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2 luglio 2015

 

Tsipras: eroe o “falsosembiante”?

di Cristiano Puglisi

 

Non importa se Tsipras sia o meno un eroe o, appunto, un "Falsosembiante", una maschera vuota, uno strumento del sistema. Importa il fatto che, con questo voto, con le parole che sono state pronunciate, con gli appelli, sinceri o meno, a ricordarsi della Grecia, "culla della democrazia", si sia contribuito al risveglio delle coscienze e dell'identita'. All'uscita dal coma buio dell'"istituzionalmente corretto".

 

Ma chi è davvero Alexis Tsipras? Uno statista eroe, restauratore della millenaria democrazia greca? Oppure un “Falsosembiante”, un pilatesco politicante che ha semplicemente voglia di “lavarsene le mani” lasciando la scelta più difficile in mano al proprio popolo, per poi essere legittimato a compiere qualsiasi passo senza pagarne le conseguenze in termini di responsabilità? Forse Alexis Tsipras è tutte e due le cose allo stesso tempo. Bisogna entrare, o cercare di entrare, nella psicologia di un leader, di un uomo politico, per comprenderne le sfumature. Sfumature, sì. Perché non esiste il capo popolo senza macchia e senza paura, così come non esiste il disgustoso e avido servo interamente prono al potere. Non nella politica reale.

Esistono, appunto, sfumature. Chissà ad esempio se, scrivendo l’accorata lettera al popolo greco in cui si annunciava il referendum di domenica, Tsipras ha pensato a quel ragazzo idealista e un po’ incosciente che, cappellino e zainetto in spalla, era venuto a Genova nel 2001 per protestare contro il G8. Contro i potenti. Contro la globalizzazione. Oppure se, mentre scriveva un’altra lettera, quella della capitolazione, della mano tesa proprio ieri all’eurocrazia che opprime il popolo greco, ha pensato ai tanti compromessi che quel medesimo ragazzo ha dovuto accettare per giungere dove è giunto. Tanti fantasmi devono attraversare la mente di Alexis Tsipras. Da un lato la volontà di realizzare finalmente il sogno di quel ragazzo. Il sogno di sputare la volontà popolare in faccia a quei poteri forti un tempo tanto odiati. Il sogno di chiunque faccia politica per passione:  quello di avere un popolo, il proprio popolo, dalla propria parte. Poi c’è quell’altro fantasma. Quello del politico ormai navigato, che ha capito cosa sono le lobbies della finanza apolide, che ti possono schiacciare come uno scarafaggio. Un insetto. Che possono ucciderti con la stessa velocità con cui ti hanno portato in alto.

Non deve essere facile, per Tsipras e i suoi. Non lo è. È anzi dannatamente difficile. Ma il referendum di domenica può cambiare il volto al futuro. A prescindere dal dopo. A prescindere dall’uscita della Grecia dall’Europa unita o dalla ripresa dei negoziati. Perché il voto, questo voto, da una speranza splendida a una parte di mondo ormai assuefatta ai luoghi comuni della tecnocrazia finanziaria e globalista. Una forza oscura che ingloba, spegne, uccide lentamente la dignità umana. Ed è per questo che non importa se Tsipras sia o meno un eroe o, appunto, un “Falsosembiante”, una maschera vuota, uno strumento del sistema. Importa il fatto che, con questo voto, con le parole che sono state pronunciate, con gli appelli, sinceri o meno, a ricordarsi della Grecia, “culla della democrazia”, si sia contribuito al risveglio delle coscienze e dell’identita’. All’uscita dal coma buio dell’”istituzionalmente corretto”. Importa la rinascita, pur se lenta e graduale, dell’orgoglio di un popolo, quello d’Europa, fatto di guerrieri e santi, che ha finalmente dimostrato di non potere e di non volere sottostare in eterno all’immondo ricatto di una casta di squallidi mercanti.  È l’orgoglio greco che si risveglia nelle piazze di Atene colme di manifestanti. Dalle Termopili, da Salamina si alza forte il grido degli spettri dei suoi e dei nostri avi. Vada come vada allora. Allo scontro finale contro questo Moloch orrendo chiamato Europa prima o poi ci arriveremo. Perché lo scontro col nemico è fisiologico, è naturale come la vita stessa. E non importa se moriremo. Non importa se soffriremo. Non siamo infami, non più dopo questo passo. Siamo tornati guerrieri, siamo santi. Siamo eroi. E se dobbiamo morire, moriremo con gloria.

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Marco Della Luna, “Tsipras bifronte” dal blog di Della Luna del 30 giugno 2015

 

http://www.libreidee.org/2

03/7/15

 

Anche Tsipras al soldo dell’euro-terrorismo che ci devasta

 

Tsipras bifronte, eroe della liberazione greca o subdolo agente dei banchieri europei? Il debito pubblico greco è piccolo, circa 323 miliardi; perciò, vi dicono, non è grave se la Grecia lascia l’euro e se esso viene svalutato o ridenominato in dracme. Questa rassicurazione è menzognera perché i titoli di questo debito, in sé piccolo, sono usati come base per una moltiplicazione finanziaria di molte volte; inoltre, vi è una grossa massa di contratti derivati, indicizzati al titolo greco; il totale potrebbe superare i 2.000 miliardi. Perciò una svalutazione di quei titoli o una loro ridenominazione in dracme avrebbe un impatto molto forte, forse catastrofico, o destabilizzante per il business finanziario globale. E tutto questo vale per il Btp italiano molto più che per il debito greco, dato il rapporto quantitativo. Ho spiegato più approfonditamente queste cose nel mio recente, breve saggio “Sottomissione Finanziaria”, in questo blog. Ecco spiegata una buona ragione per trattenere nell’euro paesi che avrebbero bisogno ad uscirne. Una ragione che non viene resa nota all’opinione pubblica, ma che determina le scelte politiche dei suoi governanti, burattini del potere bancario.

 

Negli anni ’70, i nostri governanti ci imposero le targhe alterne, cioè ci fecero provare il disagio della privazione dell’automobile, la paura di perdere un sistema di vita basato su di essa, per indurci ad accettare forti rincari dei prezzi dei carburanti a beneficio dei petrolieri – il tutto dietro il pretesto del risparmio energetico, che non ci fu. E anche quella veniva chiamata “austerity”! Analogamente, Tsipras forse sta usando la stessa tecnica psicopolitica per far accettare ai greci le condizioni dei padroni-beneficiari dell’euro: indice il plebiscito per lasciare al popolo la responsabilità della scelta se accettarle o no, ma condiziona per il sì questa scelta facendo provare alla gente la paura e il disagio della chiusura bancaria e della privazione dei soldi: se voteranno sì, la buona Europa concederà gli aiuti e tutto tornerà normale. Normale per un po’, perché gli effetti macroeconomici e strutturali dell’euro, cioè la divaricazione progressiva delle economie, in un anno circa riproporrebbero il problema.

 

Sussiste un preciso elemento indiziario che suggerisce che Tsipras in realtà stia facendo il doppio gioco al servizio dei padroni dell’euro e della grande finanza nel senso suddetto, anziché per i greci – un elemento che ha in comune con Grillo e con Iglesias, l’economista spagnolo leader del partito “Podemos”: tutti e tre, in fondo, agiscono da neutralizzatori del dissenso, cercano di tenere nell’euro i loro rispettivi paesi ed evitando di parlare sia della realtà indicata nel primo paragrafo di questo articolo, sia e soprattutto della radice ultima dei problemi monetari e finanziari, ossia del fatto che usiamo una moneta creata interamente (quasi) dalle banche con operazione di prestito-indebitamento, quindi che siamo tutti (escluse le banche) impegnati nell’assurdo compito di estinguere i debiti con denaro preso a debito, e soprattutto del fatto che questo sistema è creato e imposto da una classe globale di soggetti che hanno il potere di creare e far accettare, a costo zero e senza produrre beni reali, moneta contabile, con cui comprano o finanziano (cioè indebitano) praticamente tutto e tutti, incluse le istituzioni e la politica, come ho spiegato nel mio recente articolo “La macchina del destino”. E che è questa classe sociale a governare l’Occidente. Incontrastata e irresponsabile.

 

L’euro stesso è un sistema con cui i paesi forti (soprattutto la Germania) si fanno banchieri dei paesi “eurodeboli” (soprattutto l’Italia), accumulando crediti verso di loro, sottraendogli liquidità con gli interessi e l’imposizione di avanzi primari, e imponendo loro misure recessive che li indeboliscono ulteriormente nell’ economia reale e nella competitività internazionale. Alla fine conseguono il pieno controllo di questi paesi, così come le banche conseguono il controllo delle aziende che dipendono da esse per tirare avanti. E’ un sostituto della conquista militare dei secoli scorsi. La Bce, con le sue misure di sostegno (acquisti massicci di debito pubblico dei paesi eurodeboli sui mercati secondari), in realtà svolge il còmpito di mascherare tale processo di demolizione pilotata, per rendere possibile il suo completamento. Una Bce che, mediante tali acquisti, assicura il rifinanziamento del debito pubblico a tassi minimi a paesi con un rating da spazzatura, e che quindi sarebbe logico e sano che divenissero insolventi, è come un medico che mantiene in vita una persona mediante una macchina di supporto vitale, mentre un altro le espianta gli organi, e l’imbonitore di turno chiama questo espianto “riforme” e “risanamento”, e dice che grazie ad esse il paziente è oramai fuori pericolo e si è riguadagnato rispetto, autorevolezza e fiducia sui mercati. Cerca persino (invano), attraverso il quantitative easing, di dare l’impressione di una ripresa reale.

 

Non è fuori pericolo: se togliessimo all’Italia il sostegno artificiale e anti-mercato della Bce, i tassi (rectius: i rendimenti) schizzerebbero alle stelle e l’Italia tornerebbe alla lira. Ma tornerebbe ad essa indebolita dall’azione di governi che, col pretesto del risanamento, hanno tagliato le gambe sua economia in modo strutturale (chiusure aziendali, disoccupazione, indebitamento, emigrazione dei migliori), difficilmente reversibile, portando la pressione fiscale sulle aziende al 70%, ossia a livelli tali da renderle non competitive rispetto alla concorrenza straniera. Per non parlare del differenziale dei costi energetici.