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02.02.2015

Armi Usa in Ucraina? Ecco perché è una pessima idea
di Luca Lampugnani

Con il cessate il fuoco siglato a settembre a Minsk ormai definitivamente saltato e i nuovi colloqui sempre nella capitale della Bielorussia che tardano ad arrivare, la situazione ucraina è tornata al centro delle attenzioni internazionali. E se da una parte Angela Merkel, Francois Hollande e Petro Poroshenko (rispettivamente cancelliere tedesco e presidenti di Francia e Ucraina) chiedono urgentemente che le parti tornino a discutere per risolvere con la diplomazia il contenzioso tra Kiev e i separatisti filo-russi dell'Est, dall'altra gli Stati Uniti sembrano pensare ormai sempre più concretamente alla possibilità di corroborare gli aiuti non letali all'Esercito ucraino - giubbotti anti-proiettile, kit di pronto soccorso e così via - con l'invio di armi e altre strumentazioni militari.

A ventilare tale risvolo nel quadro del conflitto è il New York Times, che a partire dal numero uno dell'EUCOM (United States European Command), il generale Philip M. Breedlove, descrive un sempre maggior appoggio tra i funzionari militari e dell'amministrazione all'ipotesi di implementare in toto l'"Ukraine Support Act". Tesi che secondo fonti non meglio specificate del quotidiano USA starebbero infatti solleticando tanto il generale Martin E. Dempsey, Capo dello Stato Maggiore Congiunto, quanto John Kerry, Segretario di Stato. Sul punto, specifica tuttavia il NYT, il presidente Barack Obama non si è ancora espresso.

Nel frattempo, nell'attesa che l'inquilino della Casa Bianca sciolga le riserve e decida se assecondare i fischi repubblicani o meno - quest'ultimi da tempo accusano Obama di mancanza di polso sulla questione ucraina -, numerosi analisti ed osservatori internazionali sono tornati a ribadire quanto un'ulteriore militarizzazione dell'Ucraina potrebbe essere pericolosa e controproducente. Per prima cosa, infatti, la possibilità che gli Stati Uniti riforniscano Kiev di armi dimostrerebbe ancora una volta l'incapacità di Washington di imparare dagli errori del passato - tra gli altri, il ricordo della Georgia è forse il più calzante.

In secondo luogo - come ironicamente è successo ad esempio in Siria, con molti dei rifornimenti per i ribelli moderati oggi nelle mani dello Stato Islamico o di altre formazioni fondamentaliste -, considerando l'attuale composizione delle Forze Armate ucraine è facilmente ipotizzabile che le armi possano finire in mani più che sbagliate. Si pensi infatti alla babele di gruppi e battaglioni paramilitari - da una parte e dall'altra - che prendono parte al conflitto: e se le armi arrivassero poi per vie più o meno traverse al battaglione Dnipro? Oppure ancora al filo nazista battaglione Azov? Come potrebbero risponderne a quel punto gli Stati Uniti?

Ancora, il rischio forse più grande è che un coinvolgimento così diretto di Washington nella guerra dell'Est ucraino non porti ad altro che ad un peggioramento della già tesa situazione attuale. Non si può escludere infatti che l'invio di armi a Kiev con il lasciapassare della Casa Bianca possa essere sfruttato come giustificazione ad una conseguente maggior partecipazione della Russia, che nonostante le numerose accuse ha sempre smentito sino ad oggi una sua presenza militare al fianco dei ribelli. In questo quadro, per il momento solo un'ipotesi, l'Ucraina potrebbe anche dismettere i panni di campo di battaglia di una rinata guerra fredda con cui vengono messe in discussione le influenze mondiali del blocco occidentale, da una parte, e dell'Orso, dall'altra. Al contario, Kiev potrebbe divenire un vero e proprio fronte dove il conflitto - già internamente incandescente, tra violazioni continue e rispettive dei cessate il fuoco, civili uccisi e persone costrette a lasciare le proprie abitazioni - abbandona la sua 'fredda' dimensione in ambito internazionale.

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