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29 marzo 2015

 

Nucleare, Iran e il "5+1" alla ricerca del compromesso. Netanyahu: "Pericoloso per l'umanità. Va fermato"

 

L'Iran e i mediatori del cosiddetto gruppo dei "5+1" (Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Germania, Cina e Russia) stanno esplorando possibili compromessi per rompere lo stallo nel negoziato per arrivare a un accordo sul programma nucleare di Teheran. Fonti ufficiali, tuttavia, mettono in guardia: non c'è ancora nessun accordo e ci sono punti su cui i colloqui di Losanna sono bloccati. Alcuni funzionari hanno dichiarato all'agenzia Reuters che, in un significativo sviluppo nei colloqui per arrivare a un accordo quadro entro il 31 marzo, Teheran ha aperto all'accettazione di meno di 6mila centrifughe nucleari e a depositare in Russia la gran parte delle sue scorte di uranio arricchito. Le potenze occidentali, da parte loro, valutano alcuni punti, tra cui il permesso all'Iran di condurre operazioni di arricchimento limitate e monitorate per scopi medici.

 

A Losanna, il negoziato vive ore decisive e diversi segnali indicano che questa volta si possa chiudere con un risultato concreto. Che qualcosa si muova davvero lo testimoniano elementi oggettivi. Innanzitutto il fatto che il segretario di Stato americano John Kerry e i ministri degli Esteri di Francia e Germania, Laurent Fabius e Frank-Walter Steinmeier hanno annullato le rispettive partenze dalla Svizzera. Lunedì Kerry avrebbe dovuto essere a Boston, Steinmeier e Fabius erano entrambi attesi in Kazakhstan lunedì. A Losanna oggi convergeranno gli altri rappresentanti del cosiddetto gruppo dei "5+1": i capi della diplomazia di Russia, Cina e Regno Unito. Per l'Iran è presente il ministro degli Esteri Javad Zarif, che questa mattina ha in agenda un nuovo incontro con Kerry. Arrivando ieri sera a Losanna, Federica Mogherini, Alto rappresentante della politica estera Ue, ha dichiarato che i negoziati non sono mai stati così vicini a un accordo, ma che restano da risolvere alcune questioni critiche.

 

Ma ancor più significativo è il nervosismo del premier israeliano Benjiamin Netanyahu, appena rieletto, di fronte alla prospettiva che al tavolo di Losanna martedì prossimo, 31 marzo, ultimo giorno utile, si concretizzi quel via libera al nucleare iraniano contro il quale aveva tuonato anche all'Onu nel 2012 (contro il parere del Mossad, secondo i dispacci diplomatici rivelati dal cosiddetto Spycable), denunciandone la pericolosità per la sicurezza di Israele.

 

"Per come sta emergendo, questo accordo conferma tutte le nostre preoccupazioni e va anche oltre" ha dichiarato Netanyahu nel corso di un consiglio dei ministri diffuso dalla radio pubblica. Per il premier, l'accordo è ancor più pericoloso perché se da una parte porterebbe come conseguenza un allentamento delle sanzioni contro l'Iran, dall'altro lascerebbe nelle mani del regime degli ayatollah l'infrastruttura di base con cui convertire un nucleare spacciato per soli, pacifici scopi civili, alla fabbricazione della bomba atomica che da quel momento incomberebbe sulla stessa esistenza di Israele.

 

Durante il vertice con i suoi ministri, Netanyahu ha inoltre sottolineato che l'avanzata in Yemen degli houti, i ribelli sciti che hanno conquistato anche la capitale Sanaa, e in altri Paesi arabi è l'ulteriore prova che la Repubblica Islamica iraniana sta cercando "di conquistare l'intero Medioriente" nel momento stesso in cui "muove verso la nuclearizzazione". "L'asse Iran-Losanna-Yemen è molto pericoloso per l'intera umanità. E deve essere fermato" ha ribadito Netanyahu.

 

Fermarlo, ma come? Profonde divergenze separano Netanyahu dal presidente americano Barack Obama. Ma lo stesso Netanyahu ha affermato oggi di poter disporre del sostegno "solido e convinto" del Congresso americano. E non solo da parte dei repubblicani, che il 3 marzo scorso lo hanno invitato a tenere al Congresso un discorso contro l'accordo sul nucleare iraniano, ma anche dai democratici. "Un appoggio importante" ha rimarcato il premier, mentre il ministro dell'Interno Gilad Erdan ha spiegato alla radio militare: "Il Congresso statunitense potrebbe costituire l'ultimo ostacolo alla cancellazione delle sanzioni contro l'Iran" dopo l'eventuale firma dell'accordo sul nucleare. Gilad ha osservato che a Losanna "è in vista la firma a un accordo di principi, ma per quello definitivo bisognerebbe attendere almeno fino a giugno. Ci sarebbe tempo a sufficienza per condurre attività diplomatiche".

 

Il ministro alla guida dei servizi segreti, Youval Steinitz, ha criticato quello che appare come "un accordo pieno di lacune. Ma non siamo i soli a pensarla così. Dubbi molti seri esistono all'interno degli Usa, in Europa, in Francia e Gran Bretagna". In ogni caso, ha aggiunto Erdan, nel caso in cui entro martedì a Losanna si arrivi alla formalizzazione dell'accordo sul nucleare iraniano, Israele dovrà procedere obbligatoriamente a una "rivalutazione totale della sua politica della sicurezza". Il ministro dell'Interno ha inoltre avvertito del rischio di un effetto domino potenzialmente devastante: non solo Israele, ma anche l'Arabia Saudita e altri Paesi della regione si sentirebbero minacciati dall'Iran e "portrebbero lanciarsi a loro volta nella corsa agli armamenti nucleari".

 

Per contro, il deputato laburista Nachman Shaï ha accusato la strategia di Netanyahu, sempre in prima linea contro il programma nucleare iraniano. "In questa vicenda abbiamo subito una sconfitta e il risultato è negativo per Israele che non è stata in grado di frenare il programma nucleare iraniano - ha osservato Shaï alla radio pubblica -. Avremmo dovuto agire dietro le quinte, lasciando fare alle grandi potenze. Avremmo così evitato di fare del nucleare iraniano un conflitto diretto tra Israele e Iran".

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