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9 giugno 2015

 

La farsa elettorale non copre la tragedia

di Omar Garcia

Tradotto da Bologna per Ayotzinapa

 

Ci sono diversi Paesi in cui la crisi della rappresentanza politica, ormai evidente in tutto il pianeta, assume i contorni sanguinosi della tragedia. Uno dei casi più eclatanti è quello del Messico, uno Stato che l’opinione pubblica mondiale che conta, quella occidentale, non è abituata a considerare in mano alle dittature o luogo di sistematiche torture. Nello scorso week-end, molto meno del 50 per cento dei messicani è andato alle urne, circondate da spiegamenti repressivi inauditi e in un clima di violenza surreale: nel solo mese di aprile, secondo una polizia corrotta e indistinguibile ad ogni livello dalla criminalità organizzata, ci sono stati ben 1374 omicidi. Almeno sette candidati sono stati uccisi dai cartelli dei narcotrafficanti. Il partito-stato, quello al governo da sempre, il volto politico più impresentabile di quella criminalità, incassa un’altra vittoria farsesca. Tra le molte forze della società sana che hanno invocato a disertare le urne, c’erano i famigliari degli studenti desaparecidos di Ayotzinapa, protagonisti di una campagna che ha varcato i continenti dopo il massacro e il sequestro da parte degli apparati dello Stato di 43 ragazzi. Questo articolo è scritto da uno dei ragazzi sopravvissuti all’episodio più tragico della storia recente di quella che è stata la democrazia messicana

 

I nostri nonni ed i nostri padri dicevano, e così ci hanno insegnato, che “non ci si può fidare dei ladri”. Nonostante ciò, i ladri vengono alla porta delle nostre case e dei nostri villaggi con auto di lusso, abiti eleganti, svariata propaganda. Arrivano con uniformi lussuose, innovativi carri armati, scudi, manganelli, ecc., ed ogni tre, quattro, sei anni, riescono a far sì che “il popolo” gli accordi nuovamente fiducia.

Non è quindi di fiducia che si tratta, quanto piuttosto di coercizione. A cosa risponderebbe altrimenti lo spiegamento di forze militari, di polizia e quant’altro in vari stati della Repubblica?

Per il messicano “telenovelero” e plasmato dalla cultura dominante, Votare e militarizzare le elezioni fa parte delle “buone maniere” di comportarsi e per far sì che anche gli altri si sappiano comportare adeguatamente; una forma elegante di partecipare alle decisioni del Paese. Ci sono poi altri invece che affermano che NON VOTARE significhi beneficiare sempre i soliti.

Così il “telenovelero”, come colui che ad ogni costo difende le ragioni per le quali bisognerebbe VOTARE, sono “amanti patologici di ciò che è legale”. Ne conseguirebbe perciò che noi siamo “amanti patologici di ciò che è illegale”. Rispondiamo di no.

Affermiamo che ciò che noi auspichiamo è di alterare l’attuale legalità, rifondarla basandola sull’interesse della maggioranza della popolazione, perché è innegabile che l’attuale legalità serva solo gli interessi di particolari gruppi e dello Stato. Forti del consenso dei “telenoveleros”, ed in modo velato, anche il consenso di impresari, ecclesiastici, generali, narcos ecc., i signori della legge affermano che è corretto che le forze di polizia, militari e gruppi di scontro dei partiti monitorino, presenzino e garantiscano le elezioni del 7 giugno 2015.

Nel pomeriggio di ieri, alle 16 circa del 7 giugno, elicotteri della Marina da guerra messicana sorvolavano la nostra scuola. Sappiamo da informazioni ricevute che i partiti politici e i gruppi di potere economico del municipio di Tixtla hanno pronti gruppi d’attacco per agire come hanno fatto a Tlapa de Comonfor ieri; come hanno fatto a Veracruz, dove commando armati di machete sostenuti dal governo hanno aggredito degli studenti; come a Puebla, dove senza nemmeno un’ordinanza di cattura hanno arrestato vari studenti.

Alle 21 di ieri ci hanno staccato la corrente per più di un’ora. Alle 23:00 l’hanno fatto nuovamente lasciandoci nell’oscurità, esposti alle aggressioni. Ci chiediamo se seguiranno altri blackout.

Di fronte a questi fatti ci chiediamo: è legale e legittimo?

Ora, alle 00:45 del 7 giugno, la nostra guardia ci riporta parte alta della scuola l’avvistamento di una lunga fila di quelli che sembrano essere autobus, sulla strada che ci collega con la comunità del Troncòn. È da aggiungere che nei giorni passati le forze militari e dell’ordine erano state spostate tramite grandi convogli di mezzi militari e autobus.

 

Il nostro posizionamento rimane fermo: LE ELEZIONI NON SONO TUTTO PER CAMBIARE LE SORTI DEL PAESE.

Le cose non devono solo essere LEGALI: devono essere innanzitutto LEGITTIME.

L’attuale regime si basa esattamente su quella LEGALITÀ fatta su misura, non essendo però legittimo.

Noi crediamo che con o senza elezioni abbiamo già TRIONFATO, perché ciò che è certo è che oggi molte persone sanno cose che prima del 26/9/14 non avrebbero ammesso per nessun motivo.

Pertanto, diciamo a Peña Nieto che faccia del suo meglio, perché faccia ciò che faccia, il nostro movimento continuerà: noi non riposeremo finché non li avremo incontrati!

PERCHÉ VIVI LI HANNO PRESI,

VIVI LI RIVOGLIAMO!

¡PORQUE VIVOS SE LOS LLEVARON!

¡VIVOS LOS QUEREMOS!