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04.11.2015

 

Il confronto tra NATO e Russia è sempre più serio

di Elisa Gennaro

 

Il passaggio di circa 500 mezzi corazzati statunitensi del Reggimento Cavalleria da Vilsack, in Bavaria, fino a una base militare ungherese ha voluto simboleggiare i rapporti tra gli USA e gli eserciti di Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia. Soprattutto, il movimento dei mezzi americani non sarebbe dovuto passare inosservato al presidente russo Vladimir Putin.

Nel tragitto percorso per 846 km e denominato “Dragoon Crossing,” i militari USA hanno simulato operazioni belliche con l’attraversamento rapido di guadi in Ungheria e Romania, l’appostamento su ponti meccanici e la simulazione di guerriglia urbana. Lo scenario dovrebbe rispondere a un’eventuale incursione russa da est. Sono sei le operazioni di questo tipo e portano tutte nomi di guerra come Saber Strike, Iron Sword e Fall Storm.

L’America intenderebbe dimostrare agli alleati orientali di essere in grado di rispondere prontamente a qualunque minaccia, o meglio potrebbe voler dire “che gli USA godono di piena libertà di manovra nell’Est Europa”, come ha chiarito un colonnello dell’esercito americano.

Nel Pentagono è vivo il dibattito sulla presenza NATO sul fronte orientale e, da diverse posizioni, i militari statunitensi riconoscono la capacità geopolitica di Mosca nel sovvertire e destabilizzare, invadere e conquistare. L’Ucraina e la Siria insegnano.

Si distingue l'opinione di Macgregor, a capo dello squadrone Cougar che in Iraq aveva distrutto un’intera brigata in meno di mezz’ora. Il militare statunitense è a favore di una riforma del proprio esercito ritenuto obsoleto e ammette che i successi dell’Iraq non possono ripetersi contro la Russia. Le tattiche adottate contro cellule jihadiste del Medio Oriente non produrrebbero risultati nel contesto orientale dove si richiede di alternare unità di ricognizione alla presenza massiccia di mezzi corazzati.

Il presidente Obama e i leader europei sono considerati dall’amministrazione USA fin troppo accondiscendenti con Putin. La politica della deterrenza è al centro del dibattito ed è stata discussa anche in una conferenza tra esercito americano e 38 Stati europei.

Cominciata ad ottobre 2015, l'esercitazione Trident della NATO vede la presenza di 36 mila militari impegnati in simulazioni sul fronte orientale. La regione in cui si svolgono le operazioni è stata chiamata fittiziamente Ceresia e la guerriglia vuole rispondere a minacce identiche all’invasione russa della Crimea. Sottomarini, aerei da guerra e Marines USA sono di pattugliamento nei mari di Spagna, Portogallo, Italia e nell’Atlantico. 

Scettici sono Francia e Germania che vorrebbero mantenere il già fragile cessate il fuoco nell’Ucraina orientale. 

Per gli USA il lavoro di 30 mila militari dovrebbe valere una presenza sul campo di 300 mila uomini. Questo forse, anche per questioni finanziarie. Il Pentagono prevede di inviare 250 mezzi pesanti tra carri armati e aerei. “Dissuadere il nemico e mostrargli le proprie capacità militari”, ha detto il Generale USA Milley, menzionando Mosca come il nemico immaginato nelle esercitazioni NATO.

Nella strategia NATO non ci sarebbe la necessità di spiegare forze come se si fosse in una Guerra Fredda eppure si stabilisce di dover tenersi pronti a rispondere qualora il nemico dovesse oltrepassare (aggredendo) il limite posto per mezzo della deterrenza. L'equilibrio è precario e la NATO dovrà dimostrare le sue potenzialità militari senza provocare la Russia. In estate il ministro degli Esteri russo Lavror aveva definito "un errore" le esercitazioni Nato in Ucraina e aveva parlato di “gravi conseguenze”.

Mentre alcuni confidano che Putin abbia interesse a mantenere il conflitto in Ucraina su un costante ma basso profilo per non aggravare la decisione sanzionatoria nei suoi confronti, a marzo aveva voluto un’esercitazione militare con 80mila uomini. Le preoccupazioni riguardano Paesi Baltici come Estonia, Latvia e Lituania, membri della NATO e dunque protetti dal trattato di mutua difesa in caso di aggressione. Il potere di Putin sui Paesi Baltici innalza il grado di allerta della NATO, la Russia può agire militarmente o fare ingerenza in politica. 

In un sondaggio condotto a giugno 2015 da Pew Research Center, la maggioranza degli intervistati tra i popoli  NATO si dichiarava a favore di una revisione dell’art.5 di quel trattato. Non si preannuncia un intervento militare ma si allestisce uno scenario di guerra sul fronte orientale. La politica della deterrenza verso la Russia assomiglia ad una partita a scacchi che potrebbe trasformarsi in un vero confronto militare.