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10 ottobre 2015

 

Siglato il TPP e tra poco tocca a noi

di Andrea Muratore

 

Tra poco potrebbe toccare anche a noi. Come il TPP, anche il TTIP è oggetto del più assoluto mistero e viene costantemente ignorato da buona parte della stampa e del giornalismo nostrani.

 

Alla fine, Obama potrà sbandierare almeno un successo nella sua politica estera ondivaga e spesso incoerente. E si tratta del più agognato dei successi, perlomeno per la reale versione del sedicente paladino dei diritti dei popoli e della democrazia, e di converso per il mastodontico apparato lobbystico che lo supporta: lunedì 5 ottobre i rappresentanti del governo degli Stati Uniti, di quello giapponese e di altre otto nazioni che si affacciano sull’Oceano Pacifico (Canada, Messico, Cile, Perù, Australia, Nuova Zelanda, Malesia, Vietnam e Brunei) hanno firmato e ratificato il Partnerato Trans-Pacifico (Trans Pacific Partnership, TPP), a conclusione di una lunghissima e serratissima trattativa dai connotati in gran parte oscura e ignota ai più. Nei fatti, è stata instaurata l’area di libero commercio più vasta del globo, che avvolge le due sponde del più grande oceano del pianeta e estende a occidente la partnership commerciale tra Canada, USA e Messico avviata vent’anni fa con la ratifica del trattato NAFTA. Se nei termini dell’intesa raggiunta vi sono inclusi vagheggiati standard in termini di diritti del lavoro e di rispetto ambientale nei meccanismi produttivi, le conseguenze della stessa travalicano ampiamente tutto ciò: col TPP viene meno ogni barriera – tariffaria e regolamentare – al libero commercio e alla libertà degli investimenti. Conseguentemente a questa impostazione, ogni norma che pone vincoli a commercio ed investimenti è da considerarsi illegale. A tutela dello strapotere delle multinazionali, il TPP affida la risoluzione delle controversie alle cosiddette Investor-State Settlement, tribunali arbitrali sovrannazionali che dovranno giudicare eventuali dispute tra Stati e imprese in caso le seconde facessero causa alle prime per ostacoli alla libera attività d’investimento. A commento del nuovo istituto sono d’impatto le parole di Paolo Ferrero, riportate in un suo recente intervento sul “Fatto Quotidiano”:

“Questa costruzione giuridica produce una mostruosità destinata ad imprigionare ogni democrazia. E’ infatti evidente che ogni scelta statale che ponga limiti alla volontà e agli interessi delle multinazionali potrà essere impugnata e dichiarata illegale e quindi cancellata. Che uno Stato decida che l’acqua deve essere pubblica è una scelta che cozza contro la libertà di investimento delle imprese. Che uno Stato decida che non si possono coltivare organismi OGM sul suo territorio è una scelta che cozza contro la libertà di investimento delle imprese. Che uno Stato decida di non estrarre il petrolio da una determinata area è una scelta che cozza contro al libertà di investimento delle imprese. Con questa logica, che uno Stato decida di mantenere un Sistema Sanitario Nazionale pubblico è una scelta che cozza contro la libertà di investimento delle imprese.” Altrettanto impressionanti potranno essere le conseguenze della normativa che concerne diritti di proprietà intellettuale e brevetti, aprendo la strada all’egemonia in questi campi da parte delle multinazionali stesse. Dai libri ai farmaci, le nazioni aderenti dovranno comprare a prezzi maggiorati e a loro svantaggiosi la possibilità di produrre qualsiasi cosa, con effetti distorcenti se non addirittura nefasti per le vite di milioni di persone.

Il TPP è stato approvato dopo il superamento dello scoglio finale della votazione al Senato USA. Non sembra sicuramente una coincidenza il fatto che tale via libera sia stato dato in un momento di asfissia preoccupante per la politica estera USA, che rischiava di restare sospesa in un deprimente Limbo. Esso è inoltre un forte strumento di pressione nei confronti della Cina proprio nello scenario in cui essa ambisce con maggior preponderanza a crearsi adeguati spazi di manovra: il TPP e il TTIP costituirebbero, nei piani degli strateghi di Washington, gli strumenti per rompere la debolezza tattica che il blocco filoamericano sta vivendo dopo l’impetuosa ascesa dei paesi del gruppo BRIC a potenze globali (Russia e Cina) o quasi, e alla loro associazione economica (assieme al Sudafrica), nella Nuova Banca di Sviluppo, ultima e pericolosissima minaccia per l’annosa egemonia economica neoliberale. E proprio il tentativo di conservare questa egemonia ha spinto i senatori USA a unire la nazione al blocco dei paesi firmatari, a concludere il TPP. Poche voci si sono levate contro l’accordo; i negoziatori hanno avuto un’abilità incredibile nel tenere celate le serrate sessioni di trattative e di presentare al mondo l’accordo come fatto compiuto, prendendo totalmente in contropiede le associazioni che lo avversavano. Il TPP rappresenta perciò l’ultimo ruggito del leone, l’estremo tentativo dell’élite tradizionale di conservare la sua posizione di prestigio e di difendere il suo pericolante dominio. Oscuro in molti suoi passaggi, ignoto nella sua completezza (il testo che lo compone pare superi le 1500 pagine, delle quali pochi stralci sono stati resi pubblici), è il perfetto analogo del TTIP, il gemello atlantico del TPP, per la cui conclusione hanno decisamente premuto negli ultimi mesi numerosi dei genuflessi governi europei, tra cui l’eccellente in tal senso esecutivo di Matteo Renzi, sempre primo nella servile adulazione dello Zio Sam. La rottamazione della democrazia e dei diritti dei popoli cui rischiano di andare incontro i popoli del Pacifico rischia di diventare la dura realtà per l’Europa.

Tra poco potrebbe toccare anche a noi. Come il TPP, anche il TTIP è oggetto del più assoluto mistero e viene costantemente ignorato da buona parte della stampa e del giornalismo nostrani. Ordini di scuderia e assenza di notizie impediscono un dibattito pubblico su una questione vitale per la vita e il futuro di centinaia di milioni di persone. Tuttavia, gli europei non si sono fatti trovare impreparati e, nonostante tutte le cortine di fumo, sono state organizzate numerose azioni di protesta e intraprese numerose campagne di sensibilizzazione, delle quali merita enorme considerazione l’ultima, oltremodo attuale. Oggi, 10 ottobre 2015, cade infatti la “Giornata Europea contro il TTIP” indetta da un movimento che si lotta per la cessazione di ogni trattativa che lo riguardi (avendo raccolto a proposito oltre 3 milioni di firme), e che ha organizzato decine di manifestazioni e marce di protesta per la settimana a venire. A loro va un grande plauso, sebbene sia necessario prendere coscienza del fatto che senza un’informazione costante e continua sulla questione tale patrimonio di coscienza civica rischia di venir sprecato, consegnando anche l’Europa all’assoluta dominazione da parte del Mercato, divinità onnipotente e crudele con chi non accetta le sue inique regole.

 

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