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17 aprile 2015

 

Il nichlismo neoliberale e la politica del suicidio-omicidio di massa

di Jérôme Roos

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

Come  Bifo fa notare nel suo libro più recente, l’omicidio di molte persone causato dal suicidio di una sola  “non è più un fenomeno marginale di psicopatologia isolata, ma sta diventano un agente importante della storia politica del nostro tempo.”

Quando sono ritrovate  le registrazioni della scatola nera della cabina di pilotaggio del volo 9525 della German Wings e il mondo ha saputo per la prima volta che l’aereo era stato fatto  schiantare deliberatamente su una parete di una montagna nelle Alpi francesi dal copilota suicida, le prime domande sollevate dai giornalisti durante la conferenza stampa tenuta dagli investigatori, riguardavano la religione e l’appartenenza  etnica di quest’ultimo. Quando si è saputo che il copilota, Andreas Lübitz, era un normale maschio bianco tedesco di 27 anni sena nessuna connessione terrorista, la stampa internazionale ha rapidamente perduto interesse per l’aspetto politico della storia.

Invece, nei giorni successivi, i racconti sui media sono stati presto depoliticizzati dato che l’attenzione si è spostata sul contesto psicologico di  Lübitz , sulle sua situazione di rapporti, sui suoi certificati  medici strappati, sulle sue lotte di lunga data con la depressione, e – forse più significativamente,  sulla sua storia della ricerca dei sistemi di sicurezza della porta della cabina di pilotaggio. Tra infinite ipotesi sui motivi che erano dietro a questo incomprensibile atto orripilante, un numero notevolmente scarso di commentatori è riuscito a stabilire il legame politico molto più ovvio tra la disperata decisione di Lübitz di far schiantare l’aeroplano e il crescente fenomeno di massacri sul posto di lavoro, di sparatorie nelle scuole e di altre forme di suicidio omicida nella società contemporanea.

E’ particolarmente indicativo che i leader europei abbiano scelto di minimizzare il massacro considerandolo una specie di incidente orribile e inspiegabile. Angela Merkel ha definito lo schianto una “catastrofe” e ha affermato che “questa notizia mi colpisce [e] va al di là di quanto si possa immaginare.” Il contrasto con i commenti al massacro di Charlie Hebdo che lei ha chiamato “un barbaro attacco contro tutti i valori che condividiamo” – non potrebbe essere stato più chiaro. Nel caso del massacro tedesco sia l’azione  di chi la ha perpetrato che il contesto in cui ha agito sono stati deliberatamente messi in  secondo piano.

Nel corso di questo processo di depoliticizzazione, la psicopatologia individuale di un pilota tedesco ansioso e depresso ha finito per oscurare completamente la psicopatologia collettiva della società sempre più ansiosa e depressa dalla quale evidentemente egli  cercava di scappare. Naturalmente l’atto orribile di Lübitz non è stato esplicitamente politico nel senso in cui lo sono stati i dirottamenti aerei dell’11 settembre; ci sbaglieremmo comunque molto se separassimo la sua decisione di far schiantare l’aereo dal più ampio contesto in cui lo ha fatto e tale contesto è altamente politico.

In effetti, lo schianto dell’aereo della German Wings, non è stato soltanto un incidente aereo, è stato ancora un altro atto suicidio che ha provocato la morte di molte persone, compiuto da un giovane uomo disturbato,  nel suo posto di lavoro. Come scrive il teorico italiano ‘Bifo’Berardi nel suo libro più recente: Heroes: Mass Murder and Suicide [Omicidi di massa e suicidi], questo fenomeno che aumenta sempre di più, non può essere più liquidato come un evento eccezionale: rivela, invece, qualcosa di profondamente sconvolgente sul “regno del nichilismo e sulla spinta al suicidio che permea la cultura attuale, insieme alla fenomenologia del panico, dell’aggressione e della conseguente violenza.”

Bifo scrive che si interessa “delle persone che soffrono a causa di se stesse  e diventano criminali perché questo è il loro modo di esprimere il loro bisogno psicopatico di pubblicità e anche di trovare un’uscita suicida dall’inferno attuale.” Bifo considera queste persone “come gli eroi di un’epoca di nichilismo e di stupidità spettacolare: l’epoca del capitalismo finanziario.” Visto in questa luce, il metodo di Lübitz – di far schiantare deliberatamente un aeroplano e di uccidere 149 passeggeri e l’equipaggio a  bordo- è stato forse insolito per la sua intensità, ma la “forma” dell’atto non ci dovrebbe distrarre dalla sottostante analogia con stragi  sempre più frequenti da parte di lavoratori scontenti o di giovani uomini alienati.

Decisamente, Bifo ,osserva che “è possibile scoprire nelle azioni di molti assassini di massa contemporanei, un’intenzione spettacolare che ha qualcosa a che fare con la promessa di Warhol: “in futuro ognuno sarà famoso nel mondo per 15 minuti.’ Cioè, ha a che fare ha bisogno di essere visto alla televisione come sola prova della sua esistenza.”  L’atto di Lübitz  sembra aderire strettamente  a questo modello. Sembra che abbia detto alla sua ex fidanzata che “un giorno farò qualcosa che cambierà l’intero sistema, e ognuno conoscerà il mio nome e ricorderà.”

Questo forte desideri di identificazione che trova la sua espressione patologica più distruttiva nel caso di uccisioni dii massa come quella di Lübitz. si è  molto intensificato nei decenni  recenti,  come conseguenza della quasi completa erosione dei legami di comunità e delle reti di protezione sociale. Il processo duale sfrenato  di globalizzazione e di finanzializzazione stanno totalmente deterritorializzando       l’economia e sottomettendo tutte le relazioni sociali e le motivazioni individuali all’unica logica onnicomprensiva del mercato. Come dice  Bifo, “la nostra intera vita precaria è sottomessa questa unico imperativo: competizione. Tutte le nostre energie collettive sono “reclutate”  a un solo scopo: combattere contro tutti gli altri allo scopo di sopravvivere.”

Mentre in generale non pensiamo a professionisti altamente  addestrati  come i piloti di voli commerciali come a lavoratori impiegati  in modo precario, i piloti giovani –specialmente quelli che lavorano per linee aeree  a basso costo  come la German Wings – non sono affatto immuni dalla profonda insicurezza e dalle pressioni estremamente competitive dei mercati del lavoro contemporanei. Scrivendo sul Guardian, un pilota di voli passeggeri riferisce che “Oltre alla fatica, i piloti più giovani mi hanno parlato di un tipo diverso di tensione insidiosa mentre lavorano per le linee aeree a basso costo : la paura di perdere il primo impiego in aviazione come pilota commerciale se non riesce  a rendere all’altezza  delle aspettative dell’amministrazione. Il pilota  continua:

“Questa paura, spesso circonda  i contratti a zero ore e i  50.000 euro o più in media del debito per l’addestramento che un primo ufficiale potrebbe  avere  quando lui/lei   esce da un simulatore di volo e si siede nel sedile di destra di un Boeing 737 o di un Airbus A310.

Più di uno su sei piloti d’Europa  sono ora impiegati tramite un’agenzia per lavori temporanei, sono lavoratori autonomi o lavorano con contratti a zero ore senza alcuna paga garantita. Come un pilota una volta mi ha fatto notare: “C’è una lunga fila di giovani piloti disperati che cercano un primo gradino sulla scala della carriera e che sono felici di prendere il mio posto. Se non mi faccio vedere al lavoro per un giorno, potrei non essere più chiamato di nuovo.”

Le prove sembrano far pensare che  Lübitz – che già soffriva di gravi problemi mentali e che probabilmente aveva un’autostima estremamente bassa, risentisse  particolarmente di questo clima  stressante e incerto di iper-competitività. Oltre a questi problemi psicologici, soffriva anche di problemi di vista (probabilmente collegati), e aveva ripetutamente considerato di prendere un congedo per malattia     , ottenendo anche certificati  dal dottore che lo esoneravano dai suoi doveri – ma li ha stracciati, forse perché aveva paura delle conseguenze di questa assenza per le sue prospettive di carriera.

In un’intervista al tabloid  Bild, l’ex-fidanzata di  Lübitz  ha suggerito che, se ha fatto realmente schiantare l’aereo come atto deliberato di suicidio omicida è stato “perché ha capito che, con i suoi problemi di salute, il suo grande sogno di un lavoro alla Lufthnsa come capitano e come pilota su grande distanza era praticamente impossibile.” Non soltanto era ansioso e depresso, era anche sempre più scontento.    ‘Semplicemente’ uccidersi non gli bastava più. Far precipitare 149 passeggeri innocenti e l’equipaggio poteva essere considerato come un atto finale di vendetta per tutti gli affronti  di cui aveva sofferto – una cosa non dissimile dalle sparatorie  scatenate  della Scuola Superiore di Columbine o delle scuole Jokela e Kauhajoki in Finlandia.

Un preminente psicologo forense,  il dottor J. Reid Melow, ha osservato che la sola caratteristica comune che ritorna in quasi ogni atto di uccisione di massa, è proprio questo senso di trattamento indegno provato dal perpetratore., “Ciò che è diventato chiaro negli scorsi 30 anni di ricerca,” ha detto di recente al New York Times, è che c’è praticamente sempre  una lamentela   personale che avvierà  una persona sulla strada dell’ omicidio di massa.” Un altro psicologo, il dottor Hatters Friedman, ha chiarito che “ciò che continua a emergere [nei casi di suicidio  di piloti] sono tensioni in famiglia, tensioni al lavoro, tensioni di tipo finanziario.”

Quando viene spinta agli estremi e quando le si impongono i “mondi della vita” di centinaia di milioni di persone, questa soggettività ansiosa e scontenta, di tensione permanente e di iper-competitività è destinata, a un certo punto, a produrre dei mostri – almeno tra una piccola sotto-sezione mentalmente vulnerabile della popolazione totale. In un commento sul massacro del volo della German Wings, Bifo scrive che per questo  gruppo particolarmente sensibile di persone (spesso uomini giovani), “il decretare di essere un  vincitore, paragonato con la consapevolezza che vincere è impossibile, significa che l’unico modo per vincere (almeno per il momento) è di distruggere la vita degli altri e poi di suicidarsi.”

Tuttavia, come osserva Bifo nel suo libro Heroes, “l’omicida che uccide molte persone in una volta, è soltanto una  manifestazione eccezionale di una tendenza generale in questa mutazione della mente umana.” Quello che è stato stabilito al livello della psiche collettiva negli scorsi 30 anni è “una forma suicida della volontà neoliberale di vincere”: una spinta sfrenata verso una necessità sempre più grande di riaffermare noi stessi per mezzo di atti auto-distruttivi. Coloro che si ipotizza siano “riusciti” diventano assolutamente stakanovisti;  i “normali” sono soggetti a tensione inarrestabile e a dubitare di loro stessi;  e i “perdenti” diventano dipendenti da anti-depressivi e da sonniferi, o da sistematico abuso di droghe come forma di auto-cura. I più deboli, nel modo più tragico, si spengono  tranquillamente da soli.

Quello che il mondo sta sperimentando adesso è una reale “epidemia di infelicità.” Secondo l’Organizzazione Mondiale per la Sanità (OMS) i tassi di suicidio sono aumentati del 60% fin dal 1970. Mentre il neoliberalismo diffonde il suo credo nichilistico di competizione e il suo culto narcisistico dell’individuo, mentre  la globalizzazione, la finanzializzazione e l’informatizzazione minano gradualmente

i nostri legami di comunità, le nostre reti si sicurezza sociale e le nostre interazioni umane di tutti i giorni – aumenta molto il rischio di violenti imprevedibili contraccolpi e l’incidenza di atti di suicidio-assassinio è soltanto probabile che si intensifichi ulteriormente.

A parte il suicidio di per sé, in realtà c’è soltanto un modo per uscire da questo inferno attuale. Davanti alla spinta alla morte del nichilismo neo-liberale, dobbiamo riaffermare una politica di vita. Soltanto una ripoliticizzazione coordinata del suicidio e dell’omicidio di massa può rivelare le cause sottostanti a questa epidemia (auto) distruttiva. Soltanto la costruzione di un progetto politico di emancipazione può ripristinare un senso di autonomia, di comunità e di sicurezza sociale. E soltanto una responsabilizzazione radicale dei deboli che permetta ai “falliti” della società di avere successo dove la competitività li ha ostacolati,  può evitare future tragedie come il massacro della German Wings.

In altre parole: soltanto una genuina vittoria della democrazia radicale sul capitalismo globale, può aiutarci a superare le tendenze omicide e autodistruttive esistenti nella società moderna.

 


Jérôme Roos è Dottore di ricerca in Economia Politica Internazionale all’Istituto Universitario Europeo ed è direttore e fondatore della rivista on line ROAR  Magazine. (ROAR è l’acronimo di  Reflections on a revolution – Riflessioni su una rivoluzione,n.d.t.).Seguitelo suTwitter@JeromeRoos.

 


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://zcomm.org/znet/article/neoliberal-nihilism-and-the-politics-of-mass-murder-suicide

Originale: non indicato