Fonte: Contrainjerencia

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06 Agosto 2015

 

Il Diktat della Germania sugli Stati d’Europa

di Ignacio Ramonet

Traduzione di Luciano Lago

 

Soltanto nei film di terrore si vedono scene tanto sadiche come quelle che abbiamo visto il 13 Luglio scorso a Bruxelles, quando il primo ministro greco Alexis Tsipras -ferito, sconfitto, umiliato-ha dovuto accettare in pubblico, a capo chino, il diktat della cancelliera di Germania Angela Merkel, rinunciando al suo programma di liberazione per cui era stato eletto, e quello che precisamente era stato appena ratificato dal suo popolo mediante un referendum.

 

Esibito dai vincitori come un trofeo davanti alle telecamere del mondo, il povero Tsipras ha dovuto inghiottire il suo orgoglio e bersi anche tanti rospi e serpenti che lo stesso settimanale tedesco Der Spegel, per compatimento, ha qualificato la lista dei sacrifici imposti al popolo greco come “catalogo degli orrori”.

Quando l’umiliazione del leader di un paese arriva a livelli tanto raccapriccianti, l’immagine rimane nella storia per ammonire le generazioni a venire, esortate a non accettare mai più un trattamento similare. Così sono arrivati a noi espressioni come “passare sotto le forche caudine” o il celebre “passaggio a Canossa”. Quello del 13 di Luglio è stato tanto enorme e tanto assolutamente irreale che forse questo giorno sarà ricordato anche nel futuro d’Europa come il giorno del “diktat della Germania”.

 

La grande lezione di questa umiliazione subita è che si è perso definitivamente il controllo cittadino rispetto ad una serie di decisioni che determinano la vita della gente, nel contesto dell’Unione Europea e, sopratutto, nell’ambito della zona euro, fino al punto che possiamo domandarci: a che servono le elezioni se i nuovi governanti si vedono obbligati a fare lo stesso che i precedenti nelle questioni essenziali, cioè a dire, nelle politiche economiche e sociali? Sotto questo nuovo dispotismo europeo la democrazia si definisce in minoro misura, per il voto o per la possibilità di scegliere, e in maggior misura, attraverso l’imperativo di rispettare le regole ed i trattati (Maastricht, Lisbona, Patto Fiscale) adottati da tempo e che risultano vere gabbie giuridiche senza possibilità di evasione per i popoli.

Nel presentare alla moltitudini un Tsipras con la corda al collo e coronato di spine- “Ecce Homo” -, Merkel, Hollande, Rajoy e gli altri pretendevano di dimostrare che non esiste alternativa alla via neoliberista in Europa. Abbandonate ogni speranza elettori di Podemos e di altri fronti di opposizione europei; siete condannati ad eleggere governanti la cui funzione consisterà nell’implementare le regole e i trattati sono stati definiti una volta per tutte da Berlino e nella BCE. La cosa più perversa è che, ugualmente che in un processo stalinista, a somiglianza del “Processo di Praga, si è scelto chi è il più critico del sistema, Alexis Tsipras, che sia quello che debba umiliarsi davanti a lui, che ne tesse gli elogi e che lo supplica.

Quello che la gente ignorava era il fatto di vivere in un sistema dispotico e lo hanno scoperto tutti in questa occasione. Alcuni analisti dicono che ci troviamo in un momento che possiamo definire “post democratico” o “post politico”, visto che quello che è accaduto il 13 di Luglio a Bruxelles dimostra il logorio del funzionamento democratico e del funzionamento della politica. Inoltre, dimostra che la politica già non riesce a dare le risposte che i cittadini si aspettano, per quanto votino in maggioranza a favore di quelle.

La cittadinanza osserva, senza speranze, come si esige al partito greco Syriza, che aveva vinto le elezioni e che aveva vinto un referendum con un discorso contro l’austerità, che applichi con la maggiore brutalità la politica dei tagli che gli elettori avevano respinto. Di conseguenza, molti si domandano: per cosa serve eleggere una alternativa se l’alternativa finisce per essere esattamente una ripetizione dello stesso di prima?

Quello che la Angela Merkel ha voluto dimostrare in forma molto chiara è che, oggi giorno, non esiste quella che chiamiamo una alternativa economica, rappresentando questa una opzione contraria alla politica neoliberista di tagli e di austerità- Così quando un equipe politica elabora un programma alternativo, lo sottopone alla cittadinanza perchè possa scegliere tra questi ed altri programmi e quindi detto programma vince le elezioni ed una nuova squadra ottiene legittimamente , democraticamente, la direzione di un paese, questa squadra di governo, con il suo progetto alternativo antiliberista, scopre in realtà di non avere margini di manovra. In materia di economia, di finanze e di bilancio non dispone di alcun tipo di margine di manovra perchè inoltre ci sono gli accordi internazionali, “che non si possono toccare”; i mercati finanziari, che minacciano con sanzioni e si prendono certe decisioni; le lobby mediatiche che glì fanno pressione; i gruppi di influenza occulti come la Trilateral, Bilderberg, ecc.. Non c’è spazio.

Tutto questo significa semplicemente che il governo di uno Stato nella zona euro, per quanto possieda legittimità democratica e benchè sia stato appoggiato da oltre il sessanta per cento dei suoi cittadini, non dispone di mani libere. Si ne dispone, se decide di realizzare riforme legislative per modificare aspetti importanti dei diritti individuali (matrimonio omosessuale, aborto, riproduzione assistita, diritto di voto agli stranieri, eutanasia, ecc.).

Tuttavia se desidera riformare l’economia per liberare il suo popolo dal carcere neoliberista,si trova con il fatto di non potersi muovere nè sottrarre. I suoi margini di manovra qui sono praticamente inesistenti, non solo per la pressione dei mercati finanziari internazionali ma anche semplicemente, perchè l’appartenenza alla zona dell’euro lo obbliga a sottomettersi agli imperativi del trattato di Mastricht, di quello di Lisbona, del Patto fiscale (vincolo di bilancio al 3%) del Meccanismo Europeo di Stabilità Finanziaria, ecc..

Di conseguenza si è creato effettivamente in Europa attualmente uno status di “nuovo protettorato” per gli stati che hanno chiesto un riscatto. La Grecia, per esempio, è governata in modo sovrano per tutte le questioni che non hanno a vedere con la gestione della vita sociale dei sui cittadini (gli indigeni). Nonostante questo, tutto quello che ha a vedere con l’economia, con le finanze e con il debito, con la banca, con il bilancio e, evidentemente, con la moneta, viene gestito da una istanza superiore: la tecnocrazia dell’euro dell’Unione Europea. Cioè a dire, Atene ha perso una parte decisiva della sua sovranità. il paese è stato declassato al livello di protettorato.

Detto in altre parole: quello che sta avvenendo non soltanto in Grecia ma in tutta la zona euro- in nome della austerità, in nome della crisi- è, basicamente, il passaggio da uno Stato di benessere verso ad uno stato privatizzato in cui la dottrina neoliberista si impone con un feroce dogmatismo, puramente ideologico. Siamo davanti ad un modello economico che sta privando i cittadini di una serie di diritti, conquistati dopo a volte dopo lunghe e sanguinose lotte.

Alcuni dirigenti conservatori cercano dicalmare il popolo dicendo: “Bene si tratta di un periodo negativo, un male momentaneo che deve passare. Dobbiamo stringre lac inghia ma usciremo da questo tunnel”. La domanda è: che significa uscire dal tunnel? Ci vanno a restituire quello che ci hanno tolto? Ci vanno a restituire i tagli di salario che abbiamo subito? Vanno a ristabilire le pensioni al livello in cui stavano? Torneremo ad avere credito per la salute e per l’educazione?

La risposta a ciascuna di queste domande è no!! Perchè non si tratta di una “crisi passeggera”. Quello che accade è che siamo passati da un modello ad un altro ben peggiorativo. Adesso si tratta di convincerci che quello che abbiamo perso era irreversibile. “Lasciate ogni speranza”. Questo è stato il messaggio principale di Angela Merkel lo scorso 13 di Luglio a Bruxelles mentre esibiva, quale teutonica Salomè, la testa di Tsipras come una bandiera…..