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03/07/2015

 

Con la crisi della Grecia la reputazione dell'UE ha subito una catastrofe su più fronti. Ambrose Evans-Pritchard

 

L’Eurozona si è dimostrata incapace di gestire le proprie responsabilità morali di base

 

L’”Oxi day” ha un significato totemico per la Grecia, scrive Ambrose Evans-Pritchard sul Telegraph. Si commemora la resistenza greca a Mussolini, il "no" al suo ultimatum e l'eroica accettazione della guerra contro una macchina militare di gran lunga più grande.

 

“No” è la stessa parola che i greci troveranno in cima alla scheda elettorale quando si recheranno a votare nel referendum di questa Domenica, con il Primo Ministro Alexis Tsipras che evoca senza timidezze lo stesso spirito di resistenza mostrato durante la guerra.

 

Il suo discorso alla nazione di Mercoledì sera era pieno di rifermenti ai due ultimatum [quello del 1940 e quello dei nostri giorni]. Ha accusato i "circoli di estrema destra" di aver forzato la chiusura delle banche greche e di aver imposto il controllo sui capitali attraverso l’asfissia della liquidità.

 

Si è scagliato contro gli "autoritari" responsabili del FMI e dell'UE, ed ha parlato dei tentativi di ricatto nei riguardi del popolo greco, promettendo una campagna referendaria contro il “pacchetto” che i creditori vogliono imporre – che quindi, a rigor di logica, non è più un’offerta – equiparandolo alla distruzione dell'Europa.

 

Dov’è che tutto questo li porterà, sé stesso e la Grecia, nessuno può dirlo. L'ultimo sondaggio di “Efhmerida ton Syntakton” [quotidiano greco facente capo ad una cooperativa di giornalisti] rivela che il "no" è in vantaggio. E’ al 54% contro il 33% dei "sì". Ma questo vantaggio – se esiste davvero – può evaporare man mano che le terribili conseguenze del crollo finanziario diventano più chiare.

 

I pensionati, affranti, si stanno riunendo in piccoli gruppi al di fuori delle banche, cercando di ritirare la “paghetta settimanale”, pari a 120 euro. Molti, comunque, non ce l’hanno fatta. Una folla di veterani ha manifestato davanti al Ministero delle Finanze, Mercoledì mattina, denunciando con la stessa rabbia sia la "dittatura" dell’UE che il Sig. Tsipras.

 

Le ambulanze, in alcune luoghi del nord della Grecia, sono a corto di carburante. La Camera di Commercio greca ha messo in guardia contro le gravi carenze dei beni di prima necessità e delle forniture farmaceutiche che potrebbero aver luogo fra pochi giorni. Il Governo della sinistra radicale sta pattinando su uno spessore di ghiaccio molto sottile.

 

Se è vero che le potenze creditrici europee sono riuscite a mettere la Grecia in ginocchio, è anche vero che hanno pagato esse stesse un prezzo terribile. Come disse Pirro, dopo la battaglia di Ascoli [Satriano]: "Un’altra di queste vittorie e saremo totalmente rovinati".

 

La reputazione dell'UE ha subito una catastrofe su più fronti. Questo fatto è di gran lunga il più importante, nella scansione degli eventi che ogni giorno hanno luogo ad Atene.

 

E ha portato ad una situazione in cui un membro della propria famiglia [l’Eurozona] è diventato il primo paese sviluppato, nella storia, a fare default nei riguardi del FMI.

 

Cerchiamo di essere chiari su ciò che questo significa. E’ la stessa Unione Monetaria ad essere inadempiente. Sono i ricchi paesi del nord Europa che si rifiutano di pagare gli stati africani, asiatici e latino-americani [i membri del FMI]. Incolpare la Grecia da sola non serve a togliersi lo sporco di dosso.

 

L’Eurozona si è dimostrata incapace di gestire le proprie responsabilità morali di base. Il Presidente russo Vladimir Putin ha trattenuto a stento una maliziosa frecciata, professando una "grande preoccupazione" per l’evanescente credibilità dell'UE.

 

Questo default è doppiamente vergognoso, visto che il prestito originale, fatto nel 2010 dal FMI-Troika, non aveva lo scopo di salvare la Grecia. Quel debito, che si sommava agli altri, è stato imposto ad uno stato greco già in bancarotta perché l’euro potesse guadagnare tempo. Contro gli interessi dei greci, in conclusione.

 

I documenti trapelati non lasciano alcun dubbio sul fatto che il vero scopo [di quel prestito] fosse quello di salvare l'Unione Monetaria e il sistema bancario europeo – per scongiurare un’"Euro-Lehman", disse il FMI – in un periodo nel quale l’Eurozona non aveva difese contro il contagio.

 

Peggio ancora, quest’amara resa dei conti ha brutalmente reso esplicito ciò che molti hanno a lungo sospettato, ovvero che le democrazie sovrane [i paesi membri] non contano niente quando per Eurolandia arriva un momento critico.

 

La Banca Centrale Europea, alla fine del discorso, potrebbe forse non essere il “cattivo” della situazione. Si trova, in effetti, in una posizione impossibile. Tuttavia, i cittadini europei possono vedere con i propri occhi che essa sta utilizzando la liquidità di emergenza [ELA] come strumento di pressione politica nei riguardi di un paese prostrato, costringendo Syriza a prendere la drastica decisione di chiudere le banche, conseguenza del congelamento dei fondi ELA a 89 miliardi di euro.

 

E’ davvero uno spettacolo ben strano quello in cui una Banca Centrale – che ha l'obbligo [proveniente dai Trattati] di sostenere la stabilità finanziaria – prende la decisione di far crollare le banche che essa disciplina.

 

Ma il punto più drammatico ed importante è che la folle costruzione dell'euro – una nuda Unione Monetaria senza fondamenta di tipo fiscale e politico – tende inevitabilmente ad una autoritaria distopia [realtà massimamente indesiderabile] monetaria.

 

E' troppo presto, tuttavia, per concludere che Syriza accetterà le richieste dei creditori. E' veramente difficile intuire quali siano le reali intenzioni del Sig. Tsipras. La sua posizione di sfida, assunta nella notte di Mercoledì [24/06], è in netto contrasto con la lettera che egli ha inviato successivamente ai funzionari dell’UEM e del FMI che sembrerebbe fare, a prima vista, delle grandi concessioni. Ma nulla è come sembra in questo dramma così strano.

 

"Chi sostiene che abbiamo un piano segreto per far uscire la Grecia dall'euro sta mentendo", egli ha giurato con lo sguardo dritto. Ha negato che una vittoria dei "no" implicherebbe di conseguenza il Grexit – anche se i leaders di Francia, Germania ed Italia dicono che significherebbe esattamente questo – ben sapendo che molti greci non sono ancora disposti a fare un passo così drastico.

 

Si potrebbe anche sospettare – ma devo ancora pensarci bene – che Tsipras, insieme ad una cerchia ristretta di Syriza, abbia concluso, lo scorso mese di Aprile, che non si potesse trattare con un “regime” [l’EMU] che agisce esclusivamente come braccio armato dei creditori.

 

Potrebbe aver concluso che le richieste per un’ulteriore contrazione fiscale fossero un’autentica follia economica – opinione condivisa sia dalla confraternita dei premi Nobel [per l’economia] che dal Tesoro degli Stati Uniti – e che nessuna seria riduzione del debito fosse sul tavolo. Sarebbe quindi stato meglio fare default e ripristinare una valuta greca sovrana.

 

Potrebbe essere andata così, ma non ne ho le prove. Se così fosse, egli dovrebbe far sembrare di essere stato costretto a prendere quella decisione, analogamente a quanto fatto dal francese Leon Blum, che fu costretto a dire delle bugie per liberare il suo paese dal regime del Gold Standard, nel 1936.

 

I funzionari di Syriza sono pienamente consapevoli che la probabile conseguenza di un "no" sarebbe la creazione di una moneta parallela e la nazionalizzazione delle banche, sulla falsariga del "modello islandese". La piattaforma di sinistra di Syriza ha già elaborato dei piani, in tal senso. Ma quasi certamente esistono delle varianti, nel Ministero delle Finanze greco.

 

Questo tipo di azione implica un ritorno alla dracma a breve scadenza, anche se i greci insisteranno perché il paese resti nell'Eurozona con pieni diritti legali, accusando i creditori e gli organismi dell'UE di agire illegalmente.

 

Solo in questo modo potrebbero garantirsi che le intere perdite del Grexit ricadano sulla BCE e sui fondi EMU relativi al bail-out [salvataggio esterno], mentre gli assets dei cittadini greci resterebbero giuridicamente protetti nei conti esteri, liberi di tornare in un secondo momento per costruire un nuovo sistema bancario.

 

Se avessimo una mente sospettosa, potremmo chiederci se per caso il Sig. Tsipras non abbia cercato di attirare i dirigenti ed i funzionari europei in una trappola di tipo legale, e che essi abbiano abboccato all’amo.

 

Se così fosse, le sue bizantine tattiche negoziali avrebbero un perfetto senso compiuto. Ma il mio è solo un pensiero.