Russie Politics DICEMBRE 30, 2015

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29 dicembre 2015

 

Il bilancio geopolitico della Russia nel 2015: verso la fine del mondo unipolare

di Karine Bechet-Golovko

Traduzione di Alessandro Lattanzio

 

Il 2015 è stato principalmente un anno geopolitico. L’evento che ha cambiato la griglia d’analisi globale è la comparsa della Russia sulla scena internazionale non da attore regionale, ma da attore globale. In altre parole, il 2015 in primo luogo mette in discussione il mondo unipolare USA-centrico. E perciò la Russia ha il sostegno implacabile della sua popolazione.

 

Il sostegno popolare nelle scelte di politica estera

I leader politici europei e russi sembrano cercare legittimità in modo diametralmente opposto: appartenere alla grande famiglia della comunità internazionale, vale a dire più realisticamente solo alla comunità degli Stati satelliti, per la maggioranza dei capi europei, contro la legittimità basata sul sostegno popolare del leader russo. Così, nella politica internazionale, vediamo contestati Merkel, Fabius ricadere nelle contraddizioni sul destino di Assad, gli imprenditori chiedersi come la politica delle sanzioni economiche sia nell’interesse della popolazione nazionale? Aspettando la risposta. Quando molti sono preoccupati dall’afflusso di immigrati che sembra incontrollabile, alcun serio dibattito nella società si svolge per ad adottare una risposta soddisfacente per la maggioranza, processo normale in una società democratica. Invece, chi vuole avviare il dibattito viene stigmatizzato. Qui le decisioni sono prese da una minoranza e, a quanto pare, per la minoranza. Nel complesso le politiche impopolari dei capi europei crea scarsissima fiducia e una lenta, profonda dissoluzione della fiducia pubblica verso la politica. La politica nazionale ha esternalizzato anche la legittimità. Ecco la scelta opposta della Russia. La legittimità del potere si basa soprattutto sul popolo. Questo implica perseguire una politica, anche internazionale, che vada verso la difesa dell’interesse nazionale. Si può vederlo con alcune cifre significative. L’avvicinamento della Cina della Russia è ampiamente supportato dalla popolazione (90%). Ciò che i media chiamano virata verso oriente della Russia. E, in parallelo, la politica contro gli Stati Uniti è sostenuta dall’85% e contro l’UE dall’82%. Allo stesso modo, la politica della Russia in Ucraina ha il sostegno dell’83% e dopo la decisione d’intervenire in Siria, la popolarità di Putin ha raggiunto il picco con quasi il 90% di sostegno. Secondo l’istituto di sondaggio VTsIOM, alla domanda su quanto la politica estera sia accettata, l’indice di soddisfazione era del 68% nel terzo trimestre del 2015, il 13% non lo era.

 

I tre elementi della politica internazionale: virata ad Est, Ucraina e Siria

In seguito alle sanzioni imposte da Unione europea e Stati Uniti, la Russia ha rafforzato le proprie partnership su due livelli: regionale con l’Unione eurasiatica e nel quadro dell’Organizzazione del patto di difesa collettiva, ma anche individualmente con la Cina o con i BRICS. Il sostegno che la Cina offre, inoltre, alla politica estera russa presso gli organismi internazionali non è passato inosservato. Sarebbe tuttavia sbagliato ritornare al discorso classico secondo cui la Russia oscilla tra occidente e Oriente. La Russia è europea geograficamente (soprattutto se si considera l’ingresso della Turchia nell’UE), culturalmente e politicamente. Ma nel senso classico europeo, del 19.mo secolo. Così, il cambio operato risponde ugualmente ad una logica naturale, dovendo sventare i tentativi d’isolamento lanciati dal governo degli Stati Uniti, ed è stata una scelta vincente. In Ucraina, la valutazione della situazione è più varia. Il cessate il fuoco ha in gran parte evitato l’uso sistematico dell’artiglieria pesante, ma non viene finora applicato. Ha congelato la situazione in modo piuttosto traballante, con territori troppo piccoli per essere solidi, rimanendo pertanto sotto l’influsso politico e umanitario russo, senza che la Russia non possa trarre alcun beneficio. Il processo politico per risolvere il conflitto che coinvolge i negoziati diretti tra Kiev e rappresentanti del Donbas, è attualmente impossibile. Le autorità di Kiev devono riconoscere le repubbliche del Donbas non come terroristi che ha il diritto di distruggere, ma come entità politiche che vanno rispettate. E sarebbe così anche se l’Ucraina fosse indipendente, un errore politico con tutti quei battaglioni nazionalisti più o meno controllati. Anche per il Donbas sarebbe difficile poiché troppo sangue e odio sono stati versati, e continuano ad esserlo ogni giorno con il blocco, senza contare l’odio dai media ucraini. Così, per ragioni politiche e umane, un accordo che faccia piazza pulita dei dissensi è attualmente impossibile. L’uscita dalla crisi non è più concepibile perché la crisi ucraina è necessaria per gli Stati Uniti quale arma geopolitica contro la Russia. La decisione d’intervenire militarmente in Siria è l’elemento di rottura sulla scacchiera geopolitica. È stata una vera sorpresa per i membri della coalizione a guida USA e gli stessi Stati Uniti, il Congresso ha perfino chiesto un’indagine sui servizi d’intelligence per sapere come gli sia sfuggito. E’ anche la prima volta dalla caduta dell’Unione Sovietica che la Russia interviene militarmente fuori dalla sua regione d’influenza, in modo indipendente, affermando di accettare di collaborare su un piano di parità con chi combatte i gruppi terroristici e lo Stato islamico. La parità è proprio il problema, perché dovuta a una visione autonoma della prospettiva politica regionale, come la battaglia sul destino di Assad dimostra.

 

Da ciò è possibile trarre due conclusioni per il 2015:

1. La messa in causa dell’egemonia degli Stati Uniti da parte della Russia ha rafforzato le controversie collaterali, evitando il confronto diretto. Essenzialmente Ucraina e Siria. L’Ucraina è stata usata per lanciare la destabilizzazione interna, come le sanzioni economiche contro il tenore di vita e il potere d’acquisto della popolazione. Sul piano sociale, è stato anche dimostrato l’intento di spezzare la società russa sul supporto e i metodi per salvare il “popolo fratello”. La Siria, tramite la Turchia, è oggetto del confronto al limite del diretto. Gli attacchi ai velivoli civili e militari russi da parte dei terroristi e dell’aeronautica militare turca, grazie alle informazioni fornite dalla Russia agli Stati Uniti sul suo piano di volo, sono tentativi d’intimidazione contro il potere e provocazioni sociali. Perché per continuare l’intervento, le autorità russe hanno dovuto spiegare alla società che il prezzo umano pagato è giustificato, non sono intervenute per aiutare Assad, ma per evitare che il terrorismo si diffonda nella stessa Russia. Per ora, la scommessa è stata vinta e le intimidazioni sono fallite. L’ultima visita del segretario di Stato degli USA J. Kerry a Mosca lo dimostra.

2. Perciò la lotta continua su un secondo piano, quello del negoziato politico per la pace nel quadro delle Nazioni Unite. Mentre il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite non sanziona l’intervento della coalizione a guida USA in Siria, sebbene le autorità siriane di certo non abbiano chiesto aiuto ai Paesi che vogliono distruggere politicamente, anche fisicamente, il loro presidente, infine, la Russia ha avviato con successo il processo di soluzione della crisi siriana nel quadro del diritto internazionale e delle Nazioni Unite. Ma qui il gioco sarà molto più difficile di quello militare, avventurandosi nel terreno in cui dominano gli Stati Uniti, il processo politico nei Paesi terzi. E la battaglia tra Stati Uniti e Russia, vale a dire, per la conservazione dell’ordine mondiale unipolare US-centrico, isolando la Russia, o per l’avvento di un ordine multipolare che causi il declino degli Stati Uniti, passa sui campi di battaglia politici e mediatici. La lotta al terrorismo è la bandiera dietro cui si svolge il vero combattimento di un’altra battaglia. Si capiscono meglio allora le accuse imprecise di colpire obiettivi civili, i terroristi moderati contrari ad Assad, e di non toccare lo Stato islamico, costantemente rivolte alle operazioni militari della Russia in Siria. Eppure, in contraddizione con tali affermazioni, la Russia lavora con il Free Syrian Army e gli analisti hanno notato per la prima volta un’inversione strategica della situazione sul terreno: i gruppi terroristici non hanno l’iniziativa, ripiegano passando sulla difensiva.

Senza continuare con ulteriori esempi, diciamo che la Russia sia apparsa sulla scena internazionale, e nel 2016 consoliderà la propria posizione, che dipenderà in gran parte dal sostegno della popolazione e dalla capacità di controllare la cosiddetta opposizione non-sistemica, il cui discorso s’è in gran parte radicalizzato dal ritorno della Crimea e dall’adozione delle sanzioni. Ma di questo, ne parleremo domani.