paesi mediorientali dell’OPEC, tra cui Arabia Saudita, Iran e altri Paesi arabi, in ciò che sarà presto evidente come partnership strategica con la Federazione russa. Trascende le enormi divisioni religiose tra sunniti, wahhabismo, sufi, sciismo e cristianesimo ortodosso. Il movimento tettonico presto provocherà un terremoto politico che potrebbe salvare il pianeta dall’estinzione delle guerre interminabili del Pentagono e dei suoi manovratori di Wall Street, complesso militare industriale e oligarchi cinici che sembrano avere tale unica strategia oggi.

 

La Russia nell’OPEC?

In un’intervista al Financial Times di Londra, il più importante petroliere russo, Igor Sechin, CEO della Rosneft statale, confermava le voci che la monarchia dell’Arabia Saudita cerca un accordo formale sui mercati con la Russia, anche arrivando ad offrire l’adesione della Russia all’OPEC per stabilizzare i mercati mondiali del petrolio. Nell’intervista Sechin, considerato uno dei più stretti alleati del Presidente Vladimir Putin, ha confermato l’offerta saudita. Il Financial Times (FT) è un media influente di proprietà fino a luglio del Gruppo Pearson, legato alla famiglia Rothschild, che storicamente domina la Royal Dutch Shell. Il giornale di Londra ha scelto di sottolineare il rifiuto di Sechin dell’offerta saudita. Tuttavia, più istruttivo è leggere tra le righe di ciò che ha detto alla conferenza sulle risorse a Singapore organizzata dal FT, “E’ necessario riconoscere che l”età dell’oro’ dell’OPEC nel mercato del petrolio è finita. Non riescono ad osservare i propri contingenti (per la produzione di petrolio nell’OPEC). In caso di osservanza delle quote, i mercati mondiali del petrolio sarebbero già stati riequilibrati“. Sechin conosce bene lo sfondo della guerra saudita dei prezzi del petrolio e il fatto che è stato innescata dall’incontro tra John Kerry del dipartimento di Stato USA e il defunto re saudita Abdullah, nel regno del deserto, nel settembre 2014, quando Kerry avrebbe esortato i sauditi al crash dei prezzi del petrolio. Per Kerry lo scopo era porre una pressione insopportabile alla Russia, colpita dalle sanzioni finanziarie di USA ed UE. Per i sauditi, è stata l’occasione d’oro per eliminare il più serio disturbo al dominio dell’OPEC sui mercati mondiali del petrolio, la produzione in forte espansione degli Stati Uniti di petrolio di scisto non convenzionale che aveva reso gli Stati Uniti il più grande produttore di petrolio al mondo nel 2014. Ironia della sorte, come Sechin ha detto al FT, l’accordo USA-Arabia Saudita e le sanzioni finanziarie degli Stati Uniti si sono ritorti sugli strateghi statunitensi. Il rublo russo ha perso più del 50% del valore in dollari nel gennaio 2015. I prezzi del petrolio sono scesi in modo simile da 103 dollari al barile nel settembre 2014 a meno di 50 oggi. Ma i costi di produzione del petrolio russo sono calcolati in rubli, non dollari. Quindi, come dice Sechin, il costo in dollari della produzione petrolifera della Rosneft è diminuito drasticamente oggi da 5 dollari al barile prima delle sanzioni, a soli 3 al barile, livello simile a quello dei produttori OPEC arabi come l’Arabia Saudita. Rosneft non va male nonostante le sanzioni. Il petrolio di scisto non convenzionale degli USA è invece di gran lunga più costoso. Le stime di settore a seconda del giacimento e della società, fanno entrare i costi dello scisto nella fascia dei 60-80 al barile solo per pareggiare. L’attuale scossa nel settore dello scisto degli Stati Uniti e le prospettive di aumento dei tassi d’interesse dettano la scomparsa del petrolio di scisto dagli Stati Uniti per anni, se non decenni, mentre i finanziatori di Wall Street e gli investitori in obbligazioni spazzatura delle società dello scisto subiscono perdite enormi.

 

Sciogliere il nodo inesistente

Mi piacerebbe indulgere su un breve esercizio immaginando a cosa una forma di coordinamento tra Russia e OPEC sarebbe simile. Lo chiamo “sciogliere il nodo inesistente”, il nodo del controllo dei flussi mondiali del petrolio, che ipnotizza il mondo con guerre e stragi odiose da troppo tempo. In primo luogo il nuovo raggruppamento tra Russia e Stati petroliferi mediorientali avrebbe negoziato relazioni stabili di mercato con i principali mercati come Cina e Unione europea. Alexander Mercouris in un pezzo molto perspicace suggerisce che la dichiarazione di Sechin al FT va vista come posizione negoziale russa di apertura all’offerta saudita dell’OPEC. Alla conferenza di Singapore, Sechin ha indicato che Cina e Russia quest’anno hanno accettato vari accordi petroliferi pari a 500 miliardi di dollari nei prossimi 20 anni, o 25 miliardi di dollari l’anno per Rosneft. L’Arabia Saudita era in precedenza la più grande fonte di petrolio della Cina finché Rosneft è entrata in modo sostanziale. Una decisione strategica per la Russia come per la Cina e non un mero accordo di mercato. Ora, indipendentemente da ciò che Sechin ha fatto o ha detto al FT, non vi è alcuna buona ragione per la Russia per non sciogliere il nodo del petrolio mondiale degli anglo-statunitensi entrando in negoziati seri con l’Arabia Saudita su una cooperazione strategica conseguente. Le quote possono essere concordate in modo che Russia, Arabia Saudita ed OPEC agiscano come le compagnie petrolifere anglo-statunitensi nel 1928, quando posero fine alle guerre tra il gruppo inglese Rothschild, dietro la Royal Dutch Shell, e la società dei Rockefeller Standard Oil per il controllo del mercato mondiale del petrolio, guerre che imperversarono in tutto il mondo dal Messico a Baku, dal Quwayt al Texas. Le guerre petrolifere anglo-statunitensi finirono con l’incontro nel castello Achnacarry in Scozia di Sir Henry Deterding della Royal Dutch Shell, nel 1927. Le compagnie petrolifere statunitensi e inglesi accettarono formalmente un “cessate il fuoco”, portando alla creazione dell’enormemente potente cartello petrolifero anglosassone, poi denominato le ‘Sette Sorelle’. L’accordo di pace fu formalizzato nel 1927 ad Achnacarry. John Cadman, in rappresentanza dell’Anglo-Persian Oil Co. (British Petroleum) del governo inglese, e Walter Teagle, presidente della Standard Oil of New Jersey (Exxon) dei Rockefeller, si riunirono con la copertura della caccia ai galli cedroni per creare il più potente cartello economico della storia moderna. Le Sette Sorelle furono efficacemente gemellate, agendo in solido almeno fino al 1945. Il patto segreto fu formalizzato ‘così com’era’ quale accordo del 1928 o di Achnacarry. Le compagnie petrolifere inglesi e statunitensi decisero di accettare divisioni e quote di mercato esistenti, d’imporre in segreto i prezzi del cartello al mondo, e por fine alla concorrenza distruttiva e alla guerra dei prezzi con l’accordo della Linea Rossa. La Gran Bretagna costrinse una Francia indebolita ad accettare nel 1927 la presenza degli statunitensi in Medio Oriente e rivedere i segreti accordi Sykes-Picot riflettendo ciò. La linea rossa passò dai Dardanelli fino a Palestina, Yemen e Golfo Persico.

 

L’accordo anglo-statunitense della Linea Rossa portò alle guerre per il petrolio e alla guerra mondiale fin dal 1928

La storia degli ultimi 88 anni dall’accordo segreto del cartello petrolifero anglo-statunitense non è comprensibile se il fatidico accordo di Achnacarry sulla Linea Rossa e corollari politici che ne derivano non sono compresi. Ora, ciò che è molto probabile dall’emergere dell’attuale situazione straordinaria è un accordo tra Russia di Putin e produttori sauditi alla guida dell’OPEC, compreso l’Iran, elaborando un nuovo ordinamento dell’approvvigionamento energetico mondiale, indipendente dal passato secolo dominato dagli anglo-statunitensi. I vantaggi di tale nuovo ordine mondiale sono semplicemente troppo grandi perché le parti coinvolte l’ignorino. Che Igor Sechin sia pronto o meno a pensare in questi termini, è evidente dalla diplomazia che il Presidente Putin e il Ministro degli Esteri Sergej Lavrov lo siano. Se Sechin è incapace, il recente licenziamento di Vladimir Jakunin, CEO delle OAO Ferrovie Russe dimostra che Putin è pronto a smuovere il quadro globale, anche se non è di gradimento alla cerchia degli amici più stretti, se lo ritiene un grande vantaggio per la Russia. Quale potrebbe essere per la Russia? Enormi benefici, garantendo i più grandi giacimenti di idrocarburi al mondo alle nazioni della massa terrestre che il “padre” della geopolitica inglese, Sir Halford Mackinder, indicava come “Isola-Mondo”, Russia, Cina, India, Asia del sud, e che ora s’irradia in profondità nella cintura petrolifera dal Medio Oriente all’Egitto in Nord Africa, fornendo alla Russia mercati sicuri fuori della zona di guerra anglo-statunitense. La Russia sarebbe su una nuova posizione negoziale nei confronti delle sanzioni economiche dell’UE, e trasformerebbe la mappa politica del cosiddetto Secolo Americano emerso dalla guerra nel 1945 con la decisione di Truman di sganciare le bombe atomiche sul Giappone. In tale accordo con la Russia, i Paesi produttori di petrolio del Medio Oriente aderirebbero come elementi centrali al boom economico emergente dal progetto infrastrutturale ferroviario e portuale della Cintura economica della nuova Via della Seta della Cina. Tale progetto, si ricordi, è già a buon punto e Russia ed Unione economica eurasiatica hanno recentemente concordato con la Cina d’integrare lo sviluppo ferroviario di entrambi. Lo sviluppo dei nuovi grandi porti marittimi nel Myanmar, in Eurasia ed Oceano Indiano collegherà direttamente i Paesi del Golfo al nuovo mercato economico eurasiatico in forte espansione, e non solo. L’inclusione dell’Iran, essenziale elemento geopolitico, così come di Arabia Saudita, Stati arabi del Golfo ed Egitto, e l’alleanza militare con il solo Stato in grado di sfidare al mondo gli Stati Uniti, cioè la Russia, porrebbe fine a più di un secolo di guerre coloniali anglo-statunitensi e distruzioni regionali, l’ultima delle quali è la serie di distruttive rivoluzioni colorate, istigate dalla CIA, soprannominata “primavera araba”.

La risoluzione alla guerra siriana istigata da USA-UK e allo scatenamento del cosiddetto SI, non si dimentichi che la guerra e il terrorismo dello SI è la fonte della crisi dei rifugiati che destabilizza l’Europa, con una soluzione pacifica, senza la pretesa di Washington di esiliare il Presidente Assad, o che i gruppi terroristici sponsorizzati dagli USA come al-Nusra e i Fratelli musulmani prendano il potere, sarebbe il primo segno della cooperazione tra Russia e gli influenti Stati petroliferi del Medio Oriente, e sarebbe un colpo devastante per i falchi di Washington. Poiché il nuovo ordine mondiale tra Stati dell’OPEC, Russia, Cina ed Eurasia diventa più probabile ogni giorno, il segretario John Kerry, il capo della CIA John Brennan, nonché il nuovo Presidente del Joint Chiefs of Staff, Generale dei Marine Corps Joseph Francis “Fighting Joe” Dunford, schietto russofobo, insieme ai vari gruppi di riflessione neo-con di Washington, al segretario alla Difesa e neo-con del Partito Democratico Ash (come le ceneri della guerra) Carter, Susan Rice, la guerrafondaia ambasciatrice alle Nazioni Unite Samantha Power, al vicepresidente Joe Biden (forse il prossimo presidente degli Stati Uniti), al complesso militare industriale degli USA, alla finanzia di Wall Street e alle famiglie Rockefeller, Bush, Clinton, McCain, Gates, Buffett, tutti questi poveri infelici cominciano a sentirsi improvvisamente nudi e sulle ghiacciate acque artiche senza neanche una pagaia o un punteruolo per poter navigare. Posso entrare in empatia con il loro sentimento, ma non riesco a provare pena in alcun modo. Il loro tempo è scaduto assieme al bene che non sono riusciti a fare. E’ tempo per i veri cittadini statunitensi di riprendersi il Paese. Dopo tutto, non siamo la maggioranza? Abbiamo solo dimenticato quanto possiamo anche essere buoni. Dovremmo abbandonare la causa della guerra.

 


F. William Engdahl è consulente di rischio strategico e docente, laureato in Scienze Politiche all’Università di Princeton è autore di best-seller su petrolio e geopolitica, in esclusiva per la rivista online New Eastern Outlook.