Originale: Aljazeera

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20 novembre 2015

 

La dichiarazione d’indipendenza della Catalogna

di Belen Fernandez

collaboratrice di Jacobin Magazine

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

“Stanno cercando di liquidare l’unità di una nazione con più di cinque secoli di storia.”

Questa drammatica proclamazione è stata fatta dal Primo Ministro spagnolo di destra, Mariano Rajoy, furioso per la risoluzione  appena approvata dal parlamento della Catalogna delega  quella  regione ad  andare avanti con le preparazioni di secessione dalla Spagna.

Con una popolazione di più di 7 milioni, la Catalogna costituisce approssimativamente un quinto della produzione  economica della Spagna.

Naturalmente, data la lunga storia di repressione dell’identità catalana e del nazionalismo, l’intera  faccenda  della “unità” è piuttosto ipocrita.  Come mi ha ricordato in una email l’economista Daniel Raventos, lettore all’Università di Barcellona,  la venerazione costituzionale della “indivisibile unità della nazione spagnola” è di fatto una reliquia dell’epoca di Francisco Franco.

Tra le molte rivendicazioni  alla notorietà, l’ex dittatore aveva messo fuorilegge la lingua catalana e anche e l’uso dei nomi catalani, così come la danza nazionale catalana e altre abitudini.

Nel frattempo, se vogliamo parlare di liquidare le cose, è senza dubbio di aiuto menzionare gli indiscriminati  tagli  dell’occupazione  in Spagna  in seguito alla crisi finanziaria che ha visto la disoccupazione giovanile crescere fino a quasi il 60%.

I tagli dell’austerità pervasiva e i frenetici sfratti dalle abitazioni hanno contribuito a una situazione in cui un numero sempre maggiore di spagnoli ha optato per l’auto-liquidazione, cioè il suicidio.

Data la gestione sociopatica della crisi  fatta dal governo spagnolo, che alcuni potrebbero considerare come un’effettiva liquidazione della sua legittimità a presiedere sulla “indivisibile” nazione spagnola, forse  non ci si deve meravigliare che la faccenda abbia contribuito a rinvigorire le aspirazioni secessioniste in Catalogna.

La democrazia per chi?

Secondo una votazione informale tenutasi nel novembre 2014, l’80% degli elettori erano a favore dell’indipendenza. Malgrado lo schiacciante appoggio regionale al referendum sul quell’argomento, il governo centrale mantenne la sua posizione di partito guastafeste – e, ora che il parlamento catalano è andato avanti con la sua richiesta di indipendenza Rajoy ha accusato i nazionalisti di “tentare di eliminare la democrazia”.

Sicuramente nulla esprime meglio   la “democrazia” come il rifiuto di consultare gli abitanti di un territorio circa le loro preferenze politiche.

Dopo la decisione parlamentare, Rajoy si è affrettato chiedere alla Corte Costituzionale della Spagna di bloccare la richiesta di secessione. La Corte con sede a Madrid ha immediatamente assecondato Rajoy, emettendo un avviso ai funzionari catalani che avrebbero potuto essere perseguiti legalmente per “disobbedienza” se avessero continuato con il loro schema.

La considerazione della Corte Costituzionale per la lamentela del governo spagnolo si suppone che comporti una sospensione automatica della dichiarazione catalana mentre si svolgono le udienze. Il problema è che, tuttavia, la dichiarazione stessa contiene una promessa di ignorare le decisioni della corte.

Un recente articolo sul sito web della BBC in lingua spagnola, BBC Mundo, specifica che la Costituzione spagnola permetterebbe che le forze per la sicurezza dello stato vengano usate per mettere sotto controllo i Catalani o per l’annuncio di uno stato di eccezione o di assedio. Queste opzioni,  sottolinea   l’articolo, sarebbero chiaramente l’ultima possibilità.

Ma, come mi ha fatto osservare Raventos: “Il problema catalano” (come dicono a Madrid) non verrà risolto fino a quando non sarà riconosciuto il diritto all’autodeterminazione.”

Verso l’indipendenza

Indipendentemente da come  si concluderà l’attuale scenario, il furore anti-indipendenza che è stato pubblicamente   alimentato  da molti dei politici della Spagna, fornisce una comoda distrazione da altri problemi che potrebbero essere di maggiore interesse obiettivo per tutta la popolazione, particolarmente nel periodo precedente alle elezioni nazionali del mese prossimo. Tali problemi vanno dalla disoccupazione persistente alla corruzione del governo.

Nessuno di questi implica, ovviamente, che i nazionalisti catalani siano universalmente nobili nelle loro motivazioni o manovre.

Per esempio, nel suo libro Politics in a Time of Crisis [La politica in tempo di crisi], Pablo Iglesias – segretario generale del partito spagnolo di sinistra, Podemos – scrive riguardo ad alcune delle attività del governo catalano sotto Artur Mas, favorevole all’indipendenza, mentre i normali cittadini sono stati i più danneggiati   dalla crisi finanziaria: il governo regionale “ha tagliato l’aliquota fiscale  dei casinò dal 55 al 10%, in modo da fornire copertura legale per uno schema aberrante denominato Barcelona World, un complesso destinato al gioco d’azzardo” nella città di Tarragona.

Dato che  Mas cerca ora di reintegrarsi come presidente regionale, la pubblicazione spagnola in lingua inglese The Local, osserva che il partito anti-capitalista CUP (Candidatura di Unità popolare) ha rifiutato di appoggiarlo, chiedendo invece un candidato indipendente non contaminato dalla corruzione e dai tagli per l’austerità per portare la Catalogna verso l’indipendenza”.

Concludendo, la Catalogna ha tutti i diritti alla secessione e allo status di nazione indipendente. Quello che però il mondo potrebbe realmente usare sono altre secessioni dall’ordine neoliberale; altrimenti la “indipendenza” manterrà la sua condizione di parola priva di significato.

 


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

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Fonte: http://zcomm.org/znetarticle/catalonias-declaration-of-independence