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06/07/2015

 

Un’Agorà per la sovranità europea

di Pasquale Lino Saccà

 

Se gli Dei stanno a Berlino, chi salverà Bruxelles? E se stanno ad Atene? Il referendum di domenica 5 luglio non risolve i problemi della Grecia, che dipendono dalla "generosità" dei creditori, mentre il Consiglio europeo ha dimostrato i limiti dell'Unione intergovernativa, delegando la questione all’Eurogruppo.

 

Bisogna distinguere le due sovranità e fare sì che 10 milioni non possano prevaricare 500 milioni di cittadini europei. L'Unione ha bisogno d’una sovranità politica europea davvero democratica: un’Agorà per la sovranità europea.

 

Se il deus ex machina sta a Berlino e ha le sembianze della Merkel, non è questo l’approdo decisionale corretto per una Unione i cui valori preminenti dello stare insieme sono le radici per decidere con proprie Istituzioni. Ma non lo è neppure se il voto di una parte - un esercizio democratico, ma nazionale, non europeo - condiziona l’intero.

 

Commissione pratichi potere d’iniziativa

Il potere d’iniziativa della Commissione è un esempio da praticare, in un contesto di equilibri istituzionali più incisivi e democratici. Certamente la Grecia poteva essere “salvata” prima, e sarebbe costata di meno al contribuente europeo, ma il gioco al rinvio del nuovo governo greco e gli egoismi nazionali che il metodo intergovernativo alimenta hanno creato un connubio in cui l’incomprensione rischia d’imporsi.

 

La furbizia degli uni si è contrapposta alla miope diligenza degli altri. Gli uni nella convinzione di ottenere di più, dichiarandosi disponibili, ma concretamente carenti a rendere certe e percorribili le “vaghe” proposte, che hanno diffuso una sfiducia sempre più ampia, visti gli andamenti al ribasso della Borsa di Atene (e non solo) ed i prelievi dalle casse delle banche che segnalano anche una fuga di capitali vistosa, in un momento in cui la stagione estiva incentiva il turismo e quindi esprime le maggiori potenzialità per la Grecia di creare ricchezza e sviluppo.

 

Gli altri impegnati, più da contabili che da politici, in un percorso di austerità significativamente perdente viste le statistiche sull’occupazione, i ritardi nella crescita del Pil e il ruolo di supplenza della Bce che finora ha consentito che il default greco avesse l’ossigeno di credito giusto per permettere anche all’Emu di respirare, fornendo liquidità attraverso l’Ela (Emergency Liquidity Assistance).

 

Il metodo intergovernativo impedisce di decidere al ritmo della realtà sociale, mentre il popolo greco, civilmente, manifesta la sua volontà di non essere escluso dal camminino dell’integrazione: la geografia, la storia e la cultura non lo consentono.

 

Sovranità nazionale e responsabilità comune

Il Governo greco, ancora prima, doveva comprendere che le eccezioni da concedere ad un singolo Stato non sono possibili, poiché vanno moltiplicate per i rimanenti Stati. Inoltre, le negligenze di pochi non possono essere addossate all’intera collettività europea, senza certezze di una buona politica che nel lungo periodo renda evidente un cammino virtuoso, questa consapevolezza o percezione di sfiducia generata avrebbe consentito la caduta di ogni alibi per gli interlocutori creditori, mentre la Commissione avrebbe potuto già avviare una politica d’investimenti. Però, così non è stato e non poteva essere viste le fughe in avanti e le mancate risposte.

 

Sono evidenti i limiti a cui si è giunti contrapponendo le sovranità e dimenticando il significato di Comunità e di responsabilità. Ma il popolo greco, che svuota le proprie banche portando a casa il proprio risparmio in euro, manifesta un atto di fiducia nell’Ue, poiché l’eventuale dracma lo azzererebbe.

 

Non finirà in tragedia: il contesto internazionale, la posizione geografica e l’aver allontanato la Turchia impone alla Nato e quindi all’Unione di non peccare di presunzione. Il Mediterraneo è un “tema” da trattare coerentemente con politiche d’integrazione.

 

La giusta memoria e l’economia possibile

L’Unione s’è affermata in un cammino d’integrazione, in nome della pace, della democrazia e della solidarietà; e, quindi, conservando la giusta memoria, deve rispondere alla domanda di maggiore coesione, non dimenticando che abbiamo tutti migrato.

 

Dalla Germania, ci si aspetta ancora un atto di visione politica: Helmut Kohl unificò la Germania nelle Comunità europee; ora si chiede che “una Angela” aiuti Atene a volare verso Bruxelles, per impedire l’avvio di un moltiplicatore negativo che ridimensioni il processo d’integrazione, dati i palesi ritardi nel governare democraticamente la politica economica nelle Istituzioni europee.

 

La Grecia in queste ultime ore sta prospettando certezze di politiche economiche possibili, oltre le dichiarazioni di buona volontà. E l’Unione non ha alternative al suo cammino unitario. Non sprechiamo l’insegnamento della crisi greca: rilanciamo l’Europa delle risorse proprie al 3%, della ricerca entro il 2020 al 3%; e investiamo per ristrutturare le politiche, affinché il Pil cresca del 3% e l’occupazione non rimanga una promessa.

 

La Grecia può essere un’opportunità da cogliere: bisogna andare oltre, distinguendo le due sovranità rafforzando democraticamente il governo dell’Unione eleggendo i commissari e lasciando agli Stati di promuovere lo sviluppo locale in modo sinergico al ruolo politico intercontinentale dell’Unione.

 

Il Mediterraneo è il nostro mare, riprendiamo il percorso di Barcellona e non trascuriamo una Convenzione che riscopra lo spirito e le capacità politiche che 60 anni fa si sono materializzate a Messina. Così non costruiremo muri, ma aquiloni per capire il vento e riprendere il cammino di pace. L’Euro non è solo moneta e l’Unione ha bisogno urgente di una Comunità politica. Grecia docet; l’Europa dell’intelligenza ha capito.