28 giu 2015 - gennarocarotenuto - Da Vittorio Zucconi in giù, in troppi fanno mostra di cinismo irridendo le file ai Bancomat in Grecia. Ricordo ancora con orrore l’aver assistito al corralito nel 2001 a Buenos Aires, quando i miei amici rischiavano di non poter comprare il pane e di vedersi staccare il telefono o la luce, pur lavorando e avendo un reddito bloccato in banca. Che quella in fila ai Bancomat sia gente esattamente come noi e ciò non provochi in tanti empatia ma biasimo è un segno dei nostri tempi. È un disprezzo che non parte dai social, come pure si preferisce far credere, ma che discende dai più autorevoli editorialisti, che descrivono i greci con stereotipi degradanti, demonizzando le scelte del governo Tsipras, “levantino”. La mancanza di solidarietà per i greci, come già l’indifferenza alla sorte dei migranti, confermano davvero, con Nuto Revelli, la sensazione che “pietà l’è morta”, e che solo una nuova Resistenza civile a tanta infamia possa salvarci.

 

Al tempo delle crisi del debito latinoamericane, l’impalcatura neoliberale era occultata dalla spada neocoloniale, dove autoritarismo, corruzione e rapina prevalevano sull’ideologia. In Grecia no. L’apparente orizzontalità tra pari di eurovertici, troika, BCE, FMI, tutti alieni rispetto alla vita dei cittadini tanto da essere sdegnati dall’idea di Alexis Tsipras di consultare il popolo, palesa l’elevazione del modello a religione, con dickensiana condanna morale e materiale del debitore. Ma è illusorio che la soluzione stia nel ritirarsi in spazi vetero-nazionali e sterili rancori anti-europei. Nel mondo multipolare del XXI secolo, è solo l’Europa il luogo dove riconquistare stato sociale e diritti per tutti, a partire dai migranti.