Originale: TeleSUR English

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11 marzo 2015

 

Gli Stati Uniti si preparano a un’aggressione militare contro il Venezuela

di Atilio Boron

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

La storia mostra che quando gli Stati Uniti denunciano un pese, è spesso un pretesto per un intervento e per un cambiamento di regime.

Barack Obama, una figura ornamentale nella Casa Bianca, che non è stato capace di impedire a un pazzo come Benjamin Netanyahu di rivolgersi  a entrambe le Camere del Congresso per sabotare i colloqui con l’Iran sul programma nucleare di quel paese, ha ricevuto un severo ordine dal “complesso militare-industriale-finanziario” del paese: deve creare le condizioni per giustificare un’aggressione militare contro la Repubblica Bolivariana del Venezuela.

L’ordine presidenziale, emesso poche ore fa, e trasmesso dall’ufficio stampa  della Casa Bianca, stabilisce che il paese di Bolivar e di Chavez è una “minaccia insolita e straordinaria per la sicurezza nazionale e per la politica estera degli Stati Uniti,” e dichiara una “emergenza nazionale”  per occuparsi di quella minaccia.

Questo tipo di dichiarazione tende a precedere le aggressioni militari, o per mano propria, come è accaduto nel caso della sanguinosa invasione di Panama per destituire Manuel Noriega, nel 1989, e anche nel caso della dichiarazione rilasciata in relazione al Sudest Asiatico che è culminata nella guerra di Indocina, specialmente in Vietnam, iniziata nel 1964. Può, però, essere anche il preludio a operazioni militari di un genere diverso, in cui gli Stati Uniti agiscono congiuntamente con i loro leccapiedi europei, raggruppati nella NATO, e con le teocrazie del petrolio nella regione.

Per esempio: la prima Guerra del Golfo nel 1991; oppure la Guerra dell’Iraq del 2003-2011,con l’entusiasta collaborazione di Tony Blair della Gran Bretagna e dell’impresentabile Jose Maria Aznar, della Spagna; oppure il caso della Libia, nel 2011, costruita sulla farsa messa in scena a Bengasi dove i cosiddetti “combattenti della libertà” che  in seguito è venuto fuori che erano mercenari reclutati da Washington, Londra e Parigi – sono stati “assunti” per rovesciare Gheddafi e trasferire  ai suoi padroni il controllo delle ricchezze petrolifere del paese.

Casi più recenti sono quelli della Siria e, specialmente, dell’Ucraina, dove il tanto desiderato “cambiamento di regime”  (un eufemismo per evitare di parlare di colpo di stato) che Washington persegue incessantemente per ridisegnare il mondo – soprattutto in America Latina e nei Caraibi – a sua immagine e somiglianza, è stato ottenuto grazie alla preziosissima collaborazione dell’Unione Europea e della NATO, e le cui conseguenza è stato un bagno di sangue che continua oggi in Ucraina.

La signorina Victoria Nuland, vice Segretario di Stato per gli affari europei ed euroasiatici, è stata inviata nella Piazza Maidan di Kiev dal Premio Nobel per la Pace nel 2009 (altrimenti detto Obama) per esprimere la sua solidarietà con i dimostranti, compresa la banda di neo-nazisti che in seguito avrebbero preso il potere con un assalto, con sangue e fuoco, e ai quali la benevola funzionaria offriva pane e bottiglie d’acqua per estinguere la loro sete e per dimostrare, con un gesto così affettuoso, che Washington era, come sempre, dalla parte della libertà, dei diritti umani e della democrazia.

Quando uno “stato canaglia” come gli Stati Uniti – e lo è a causa delle sue sistematiche violazioni della legge internazionale – proclama una minaccia come quella che stiamo commentando, deve essere preso molto sul serio, specialmente se si ricorda il persistere di una vecchia tradizione  politica statunitense che consiste nell’eseguire delle mosse “brillanti” che servono come pretesto per giustificare la sua immediata risposta militare.

Hanno fatto così nel 1898, quando ha fatto esplodere nel porto dell’Avana l’incrociatore Maine, mandando nella tomba due terzi dell’equipaggio, e provocando l’indignazione dell’opinione pubblica nord  americana che ha spinse Washington a dichiarare guerra alla Spagna. Lo hanno fatto di nuovo a Pearl Harbour (Hawaii), nel dicembre 1941, sacrificando 2.403 marines e ferendone altri 1.178 con quella infame

manovra. Lo hanno fatto di nuovo nell’incidente del Golfo del Tonchino per “vendere” la sua guerra all’Indonesia: la presunta aggressione contro due cacciatorpediniere statunitensi – in seguito smascherata come operazione della CIA – che ha fatto sì che il presidente Lyndon B. Johnson dichiarasse un’emergenza nazionale, e poco dopo, la  guerra contro il Vietnam del Nord. Anche Maurice Bishop, nella piccola isola di Grenada , nel 1983 era stato considerato una minaccia alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti, ed è stato deposto e liquidato da un’invasione di Marines statunitensi. E il sospetto attacco dell’11 settembre per dare il via alla “Guerra al terrorismo”? La storia potrebbe allungarsi all’infinito.

Conclusione: nessuno potrebbe essere sorpreso se, nelle prossime ore o giorni, Obama autorizzasse un’operazione segreta della CIA o di qualche altro servizio di intelligence, o forse  delle le forze armate stesse, contro qualche obiettivo statunitense sensibile in Venezuela, per esempio l’’ambasciata a Caracas.  O se cominciasse qualche altra subdola operazione contro civili innocenti in Venezuela – come nel caso degli “attentati terroristici” che hanno scosso l’Italia: l’assassinio di Aldo Moro nel 1978, o la bomba alla stazione ferroviaria di Bologna nel 1980 – per creare panico e giustificare la reazione dell’Impero al “ripristino dei diritti umani, della democrazia e delle pubbliche libertà. Anni dopo si è scoperto che questi crimini erano stati commessi dalla CIA.

Ricordate che Washington ha dato vita al colpo di stato del 2002 in Venezuela, forse perché voleva assicurarsi la fornitura di petrolio prima di attaccare l’Iraq. Ora sta per impegnarsi in una guerra su due fronti: Siria/Stato Islamico e Russia e vuole anche assicurarsi una retroguardia di energia. Grave. Molto grave. Tutto questo richiede l’attiva e immediata solidarietà dei governi sudamericani, in modo individuale e tramite l’UNASUR (Unione delle Nazioni Sudamericane) e il CELAC (Comunità di stati Latino-Americani e dei Caraibi), e le organizzazioni popolari e le forze politiche nelle nostre Americhe per denunciare e fermare questa manovra.

 

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

Fonte: http://zcomm.org/znet/article/us-preparing-for-military-aggression-on-venezuela

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