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06/10/2015

 

Scontri, contrabbando e milizie. Poroshenko in difficoltà sul fronte interno

di Sophie Tavernese

 

“Non è una guerra civile, né un conflitto interno, è un’aggressione russa”. Così ha dichiarato Petro Poroshenko parlando della crisi ucraina all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, martedì 29 settembre. Ma il presidente sembra ormai voler nascondere – anche a se stesso – la realtà. La verità è che si trova in difficoltà su più fronti. Il paese è molto lontano dal ritrovare la pace e la stabilità interna di cui necessita.

 

Scontri a Odessa e Kharkiv

Una nuova intensificazione dei disordini è in atto a Kharkiv, nell’est del paese, e nel sud, a Odessa. Nella città affacciata sul Mar Nero, nella notte tra il 26 e il 27 settembre, una bomba è esplosa nella sede della SBU, i servizi segreti ucraini, in pieno centro. Un ordigno era stato collocato presso un ingresso secondario; la deflagrazione ha infranto i vetri delle finestre dei palazzi vicini, ma non ha causato vittime o feriti. L’attentato non è stato rivendicato e non si hanno informazioni sulla sua matrice, ma si propende per la pista terroristica. Mentre a Kharkiv, la settimana scorsa, ci sono stati violenti scontri davanti al municipio tra la polizia e oltre 200 uomini in tenuta militare e a viso coperto che hanno assaltato l’ufficio del sindaco.

 

La guerra nel Donbass

Se nel Donbass gli scontri si sono ridotti e gli episodi di violenza sono diventati più sporadici, la tregua è comunque precaria, tanto che, da New York, Poroshenko è tornato a chiedere un’azione di peacekeeping delle Nazioni Unite.

Dall’inizio del conflitto nell’est del paese sono quasi 8 mila i morti e 18 mila i feriti. Kiev e i suoi alleati occidentali continuano ad accusare il Cremlino di sostenere militarmente i miliziani separatisti. Degli accordi sono stati firmati a Minsk nel settembre 2014, ma la loro piena applicazione resta in dubbio. L’Ucraina deve riformare la sua costituzione per concedere maggiore autonomia alle regioni orientali. Le autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk hanno intanto indetto elezioni locali  autonome per fine ottobre.

 

La minaccia ultranazionalista

I partiti ultranazionalisti e di estrema destra sono contrari a qualsiasi accordo con i separatisti filo-russi, interpretando qualsiasi apertura alla decentralizzazione come una resa alla Russia di Putin. Il 31 agosto, durante una protesta organizzata da Svoboda davanti al parlamento, scontri tra polizia e militanti hanno provocato alcune vittime e centinaia di feriti.

A ciò si aggiungono la corruzione dilagante e il contrabbando in cui sarebbero coinvolti poliziotti ed autorità locali. Lo stato appare tuttora incapace di arginare questi fenomeni. Nell’ovest del paese, nella città di Mukaceve e nella regione circostante sembra essere nato uno “stato nello stato” con leggi particolari e bande criminali che si scontrano a viso aperto.

 

Il caso di Pravyj sektor

Negli ultimi mesi, a creare problemi al presidente Poroshenko, sono anche i gruppi di volontari nati del 2014, per combattere contro i separatisti nell’est del paese. Il principale è Pravyj sektor, diventato ormai un’organizzazione politica ufficiale.

Molti militanti hanno partecipato alle proteste di Maidan e sostengono i soldati regolari al fronte, conquistando così il consenso di una parte della popolazione che lamenta l’inefficenza di Kiev. Il governo di Kiev ha tuttavia dichiarato illegale per qualsiasi forza politica detenere armi o disporre di milizie. Una guerra nella guerra che potrebbe costare molto cara a Poroshenko e all’Ucraina.