http://vocidallestero.it/

21 aprile 2015

 

La questione Grexit e il libero commercio

di George Friedman

 

Il CEO della Stratfor George Friedman pubblica sul Geopolitical Weekly della sua società un articolo sulla crisi greca e dell’euro zona. La Germania, scrive, ha vantaggi competitivi che rendono impossibile ad altre economie meno efficienti di prosperare, non solo in un’unione monetaria, ma anche in un mercato comune con lei. La supremazia economica della Germania tende a diventare politica (e in linea di principio militare) e fa ulteriormente affondare i paesi meno efficienti nella crisi. Il principio ideologico del progetto europeo che un mercato comune sia un vantaggio per tutti viene così smentito dalla realtà. Il problema non è solo l’euro, ma il libero scambio.

 

La crisi greca si sta muovendo verso un climax. La questione è in realtà abbastanza semplice. Il governo greco deve una grande quantità di denaro alle istituzioni europee e al Fondo Monetario Internazionale. Ha accumulato questo debito nel corso del tempo, ma è diventato sempre più difficile per la Grecia rispettare i pagamenti. Se la Grecia non soddisfa questi pagamenti, il FMI e le istituzioni europee hanno detto che non prolungheranno più i prestiti alla Grecia. La Grecia deve fare un calcolo.  E’ meglio se paga i prestiti in tempo e riceve finanziamenti aggiuntivi o non paga i prestiti e viene tagliata fuori dal riceverne altri?

Ovviamente, la questione è più complessa. Non è chiaro se i greci saranno tagliati fuori da ulteriori prestiti se rifiutano di pagare. Innanzitutto, l’altro lato del tavolo potrebbe bluffare, come in passato. In secondo luogo, se pagano il prossimo giro, e ottengono la prossima tranche di finanziamento, questo equivale semplicemente prendere a calci il barattolo lungo la strada? Risolve il problema di fondo della Grecia, che è che la sua struttura del suo debito è insostenibile? In un mondo che contiene l’Argentina e American Airlines, abbiamo appreso che il fallimento e la mancanza di accesso ai mercati del credito non necessariamente vanno di pari passo.

Per capire cosa potrebbe accadere, abbiamo bisogno di guardare in Ungheria. L’Ungheria non ha aderito all’euro, e la sua moneta, il fiorino, aveva perso valore. I mutui denominati in euro, franchi svizzeri e yen stipulati dagli ungheresi sono cresciuti a dismisura in termini di fiorini, e un gran numero di ungheresi si sono trovati ad essere pignorati dalle banche europee. In una mossa complessa, il governo ungherese ha dichiarato che questi debiti sarebbero stati rimborsati in fiorini. Le banche in generale hanno accettato i termini del primo ministro Viktor Orban, e l’Unione Europea ha brontolato ma ha lasciato correre. L’Ungheria non è stata l’unico paese a sperimentare questo problema, ma la sua risposta è stata la più assertiva.

Basandosi su una strategia ispirata a Budapest, i greci stamperebbero dracme e annuncerebbero (non proporrebbero) che il debito sarà rimborsato in tale valuta. L’euro potrebbe ancora circolare in Grecia e avere corso legale, ma il governo pagherebbe i propri debiti in dracme.

Le domande più profonde

Nel considerare questo e altri scenari, la domanda che si diffonde è se la Grecia lascerà la zona euro o ci rimarrà. Ma prima di questa, ci sono ancora due domande fondamentali. In primo luogo, dentro o fuori dall’euro, come farà la Grecia a pagare i propri debiti senza generare il caos sociale? La seconda e ben più importante domanda è: come fa la Grecia a rilanciare la sua economia? Barcollare dal pagamento del debito al pagamento del debito, dalle minacce tedesche e del FMI alle minacce tedesche e del FMI è divertente da lontano. Però non affronta il vero problema: la Grecia e altri paesi non possono esistere come stati regolari e coesi in queste circostanze, e nella storia europea, la disfunzione economica di lungo termine tende a portare all’estremismo politico e all’instabilità. La questione dell’euro può essere interessante, ma la più profonda questione economica è di forte importanza sia per il debitore che per i creditori.

Nel nostro tempo, le questioni economiche e finanziarie tendono a diventare moralistiche. Da una parte, i creditori condannano l’irresponsabilità greca. L’Unione Europea ha lasciato cadere la maggior parte delle finzioni sul fatto che sia un confronto tra l’Unione Europea e la Grecia. E’ sempre più evidente che, anche se l’Unione Europea ha molto in gioco, a lungo termine la questione è tra la Germania e la Grecia, e nel breve termine lo è diventata tra il Fondo Monetario Internazionale e la Grecia. La Germania ritiene che i greci stiano cercando di approfittare del suo buon carattere, mentre il FMI ha istituzionalizzato un modello in cui il sacrificio non è solo un tonico in economica per i debitori, ma anche un obbligo morale. Questo non è frivolo da parte della Germania e del Fondo Monetario Internazionale. Se danno alla Grecia qualche margine di manovra, altri debitori vorranno lo stesso e di più. Dare tregua alla Grecia potrebbe portare l’Italia a chiederne una, e la tregua all’Italia potrebbe sommergere il sistema.

Sul versante greco, i leader del partito Syriza stanno decidendo. Quei leader hanno soltanto un limitato spazio di manovra. Sono arrivati al potere perché i partiti eurocratici tradizionali avevano perso la loro legittimità. Dal 2008, i governi greci sembravano essere più interessati a rimanere nella zona euro che al tasso di disoccupazione in crescita vertiginosa o al profondo taglio degli stipendi dei dipendenti pubblici. Questo atteggiamento può funzionare per un po’, se funziona. Dal punto di vista dell’opinione pubblica greca, non ha funzionato; molti greci dicono che non hanno preso in prestito quei soldi e che non avevano il controllo su come sono stati spesi. Essi stanno pagando il prezzo per le decisioni prese da altri, anche se in tutta onestà, i greci hanno eletto questi partiti. Curiosamente, i greci non vogliono lasciare l’euro. Vogliono mantenere lo status quo senza pagarne il prezzo. Ma alla fine, non possono pagare il prezzo, quindi la discussione è accademica.

Il governo greco sta così vagliando due cose. In primo luogo, onorare il pagamento successivo sarà meglio o peggio rispetto a diventare inadempienti? In secondo luogo, comportarsi come i partiti eurocratici che ha messo spalle al muro lascerà Syriza divisa internamente e matura per essere sconfitta da un nuovo partito? La stima tedesca deve essere se un default greco, tale da non causare un terremoto, farebbe scattare nuove valutazioni da parte di altri paesi debitori, provocando un effetto domino.

Il futuro del libero scambio

La questione più fondamentale non riguarda né l’euro né le conseguenze di un default greco. La questione centrale è il futuro della zona di libero scambio europea. L’assunto principale dietro l’integrazione europea è stata che una zona di libero scambio andrebbe a vantaggio di tutte le economie. Se tale ipotesi non è vera, o almeno non è sempre vera, allora le intere fondamenta dell’Unione Europea sono messe in dubbio, con la questione dracma-vs-euro come una breve nota in calce.

L’idea che il libero scambio è vantaggioso per tutte le parti deriva da una teoria dell’economista classico David Ricardo, il cui saggio sul vantaggio comparato è stato pubblicato nel 1817. Il vantaggio comparato afferma che il libero scambio permette ad ogni nazione di perseguire la produzione e l’esportazione di quei prodotti sui quali la nazione ha qualche vantaggio, espresso in profitti, e che, anche se una nazione ha una vasta gamma di vantaggi, concentrandosi sui vantaggi più grandi il paese ne beneficerà in misura maggiore. Poiché i paesi beneficiano dei loro vantaggi più grandi, si concentrano su quelli, lasciando i vantaggi minori agli altri paesi per i quali questi sono il più grande vantaggio comparato.

Non minimizzo quando dico che questa è una spiegazione superficiale della teoria del vantaggio comparato. Non esagero quando dico che questa teoria ha guidato la nascita del libero scambio in generale, e in particolare l’ha guidata nell’Unione Europea. Sono l’ideologia e l’ampio profilo del concetto che mi interessano qui, non i dettagli importanti, poiché sto cercando di ottenere un’impressione di alto livello dello stato dell’Europa.

Per cominciare, la legge dei vantaggi comparati non significa che ogni paese fa altrettanto bene. Significa semplicemente che dati i limiti della geografia e dell’istruzione, ogni nazione farà bene quanto può. Ed è a questo punto che la teoria di Ricardo orienta molta delle politica commerciale attuale e pone il problema centrale per l’Unione Europea. La teoria non è, a mio avviso, sbagliata. È, tuttavia, incompleta nel guardare alla nazione (o all’azienda) come  ad un essere integrato e non come a soggetti composti da interessi distinti e diversi. Ci sono nella mia mente tre problemi che emergono dalla verità alla base di questa teoria.

La prima è il tempo. Alcuni vantaggi si manifestano rapidamente. Alcuni prendono un tempo molto lungo. A seconda del valore del vantaggio che ogni nazione ha, alcune nazioni diventeranno estremamente ricche grazie al libero scambio, e lo faranno rapidamente, mentre altre faranno meno bene, e sarà loro necessario molto tempo. Da un punto di vista economico questo stato di cose può ancora rappresentare la strategia ottimale che può essere seguita, ma da un punto di vista più completo questa distinzione crea gli altri due problemi con la legge del vantaggio comparativo.

Il primo di questi è il problema delle conseguenze geopolitiche. Il potere economico non è l’unico tipo di potere che ci sia. Tassi disparati di crescita economica rendono l’economia che cresce più rapidamente più potente nel suo rapporto con l’economia che cresce più lentamente. Quel potere è al tempo stesso politico e militare e può essere utilizzato, insieme al vantaggio economico, per costringere le nazioni non solo in posizioni subordinate, ma anche in posizioni in cui il loro vantaggio comparato minore diminuisce ancora di più. Questa dinamica non deve essere necessariamente intenzionale. Massimizzare il vantaggio comparato rende alcuni poteri più forti di altri, e con il tempo quella forza può lasciare il potere minore indebolito in modi che poco hanno a che fare con l’economia.

L’ultimo problema è la distribuzione interna della ricchezza. Le nazioni non sono esseri indipendenti. Sono composte da esseri umani autonomi che perseguono i loro interessi. A seconda delle norme economiche e politiche interne, non vi è alcuna garanzia che non ci saranno differenze estreme nel modo in cui la ricchezza è distribuita, con un pochissime persone molto ricche e molte persone molto povere. La legge del vantaggio comparato non si preoccupa di questo fenomeno e quindi non è connessa alle conseguenze della disuguaglianza.

Spezzare la legge del vantaggio comparato

Nel guardare l’Unione Europea, il presupposto è che ogni nazione che persegue il suo vantaggio comparato massimizzerà le proprie possibilità. Con questo voglio dire che ogni paese esporterà quella cosa che sa fare meglio, importando le cose che gli altri producono in modo più efficiente. L’aspetto comparativo non è solo tra nazioni, ma anche tra i prodotti all’interno della nazione. Pertanto, ogni nazione si concentra sulle cose che sa fare meglio. Ma “meglio” non ci dice quanto bene lo fa. Si limita a dirci che è il meglio che possono fare, e che grazie a quello prospereranno.

Il problema è che il lasso di tempo potrebbe essere così a lungo che ci vorranno generazioni per vedere un risultato significativo di questa misura. Così, la Germania vede i risultati più velocemente della Grecia. Poiché il potere economico può tradursi in molti modi, il potere della Germania limita le possibilità pratiche della Grecia. Inoltre, qualsiasi vantaggio ci sia per i greci nel libero commercio, scorre in modo ineguale.

Questo succede quando il vantaggio comparato lavora come dovrebbe. Ma non ha funzionato in questo modo in Europa, perché la Germania è stata costretta dalla sua realtà economica a perseguire le esportazioni non solo di quei prodotti in cui ha un vantaggio comparato internamente, ma anche di molti prodotti per i quali manca di un vantaggio interno, ma ha un vantaggio comparato esternamente – queste non sono necessariamente le cose che sa fare meglio, ma le fa meglio di altri. Dal momento che la Germania è efficiente in più sensi, ha vantaggi su molti prodotti e se li prende. La Germania ha un tasso di esportazione impressionante di oltre il 50 per cento del prodotto interno lordo. Il vantaggio comparato assume che avrà la volontà di esportare quelle cose che produce in modo più efficiente. Invece sta esportando qualsiasi prodotto che può esportare competitivamente indipendentemente dal vantaggio relativo interno.

In altre parole, la Germania non sta seguendo la legge del vantaggio comparato. Gli scienziati sociali hanno molte leggi comportamentali che si dice descrivano quello che la gente fa e poi trasformano in argomenti morali quello che la gente dovrebbe fare. Io non sto facendo questo. La Germania empiricamente non è guidata dalle teorie di Ricardo, ma dalle proprie necessità. In altre parole, la legge del vantaggio comparato non funziona in Europa. Di conseguenza, la Germania è cresciuta più velocemente degli altri paesi europei, ha accumulato più potere di altri paesi ed è riuscita a distribuire la ricchezza in modo da creare stabilità politica.

Il vantaggio comparato e la questione greca

Il risultato è che la Grecia è tenuta a rispondere alla Germania per i suoi debiti. Nello stesso modo in cui nessun giudizio morale può essere tratto sulla Germania, lo stesso vale per la Grecia. È quello che è. Tuttavia, qualunque problema incontri nel massimizzare le proprie esportazioni, farlo in un ambiente in cui la Germania sta portando avanti tutte le possibilità di esportazione che hanno un vantaggio diminuisce la possibilità della Grecia di esportare, creando così una disfunzione a lungo termine per la Grecia. La superiorità tedesca si perpetua.

E’ importante notare che la Germania non ha operato senza protezioni dopo la seconda guerra mondiale. Ha protetto dalla concorrenza americana le sue industrie in ripresa. Anche gli Stati Uniti, un colosso economico che esporta una quantità relativamente piccola della sua produzione, sono stati pesantemente protezionisti nel tardo 19° secolo. Allo stesso modo, il Regno Unito ha mantenuto le tariffe per proteggere i mercati dell’Impero britannico. La Grecia non ha tale protezione.

La teoria del vantaggio comparato è generalmente vera, ma non tiene conto delle disparità di tempo, delle conseguenze geopolitiche degli sfasamenti temporali o della disuguaglianza sociale interna. Ecco perché ho detto che era sia vera che incompleta. E questo è anche il motivo per cui l’Unione Europea, in qualsiasi modo possa essere stata concepita nel senso più semplice, soffre di enormi disparità nelle velocità con le quali le nazioni accumulano ricchezza, ha nazioni che non si comportano come la teoria predice che dovrebbero, e crea esternamente squilibri geopolitici e internamente disuguaglianza sociale. Non è che il libero commercio non funziona. E’ che ha conseguenze non intenzionali.

Questo è il motivo per cui direi che lo Sturm und Drang verso il debito della Grecia e il futuro dell’euro non coglie il punto. Il punto fondamentale è che le conseguenze di libero scambio non sono sempre positive. Non mi è chiaro come la Grecia possa mai recuperare senza le protezioni che la Germania o gli Stati Uniti hanno avuto durante il loro periodo di crescita iniziale. E dal momento che nazioni fanno quello che devono fare, il problema non è l’euro, ma il libero scambio.

E questo è il timore della Germania. E ‘una nazione che esporta quanto consuma, e la metà di questo va alla zona di libero scambio europea. Più di chiunque altro, ha bisogno della zona di libero scambio per il proprio benessere. Per questo, per quanto ringhino i tedeschi, non è il Grexit che temono ma le tariffe in aumento. L’Unione Europea permette già significative tariffe agricole e sussidi. Se permettono tariffe più ampie per la Grecia, quando ci si fermerà? E se non lo fanno, e la Grecia si sbriciola socialmente, dove ci si fermerà? Il libero commercio può essere meraviglioso o terribile, a seconda delle circostanze, e talvolta entrambi allo stesso tempo.