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23/04/2015

 

Chi era Giovanni Lo Porto

di Nadia Ferrigo

 

In missione umanitaria in Pakistan, venne rapito il 19 gennaio del 2012

 

Il cooperante Giovanni Lo Porto, 38 anni, di Palermo, venne rapito il 19 gennaio del 2012 da quattro uomini armati con il collega tedesco Bernd Muehlenbeck, 59 anni. Giovanni, Giancarlo per amici e familiari, si trovava a Multan, nella provincia del Punjab, in Pakistan, dove stava lavorando come capo progetto per l’Ong tedesca Welt Hunger Hilfe. Un uomo coraggioso, e competente: dopo la laurea a Londra nella cooperazione internazionale si è specializzato in Giappone. Nella sua carriera si è sempre confrontato con situazioni critiche, prima in Repubblica Centro Africana, poi ad Haiti, fino all’ultimo viaggio in Pakistan, dove guidava la ricostruzione dopo il terremoto e l’alluvione del 2010, con missione finanziata da «Echo», l’agenzia per gli aiuti umanitari dell’Unione Europea.  

 

L’unica notizia trapelata è un video del dicembre del 2012 in cui il suo collega Bernd Muehlenbeck chiede aiuto al governo tedesco. «Ora siamo in difficoltà - dice Bernd nel video -. Per favore accogliete le richieste dei mujahidin. Possono ucciderci in qualsiasi momento. Non sappiamo quando. Può essere oggi, domani o tra tre giorni». Giovanni non compare, ma il suo collega parla al plurale, particolare che in passato ha fatto ben sperare sulle condizioni del nostro cooperante. Il collega Bernd Muehlenbeck è stato liberato lo scorso 10 ottobre: dopo la liberazione il cooperante tedesco raccontò che i rapitori avevano portato altrove già da un anno il collega italiano.  

 

Nel giugno del 2013 il coordinamento delle Ong che si occupano di emergenza e cooperazione inviò al ministro Emma Bonino una lettera per sollecitare il massimo impegno delle istituzioni. Per non dimenticare Giovanni nel secondo anniversario del suo rapimento, più di 48mila persone in tutto il mondo lo scorso anno aderirono alla campagna #vogliamogiovannilibero, lanciata da Change.org, la piattaforma mondiale di petizioni online, che ha raccolto i messaggi dedicati a Giovanni e ai suoi cari. Da Canada, Regno Unito, Libano, Germania, Francia, Israele, Danimarca e Stati Uniti arrivarono video e fotografie per testimoniare solidarietà e speranza. Una speranza che purtroppo oggi si è spenta per sempre. Uno dei suoi professori alla «London Metropolitan University», lo ha ricordato tempo fa come uno studente «appassionato, amichevole, dalla mente aperta e aggiunse «il Pakistan era il suo vero amore e sentiva di aver operato bene, stabilendo dei buoni rapporti con la popolazione».

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