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Lunedì, 09 Marzo 2015

 

Birmania: repressione e arresti per gli studenti che manifestano

di Fabio Polese

 

Continuano in Birmania le manifestazioni di piazza degli studenti per protestare contro la nuova legge sull’educazione approvata dal parlamento. I giovani scesi nelle strade, da più di un mese, chiedono di cambiare la legge, reclamano la decentralizzazione del sistema educativo, la formazione di sindacati di categoria e l’insegnamento anche nelle lingue delle minoranze etniche.

Nelle manifestazioni di questi giorni più di trenta arresti

Nella giornata di giovedì, la polizia e gli agenti in borghese della sicurezza birmana, hanno attaccato con la forza circa duecento studenti che si erano ritrovati a manifestare vicino alla «Sule Pagoda» di Rangoon. Secondo diverse testimonianze la violenza della polizia ha provocato dieci feriti e più di trenta sono state le persone arrestate. Tra gli arresti ci sarebbero anche personaggi importanti dell’opposizione birmana fra cui Nilar Thein, Nemo Hlaing e Ma Nu del movimento «Generazione 88», scesi in piazza per portare il proprio sostegno agli studenti.

 

Molti studenti bloccati a Latpadan

Nei giorni scorsi gli studenti erano stati bloccati da centinaia di poliziotti nei pressi del monastero buddista di Latpadan, distante circa 150 chilometri dalla capitale commerciale del Paese. L’intento degli studenti era quello di marciare fino a Rangoon, ma le forze di sicurezza birmane avevano minacciato di «passare all’azione per fermare la protesta e riportare ordine e legalità».

Venerdì mattina, secondo quanto riporta il giornale birmano «The Irrawaddy», a Latpadan sarebbero stati arrestati cinque manifestanti e la polizia avrebbe anche tentato di arrestare un fotoreporter.

 

«Porteremo la protesta in tutto il Paese»

La minaccia degli studenti di allargare la protesta in tutto il Paese allarma le autorità birmane. Da sempre, infatti, i giovani sono una forza politica molto importante in Birmania e negli anni sono stati nella prima linea di tutte le rivolte che si sono svolte nel Paese. Compresa la grandissima protesta del 1988 che la giunta birmana aveva represso con la forza, uccidendo più di 3 mila persone.

 

Le riforme democratiche promesse dal governo vanno a rilento

Intanto, le riforme democratiche, sociali e politiche, promosse dal presidente Thein Sein – un ex generale della giunta militare – che hanno portato anche ad una parziale cancellazione delle sanzioni occidentali, vanno a rilento.

Nel novembre prossimo si dovrebbero svolgere le elezioni parlamentari, quelle che, secondo i media e secondo lo stesso governo birmano, dovrebbero essere le prime elezioni democratiche nel Paese. Ma ad oggi, Aung San Suu Kyi – Premio Nobel per la pace nel 1991 – numero uno dell’opposizione birmana, non può concorrere alla carica di presidente, in quanto l’articolo 59 comma F della costituzione vieta la candidatura alla presidenza a chiunque abbia sposato stranieri o abbia avuto figli da quest’ultimi. Di questo passo, la strada per la democrazia di quella che viene considerata la nuova «tigre asiatica», è davvero lunga.

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