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lunedì 27 aprile 2015

 

Germanwings, oltre lo stigma di "pazzo": un pilota marxista commenta l’incidente

di Clash City Workers

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Sono ormai passate settimane da quando l’Airbus 320 della Germanwings è precipitato in Francia. Dopo i primi momenti di confusione, l’individuazione del responsabile si è fatta implacabile: è stato Lubitz, uno dei piloti. Aveva deciso il suicidio e ha portato scientemente con sé 150 esseri umani.

Il gesto di un “folle”, questa la risposta che ci si è dati findall’inizio. A corroborare la tesi, spiattellata su tutti i giornali e media internazionali, le visite mediche cui Lubitz si era sottoposto e che mostravano, “inequivocabilmente” il disagio mentale di cui il pilota soffriva. La ricerca delle cause dell’accaduto a questo punto si è fermata. Un “pazzo” non si può capire, i suoi gesti rimangono al di fuori di qualsiasi logica. C’è solo una cosa che si può fare: individuare chi gli ha permesso di volare, chi ha permesso ad un “pazzo” di essere al comando di un aereo. La catena di responsabilità: ecco su cosa siconcentra oggi l’attenzione.

Noi abbiamo deciso di andare oltre, abbiamo deciso di aprire uno squarcio in questa narrazione egemone. L’abbiamo fatto dando la parola ad un altro pilota. Il suo contributo, che trovate di seguito, ci sembra particolarmente utile perché getta luce sulle condizioni di lavoro di questo settore “privilegiato” della forza lavoro internazionale, perché va oltre lo stigma. Additare Lubitz come “pazzo” non ci aiuta in alcun modo a fare in modo che tragedie simili non si verifichino più in futuro. Pensare che questa “pazzia” nasca così, all’improvviso, senza ragione alcuna, non ci fa fare passi in avanti. Insieme a Swayne, il pilota di cui riportiamo la riflessione, vogliamo invece considerare la “pazzia” di Lubitz come un fenomeno sociale, nata qui, nella nostra società e ora, in questo periodo di crisi e compressione dei diritti. Senza questa contestualizzazionepotremo piangere, sbraitare, ma mai capire. E, soprattutto, non avremo alcuno strumento per trasformare le cose, per impedire che domani tutto ciò torni a ripetersi…

 

Traduzione dall’inglese a cura dei Clash City Workers 

Originale su Jacobin Mag 

 

Da settimane ormai, la tragica decisione di Andreas Lubitz di uccidere se stesso e alcune decine di altre persone a bordo del Germanwings Airbus 320 che stava pilotando, domina la copertura mediatica internazionale. Sebbene ci vorranno mesi perché venga completata l’inchiesta ufficiale, le autorità francesi hanno rapidamente iscritto il tutto nella cornice di un’indagine penale e rilasciato informazioni limitate su ciò che è accaduto.

Sappiamo che dopo che il capitano ha lasciato il posto di comando, Lubitz lo ha chiuso fuori dalla cabina e ha direzionato il velivolo verso il basso. Il capitano può essere ascoltato mentre chiede di entrare, poi il tentativo di buttare giù la porta. Lubitz tace. Gli inquirenti sostengono che Lubitz era vivo fino al momento dell’impatto, dal momento che lo si sente respirare.

Non appena è stato chiaro che non si è trattato di una tragica fatalità, ma di un consapevole e riuscito tentativo di distruggere l’aereo e i suoi passeggeri, la trama si è infittita. Perché un giovane uomo come Lubitz avrebbe dovuto fare una cosa simile?

Non è la prima volta che si è verificato un omicidio-suicidio di un pilota. Meno di due anni fa, qualcosa di quasi identico è successo sul Mozambique Airlines Flight 470. L’aereo si è schiantato nel Parco Nazionale del Bwabwata in Namibia, con tutti e ventisette i passeggeri e i sei membri dell’equipaggio rimasti uccisi. Secondo il rapporto di indagine, il capitano aveva la “chiara intenzione” di distruggere il velivolo e ha cambiato le impostazioni del pilota automatico dopo che il suo copilota rimase chiuso fuori dalla cabina di comando.

Prima di allora, nel 1997, ci fu il caso del Silk Air Flight 185, in cui il capitano direzionò l’aereo nel Musi River nel sud Sumatra, in Indonesia. Nel 1999, tutti e 217 i passeggeri dell’Egypt Air Flight 990 morirono dopo un incidente simile. Le cause di questi eventi non sono state precisate completamente, ma la teoria principale è che si è trattato di omicidi-suicidi commessi da uno dei piloti.

Più di qualsiasi altro campo, il trasporto aereo si basa sulla fiducia. I piloti si fidano del fatto che i meccanici facciano bene il proprio lavoro, si fidano degli operatori che pianificano il volo, si fidano degli controlli radar che lo monitorano, si fidano che i sistemi di controllo tengano fuori le armi dal velivolo, si fidano del fatto che il personale di bordo svolga correttamente il proprio lavoro, e si fidano della persona che siede al proprio fianco perché piloti in sicurezza l’aereo.

C’è inoltre fiducia fra passeggeri e piloti. Volare è uno dei modi più sicuri di viaggiare – statisticamente, il viaggio per raggiungere l’aeroporto è la parte più rischiosa del viaggio – ma comprensibilmente produce ancora molta ansia fra i passeggeri. Quando questa tacita fiducia nell’altro si rompe, è un cortocircuito.

 

IL TABU’ DELLA SALUTE MENTALE

Pochi fatti principali sono noti sullo stato mentale di Lubitz. Il New York Times riferisce che “aveva una condizione di salute che ha nascosto ai suoi datori di lavoro”. Gli inquirenti hanno trovato un certificato medico a casa sua che lo avrebbe esonerato dal lavoro il giorno dell’incidente. I media tedeschi riportano che il suo addestramento fu interrotto nel 2009, affinché potesse ricevere un trattamento per la depressione. I suoi datori di lavoro alla Lufthansa hanno confermato che si mise in aspettativa, pur non essendo stata loro comunicata la ragione.

Non è questo il luogo in cui speculare sulla salute mentale di Lubitz. Come i lavoratori di qualsiasi altro campo, i piloti affrontano tragedie personali e pressioni sul proprio posto di lavoro e nella vita privata. Quando non sei idoneo a volare, fisicamente o psicologicamente, regolamenti stabiliscono che tu stia a casa. Sarebbe giusto dire, comunque, che il machismo è abbastanza diffuso nel campo dell’aviazione e molti piloti preferiscono non volare per un brutto raffreddore piuttosto che ammettere di avere un qualsiasi disagio mentale.

Mentre la cultura del settore del trasporto aereo è migliorata negli ultimi decenni, quello della salute mentale è rimasto un enorme tabù. Uno dei problemi principali è che la maggior parte dei piloti che supera diversi ostacoli per avere quel posto (acquisendo le competenze, affrontando le spese, trasferendosi, cercando un lavoro) farà di tutto per mantenere la propria posizione. Nell’attraversare un lutto e nell’andare incontro a un divorzio, non è un rischio da poco quello di ammettere ai propri colleghi e al proprio datore di lavoro, nel settore del trasporto aereo, che hai a che fare con questioni che non sono di natura fisica. La paura di perdere il lavoro è molto reale, nonché paralizzante.

I piloti commerciali sono tenuti ad avere un certificato medico di Classe 1, che deve essere rinnovato ogni anno (e ancora più regolarmente della propria età). Questo è in cima ai regolari controlli di professionalità, quando un esaminatore valuta se sei abile o meno al tuo lavoro. Perdere o fallire uno di questi può essere rapidamente la fine della tua carriera e della tua vita.

Naturalmente, le compagnie selezionano candidati che possono affrontare lo stress e le pressioni del volo. Lubitz stesso era il prodotto del training della Lufthansa, una prestigiosa istituzione che utilizza il DLR per testare l’attitudine e le competenze per il volo. Questo esame è una delle prove di selezione più dure del settore e ha una percentuale di idoneità molto bassa. Tuttavia, come tutte le procedure di selezione in uso, il test non verifica lo stato di salute mentale. I profili psicologici sono valutati, ma solo per determinare se qualcuno è adatto alla posizione professionale e alla cultura della compagnia di volo.

Non esiste un adeguato sistema di supporto per i piloti con disagio mentale, anche se questo è causato dall’affaticamento o da una qualsiasi altra causa attinente al lavoro. La percezione da parte dei piloti è che se chiedi aiuto sarai messo alla porta, senza alcuna speranza di tornare a lavorare. Questa pressione non è favorevole per una salute mentale ottimale di chi siede al comando.

 

SOGNI INFRANTI

La percezione popolare è quella per cui essere un pilota è un lavoro stupendo e ben pagato. La realtà per molti piloti, che hanno ottenuto certificazioni da poco, è che, a meno che non abbia risparmiato nel corso degli anni, facendo un altro lavoro, o non abbia genitori facoltosi che ti possano finanziare, il tuo debito sarà di 100.000€ o anche più.

Dopo aver ottenuto la certificazione arriva lo stress di ottenere un’occupazione in un mercato del lavoro più che saturo. Un considerevole numero di piloti qualificati non arriverà mai in cabina di pilotaggio – il reclutamento è stato stagnante a partire dal 2008.

Se sei abbastanza fortunato da trovare un lavoro, è probabile che sia per una compagnia low-cost come Ryanair, che sta cambiando il mercato europeo. In quel caso faresti bene a trovare altri 30.000€ per un corso di abilitazione, poiché i giorni in cui un imprenditore pagava per quella parte di training sono ormai andati da parecchio tempo.

Poi, sii preparato a mettere in piedi la tua “azienda” attraverso la quale offrirai i tuoi “servizi” in qualità di “lavoratore autonomo” (senza malattia, pensione, senza ore garantite o reddito certo) – tutto per essere mandato ad una delle basi delle compagnie aeree europee, per essere prevaricato dal management, e per essere messo al lavoro il massimo che è legalmente possibile. Non ti piace? In migliaia sono pronti a prendere il tuo posto.

Se vivi negli USA, opererai su aerei piccoli e medi fino a quando non avrai accumulato almeno 1500 ore di volo, prima che possa essere spostato su linee regionali che, in alcuni casi, a stento pagano il salario minimo. All’aeroporto internazionale di Los Angeles ci sono addirittura parcheggi con case mobili che ospitano piloti e meccanici.

Negli ultimi 10 anni o giù di lì il fenomeno di “paga per volare” ha gettato ancor più sale sulle ferite. Si tratta dell’assurdo accordo secondo cui gente disperata con troppo denaro e troppo poco buon senso paga una compagnia aerea per viaggiare nella cabina di volo, seduto ai controlli.

Compagnie come Eagle Jet si approfittano di persone che non riescono a trovare un lavoro nel settore aereo e che hanno accordi con alcune compagnie aeree per offrire “line training” (qualcosa che è già parte del lavoro) e blocchi di ore di volo (di solito 100 o 500, con prezzi fino a 60.000). una volta che hai completato le tue ore, puoi ricevere un contratto e iniziare a guadagnare un salario che per un anno o due è al di sotto degli standard, ma nemmeno questo è garantito.

Una volta che hai superato questi ostacoli iniziali, pilotare un aereo può essere un lavoro molto gratificante – anche con compagnie low-cost – e molti se la passano bene, in particolare se riescono a passare a compagnie come British Airways o Aer Lingus. Tuttavia, un crescente numero di piloti si ritrova ai margini ed è costretto a cercare un’occupazione al di fuori dell’aviazione.

Le compagnie low-cost hanno iniziato una corsa verso il basso e gli altri vettori sono stati costretti a seguirle. Per capire come si sia arrivati a questa situazione, c’è bisogno di tornare indietro di alcuni decenni.

In gran parte dell’Europa occidentale molti lavori nell’aviazione erano con compagnie di proprietà dello stato, nonché sindacalizzate. I piloti erano ambasciatori in tutto il mondo dei loro paesi e godevano di posizioni ben pagate e ambite.

Poi sono arrivate privatizzazione e deregolamentazione. I governi hanno venduto ad azionisti pubblici ed il profitto ha iniziato ad essere l’unica guida. Tutti possono dar vita ad una compagnia aerea all’interno dell’UE. Ecco, si scoprì che l’aviazione era un’industria professionale; la gente avrebbe venduto la nonna per fare un passo sulla scala e avrebbe pagato per farlo.

L’espansione dell’UE in paesi più poveri ha aiutato questa corsa verso il basso, con il traffico che va in entrambe le direzioni. I modelli relativi alle ferie sono cambiati da periodi di vacanza più lunghi a viaggi più brevi. Le maggiori compagnie aeree hanno sofferto questo cambiamento e hanno dovuto rispondere. Hanno osservato che i loro equipaggi avrebbero accettato termini e condizioni peggiori in compagnie emergenti e conseguentemente hanno imposto tagli ai loro stessi dipendenti.

Questo processo sta procedendo ancora all’interno di Lufthansa, la compagnia per cui lavorava Lubitz. Lufthansa è una compagnia tradizionale, ma per rimanere competitiva su un mercato spietato, si è diversificata e ha sviluppato una controllata low-cost, la Germanwings.

I lavoratori della Lufthansa e della Germanwings sono coperti da due diversi accordi collettivi e sono soggetti ad un sistema di benefit organizzato su diversi livelli, che divide i piloti già esistenti dai nuovi assunti. L’anno scorso, i membri del Vereinigung Cockpit, il sindacato dei piloti, sono entrati in sciopero per opporsi a questa disparità di trattamento, così come ai piani della Lufthansa per espandersi attraverso un vettore piccolo e non sindacalizzato.

 

RIFIUTARE IL VUOTO SOCIALE

Non è chiaro quanto Lubitz fosse cosciente o colpito da ciò che ho scritto in precedenza. Ciò che è però chiaro è che viveva in questo contesto sociale – caratterizzato da sindacati deboli o inesistenti, pessime condizioni di lavoro e morale minimo – e che è diventato socialmente alienato ad un livello patologico.

Il punto non è giustificare le azioni di Lubitz, ma provare a capire a capire perché un essere umano possa comportarsi in una tal maniera, così da prevenire simili tragedie in futuro. Negli ultimi decenni nell’aviazione questo è stato l’obiettivo delle indagini su incidenti aerei: non per gettare la colpa su qualche individuo in particolare, ma per cercare di scoprire una catena di eventi con lo scopo di imparare qualcosa. In maniera simile, non dovremmo solo alzare le braccia e dichiarare Lubitz un “pazzo” o una “mela marcia” che viveva in un vuoto sociale.

Invece, dovremmo situare le azioni di Lubitz in un contesto sia di degradazione del lavoro vissuto dai piloti che di degenerazione dell’aviazione. Analisi iper-individualizzate delle cause e degli effetti non ci porteranno molto lontano.

Martin Swayne