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22 giugno 2015

 

La narrazione di Podemos nel racconto di Monedero

di Andrea Minciaroni

 

A Milano, all'incontro organizzato dalla Fondazione Feltrinelli con Juan Carlos Monedero, il fondatore di Podemos, per capire meglio perché in Spagna una rivoluzione silenziosa è già iniziata.

 

Juan Carlos Monedero si presenta a Milano, all’incontro organizzato dalla Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, all’improvviso. La sala è già gremita, aspettano tutti lui: il fondatore di Podemos. Monedero entra, applaude il pubblico, si siede e schiarisce la voce. Inizia un one man show che supera le due ore. Podemos è un soggetto politico che nasce in Spagna nel 2014 sulle ceneri del movimento degli Indignados, una generazione che, stanca delle solite promesse di progressisti e conservatori, scende in piazza nel tentativo di cambiare qualcosa. E’ difficile etichettare Podemos, un partito di sinistra ? forse; Un partito populista ? probabilmente. Quello che sicuramente sfugge però è la complessità di questo movimento, spesso interpretato dalle nostri parti come uno spazio politico che colma il vuoto di una sinistra incapace di confrontarsi con i proprio elettori. Podemos è questo, certamente, ma soprattutto non solo questo. Ci sono dei punti di rottura di questo movimento che per certi versi sembrano ricordare il Movimento Cinque Stelle: il superamento dei concetti di destra e sinistra, la volontà di restituire una democrazia realmente rappresentativa ai cittadini, e sopratutto la volontà di cambiare radicalmente le cose.

Allo stesso tempo però, mentre Monedero inizia a parlare, come un fiume in piena che non vede l’ora di liberarsi, ci si rende conto che ci sono dei punti di rottura che distanziano notevolmente il movimento fondato da Beppe Grillo con quello di Monedero. Podemos si fonda su concetti che tentano di guardare oltre i propri confini, un po’ come in Grecia sta facendo SYRIZA, con grande stupore del sottoscritto. Una critica decisa e senza compromessi al neo-liberismo, allo stato attuale degli equilibri geo-economici internazionali, alle ingiustizie e disuguaglianze sociali. Fin qui nulla di nuovo direte voi, vecchi slogan che risalgano al 1968. Qual è la novità di Podemos quindi ? Juan Carlos parla con una semplicità che ha dello straordinario: “Oggi essere cittadini significa consumare. Il concetto di cittadinanza passa attraverso il consumo, l’aspirazione e il desiderio di consumare. Ma come si può lottare contro un desiderio ?”. Secondo Juan Carlos la risposta in fin dei conti è semplice: offrire un nuovo desiderio o, per meglio dire, un’offerta politica e sociale che non si basa unicamente in un cambiamento radicale delle cose ma in strategia in grado di produrre una narrazione realmente alternativa con cui identificarsi. Non stiamo parlando di tagli allo stipendio, raccolta di scontrini, o primarie online; ma qualcosa di meno pratico nell’immediato, in una visione a lungo termine: ottenere un’egemonia politica che non si basa unicamente attraverso la delegittimazione e sconfitta dell’avversario, ma nel superamento totale di esso. L’ispirazione principale ? secondo Monedero l’America Latina, e in particolare la figura di Hugo Chavez.

Un leader politico che secondo Monedero ha saputo unire i popoli del Sud America offrendo loro una narrazione emotiva con cui identificarsi. Una base, le fondamenta sui cui costruire il proprio futuro. A questo aspira Podemos. Monedero continua a parlare, non si ferma mai, si alza in piedi, gesticola e coinvolge il pubblico. Le due ore passano veloci, tutto il discorso ha un unico filo conduttore: la critica al neo-liberismo. Secondo Monedero la vera forza del neoliberismo consiste nell’indebolire le persone attraverso la paura. In particolare sono tre le cose che generano paura e rassegnazione: 1) costruire il mondo come un supermercato – tutto è diventato merce, tutto si compra e tutto si vende; 2) il precariato del lavoro, “un piccolo errore e se fuori”; 3) la competizione continua che genera stress e indebolimento fisico e psicologico. Quello che si capisce dalle parole di Monedero è che oggi in Spagna sta nascendo qualcosa di diverso, in un certo senso rivoluzionario, dove il cambiamento non si basa unicamente sul superamento dei concetti di destra e sinistra, ma sulla costruzione di una narrazione emotiva – come più volte sottolinea Monedero – sui cui basare poi un offerta politica in grado di coinvolgere quella cosiddetta “maggioranza silenziosa”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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22/06/2015

 

Monedero, fondatore di Podemos:

Il capitalismo finanziario ha fatto danni sia a destra che a sinistra. Con tutte le vittime faremo la rivoluzione

di Francesca Morandi

 

"Abbiamo capito che non serviva più parlare di destra o sinistra come insegna l’America Latina. E studiamo anche il Movimento Cinque Stelle”

 

Non alla destra né alla sinistra ma è alla “maggioranza silenziosa”, quella massa di cittadini solitamente indifferenti e inclini a tacere perfino di fronte alle dittature, come sosteneva Antonio Gramsci, che si è rivolto “Podemos”, il movimento spagnolo nato “dal basso” sull’onda delle proteste degli Indignados contro corruzione e politiche di austerità. Ed è questa una delle ragioni del successo del partito “Possiamo” in italiano, fondato nel gennaio del 2014 da un gruppo di intellettuali di sinistra, che, in meno di due anni, è riuscito a rompere il vecchio bipartitismo spagnolo, e oggi, dopo aver vinto le elezioni in città come Barcellona e Madrid, potrebbe diventare il primo partito in Spagna.

 

A spiegare il fenomeno politico di “Podemos” è stato uno dei suoi fondatori e ideologi, Juan Carlos Monedero che venerdì scorso ha presentato il suo libro “Corso urgente di politica per gente decente” (ed. Feltrinelli) presso la Fondazione Feltrinelli di Milano. 

 

In due ore di conversazione sulla nascita di “Podemos”, “nato dalla consapevolezza della crisi della sinistra europea”, ma anche dallo “studio di altri movimenti europei, incluso il Movimento Cinque Stelle” e “soprattutto guardando alle esperienze in America Latina”, Monedero ha raccontato come il successo del partito sia dovuto innanzitutto alla “buona diagnosi che siamo riusciti a fare su ciò che stava accadendo in Spagna”.

 

Di fronte alle “pressioni della troika (Fmi, Bce e Commissione Ue, ndr) sui partiti spagnoli per una ristrutturazione del debito contro la nostra Costituzione”, alla “crisi della sinistra europea, anche italiana” e al “disorientamento dei sindacati”, ha spiegato Monedero, “abbiamo capito che era necessario un ricambio totale” della classe politica spagnola.  “I partiti tradizionali, di destra e sinistra, avevano smesso di funzionare, ma ciononostante continuavano a sostenere che non c’era loro alternativa - ha aggiunto Monedero, professore di Scienze politiche presso l’Università Complutense di Madrid, come il leader di “Podemos”, Pablo Inglesias -. Abbiamo abbandonato i vecchi riferimenti e iconografie, abbiamo usato un linguaggio nuovo, e soprattuttto abbiamo capito che non serviva più a nulla parlare di destra o sinistra. In questo ci ha aiutato molto guardare alle esperienze dell’America Latina, dove la rivoluzione l’hanno fatta i poveri perché il proletariato non esisteva. Le rivoluzioni bisogna farle con la gente del posto”.

 

“Abbiamo capito – ha evidenziato Monedero - che era necessario creare una maggioranza e imparare dagli errori della sinistra tradizionale, a partire da difetti teorici come la statalizzazione dei mezzi di produzione”, “una gestione paternalistica del sistema” oppure “principi per cui la classe operaia dovesse collocarsi in un unico partito o che la giustizia è più importante della libertà, tutti fattori che hanno portato anche a pessime cose, e a un'esclusione di parte della cittadinanza” dai processi politici. Citando più volte Gramsci, Monedero ha sottolineato come i fondatori di “Podemos” avessero compreso che la gran parte degli spagnoli faceva parte di quella “maggioranza silenziosa di cui parlava Gramsci” ed era necessario “operare cambiamenti sia nella coscienza collettiva della società sia negli strumenti, in quel momento spuntati, della sinistra”, perché “la democrazia è tale solo se i cittadini sono attivi. Ma non solo quelli di sinistra, tutti i cittadini”. 

 

“Abbiamo usato molto le emozioni perché, prima di ogni pensiero c’è un’emozione - ha detto ancora Monedero -. Abbiamo capito che dovevamo essere generosi, perché c’è gente che non vuole farsi chiamare di sinistra, ma che rientra in uno spazio di sinistra che abbiamo cercato di ricostruire. Con gli Indignados la gente è tornata a parlare di politica e tutto quel dialogo di politica andava scaldato in un enorme calderone”.  

 

 “Dall’America Latina abbiamo imparato che il modello neo-liberale ha prodotto danni trasversali, sia a destra sia a sinistra, e quindi era necessario parlare all’intera cittadinanza, senza però snaturare i nostri obiettivi”, ha detto ancora l’intellettuale spagnolo individuando nei movimenti sociali l’unica alternativa al modello neo-liberale. Ricordando una vignetta pubblicata dopo la vittoria elettorale di “Podemos” alle elezioni europee del maggio del 2014, che citava: “I giovani sono scesi in piazza e improvvisamente tutti i partiti sono invecchiati”, Monedero ha rimproverato alla sinistra “l’errore di una continua frammentazione per tutto il XX secolo”, mentre “oggi contro il consumismo è necessario offrire alla gente, tutta, un’emozione superiore” e studiare “nuovi strumenti di democrazia”.  

 

“Il capitalismo finanziario, il modello neo-liberale hanno fatto vittime trasversali. Il consumismo ha mercificato tutto: il lavoro, l’istruzione, l’amore e perfino noi, le persone – ha concluso Monedero –. E’ un sistema che crea paura, in quanto tutto è misurato in base alla reddittività, a quanto si produce reddito, ricchezza. Allora, se non si ha un lavoro, è la persona a essere “colpevolizzata”, perché non è in grado di produrre. Nelle società neo-liberali più avanzate si sopravvive con l’uso di droghe, ansiolitici, anti-depressivi, perché individualismo e competizione creano isolamento e sfaldano le relazioni sociali. Solidarietà e bene comune non sono valori primi in questo sistema. Anche quando siamo soli, abbiamo paura perché questo sistema ci disconnette anche da noi stessi. Bisogna ripartire “dal basso”, da tutte queste vittime trasversali, e come diceva Gramsci: ‘Bisogna opporre al pessimismo dell’intelligenza l’ottimismo della volontà’ ”.