Middle East Monitor

3 maggio 2015

 

Quando l’obbiettivo è la legge: la campagna di Israele cancellerà i crimini di guerra dovunque

di Ben White

 

Nel 2011, in risposta alle accuse di crimini di guerra negli ultimi mesi del conflitto con le Tigri Tamil di due anni prima, il governo dello Sri Lanka convocò una conferenza in cui l’allora ministro degli Affari Esteri G.L. Peiris dichiarò che “l’intero corpo del diritto internazionale deve essere rivisto.” Human Rights Watch definì l’evento “un esercizio di pubbliche relazioni per cancellare gli abusi.”

Questa settimana avrà luogo in Israele una nuova conferenza su un tema che suona familiare: “Verso un nuovo Diritto di Guerra”. Secondo gli organizzatori della conferenza, il Centro Legale israeliano Shurat HaDin[ dichiara di essere all'avanguardia nella lotta al terrorismo e di volere difendere lo Stato di Israele n.d. t.], l’obbiettivo dell’evento è “modificare l’approccio legale riguardo a questioni critiche verso Israele e alla sua capacità di difendersi.”

Una nuova conferenza ha come obbiettivo la legislazione sulla guerra

Shurat HaDin è un’organizzazione che utilizza i tribunali di tutto il mondo “per lanciare l’attacco legale contro i nemici di Israele.” Il gruppo ha lavorato su richiesta del governo di Israele e si è avvalso della consulenza del Mossad. Nel novero delle sue esperienze si registra una causa persa contro Jimmy Carter, un’azione legale senza successo contro un accademico australiano filo-BDS e minacce ad Oxfam.

La conferenza si basa sull’idea che in un’ “era di terrorismo” la legislazione di guerra “deve evolversi” per affrontare “nuove sfide”. I partecipanti “ si scambieranno idee riguardo allo sviluppo della dottrina giuridica sul conflitto armato in termini favorevoli alle democrazie occidentali impegnate nel conflitto contro soggetti non tradizionali, non democratici, non appartenenti a uno Stato .”

I relatori della conferenza sono avvocati, militari [attivi]o in congedo ed accademici – quasi tutti provenienti dagli Stati Uniti e da Israele. Tra loro figure israeliane di primo piano come il Ministro della Difesa Moshe Ya’alon, il segretario di gabinetto Avichai Mandelblit e l’ex capo di stato maggiore dell’esercito Benny Gantz.

Altri relatori comprendono l’ex deputato USA comandante David Friovich, come anche l’ex comandante dell’esercito britannico e noto sostenitore di Israele Richard Kemp, un personaggio aduso a questi incontri (sicuramente interverrà più di una volta nel corso dei due giorni di conferenza).

Gli argomenti in discussione palesano il contesto  motivante degli organizzatori, cioè il deterioramento dell’immagine internazionale di Israele alla luce dei reiterati attacchi alla Striscia di Gaza, in particolare il massacro senza precedenti dello scorso anno.

Nell' introduzione alla sessione sulla “proporzionalità”, Shurat HaDin afferma che la guerra di Gaza del 2014 “ha messo in evidenza quanto la comunità internazionale ed i media mondiali siano sensibili alle immagini di civili morti.” E prosegue: “In modo crescente, e pericoloso, larga parte dell’opinione pubblica occidentale e dei media mondiali è giunta a ritenere che tutte le vittime civili siano inaccettabili e illegittime.”

Eloquentemente, c’è anche una sessione sulla Corte Penale Internazionale (CPI), che discuterà come “Israele ed altri stati occidentali…si vedono sempre più minacciati da persecuzioni per crimini di guerra, per il fatto che le loro forze militari agiscono in difesa delle popolazioni civili contro le minacce terroristiche.”

Anche prima dell’offensiva dello scorso anno contro Gaza, Israele era preoccupato per la minaccia costituita da potenziali inchieste della CPI e nel febbraio 2014 un funzionario ha rivelato che ingenti risorse nell’ambito del Ministero degli Affari Esteri e del Ministero della Giustizia, tra gli altri, erano già destinate a questo problema.

Il rischio della responsabilita’

Nel corso della seconda intifada le forze israeliane perpetrarono parecchie violazioni della Legislazione sui Conflitti Armati (LOAC), anche durante l’ “Operazione Scudo Difensivo” in Cisgiordania nel 2002. Vi furono ulteriori accuse di crimini di guerra in seguito ai ripetuti attacchi a Gaza, compresi quelli del 2006, 2008/09 e 2012 – come anche analoghe accuse quando Israele bombardò vasti territori del Libano nel 2006.

La reazione di Israele, come ha sottolineato l’accademico ed attivista [israeliano, n.d.t.] Jeff Halper, fu di adottare “un’audace ed aggressiva strategia: modificare la legislazione internazionale.” Era una strategia formulata dai politici della “guerra al terrore” condotta da Washington dopo l’11 settembre; l’argomentazione di Israele per ‘rivisitare’ la LOAC collimava perfettamente con un governo USA impegnato ad incarcerare i cosiddetti “combattenti nemici”.

Louise Arbour è stata Procuratore Capo dei Tribunali Penali Internazionali per l’ex Yugoslavia ed il Rwanda. Nel 2011, in qualità di allora presidente del Gruppo Internazionale di Crisi (ICG), fece un intervento riguardo ai recenti attacchi alla legislazione di guerra.

La discussione, disse, si impernia “sullo sviluppo della legge penale internazionale”, citando i tribunali ad hoc per l’ex Yugoslavia ed il Rwanda, “le azioni coraggiose dei magistrati nazionali che operano nell’ambito della giurisdizione universale” e “la creazione della Corte Penale Internazionale (CPI).”

Quindi, concluse Arbour, “le recenti critiche sviluppate contro la legislazione di guerra riflettono, piuttosto che la sua inadeguatezza, la sua crescente efficacia.”

Perciò per Israele non si tratta tanto di un ipotetico anacronismo della legislazione internazionale, quanto della minacciosa prospettiva di riconoscere la propria responsabilità – e la conferenza di Shurat HaDin è solo l’ultima di una lunga serie di iniziative motivate da simili preoccupazioni emerse più o meno nell’ultimo decennio.

Un altro esempio di questi sforzi è la partnership tra l’Istituto Internazionale di Antiterrorismo (ICT) presso il Centro Interdisciplinare di Herzliya (IDC) e l’Università di Syracuse, che è iniziata con l’obbiettivo di mettere insieme gli allievi “nello sforzo di modificare la legislazione internazionale per meglio adeguarsi alla realtà della guerra moderna.”

Significativamente, l’idea di questa iniziativa era nata alla fine della guerra del Libano del 2006, e secondo il direttore dell’ICT Boaz Ganor, l’obbiettivo era “ritoccare le Convenzioni di Ginevra e i protocolli dell’Aia.” Ganor aggiunse: “abbiamo il diritto morale di riesaminare (le Convenzioni di Ginevra), soprattutto alla luce delle attuali minacce ad entrambi i nostri paesi (USA ed Israele).”

Un partecipante al gruppo di lavoro ICT-Syracuse ‘Vecchi scenari di guerra/Nuove leggi’, Hilly Moodrick-Even Kehn, interverrà anche alla conferenza di Shurat HaDin della prossima settimana. Sul sito web per il progetto si afferma che “i gruppi non appartenenti a uno Stato che conducono…campagne terroristiche” lasciano “lo Stato che deve difendersi senza altra scelta se non rispondere con modalità che provocano pesanti perdite tra i civili.”

Poco dopo la pubblicazione del ‘Rapporto Goldstone’ del Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU nel settembre 2009, che descriveva in dettaglio i crimini di guerra israeliani nella Striscia di Gaza, il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha incaricato i competenti enti governativi di impegnarsi in una “campagna mondiale per modificare la legislazione di guerra internazionale in modo da adeguarla all’espansione del terrorismo globale.”

C'era la prospettiva che funzionari israeliani affrontassero “processi per crimini di guerra all’estero.” In appoggio all’iniziativa di Netanyahu, l’allora Ministro della Difesa Ehud Barak disse che un cambiamento nella legislazione di guerra internazionale era “nell’interesse di chiunque combattesse il terrorismo”, ed avrebbe consentito all’esercito “libertà di azione.”

Come ha affermato Amnesty International riguardo all’ ‘Operazione Piombo Fuso’, “le definizioni dell’esercito israeliano di obbiettivi legittimi e di proporzionalità non rispettano i requisiti del diritto umanitario internazionale.” La soluzione di Israele è cercare di cambiare quei requisiti.

Nel suo intervento del 2011, Arbour sottolineò che mentre “i critici sostengono che il diritto  internazionale non prende in considerazione molte questioni inerenti ai conflitti attuali”, in realtà “molte di tali questioni sono esplicitamente affrontate -  ma non nel modo che i critici auspicherebbero.” Perciò gli inviti alla revisione, concluse, “nascono più dal desiderio di certi Stati di legittimare le loro recenti violazioni del diritto umanitario che da una reale preoccupazione di rendere le leggi più aggiornate.”

Un nuovo slancio

Le ripercussioni diplomatiche e legali dell’attacco di Israele alla Striscia di Gaza dello scorso luglio-agosto hanno dato nuovo slancio all’attacco al diritto internazionale (in nome ovviamente della tutela della propria integrità). Questi sforzi hanno incluso “forum multinazionali” sulla gestione della guerra “nell’era moderna”, come la ‘Conferenza legale internazionale sul diritto internazionale nei conflitti armati di oggi’, tenutasi a febbraio.

Intanto a dicembre l’Istituto di Studi per la Sicurezza Nazionale, con sede a Tel Aviv, ha ospitato la terza conferenza internazionale su ‘Le minacce della guerra in aree densamente popolate.’ Di nuovo, tra i relatori vi erano figure di spicco israeliane della politica e dell’apparato militare – ma c’era anche la partecipazione e addirittura la co-sponsorizzazione del Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC)[ il grassetto è nostro n.d.t.].

Jacques De Maio, Capo Delegazione della Croce Rossa (ICRC) in Israele e nei Territori Occupati, ha relazionato ai partecipanti sul lavoro dell’ICRC nell’impegno con  esponenti statali e non appartenenti a uno Stato. Ha anche detto, esplicitamente, che “il costo della guerra a Gaza – in termini di perdite umane e di infrastrutture – ha dimostrato che le parti in causa non hanno rispettato il diritto umanitario internazionale (IHL).

Un recente tentativo di salvare il ‘Marchio Israele’ è il lavoro del giurista Michael Schmitt, che ha pubblicato un blog e degli articoli su riviste riguardo alla “prassi ed applicazione della Legislazione sui Conflitti Armati  (LOAC) da parte dell’esercito israeliano”, in seguito ad un viaggio in Israele in cui insieme a un collega hanno avuto accesso grazie all’esercito a diverse località (accuratamente selezionate) e ad alti funzionari.

Significativamente, lo stesso Schmitt ha ammesso che all’origine della sua ‘ricerca’ vi era la sua amicizia con parecchi alti funzionari dell’esercito e la loro domanda ‘Perché non ci amano?’ In altri termini, la preoccupazione per il crescente isolamento internazionale di Israele li ha spinti ad invitare il loro amico ad ‘indagare’ personalmente.

In effetti il blog e gli articoli di Schmitt rivelano la debolezza della posizione dell’esercito israeliano. La difesa si basa su spiegazioni politicizzate non giuridiche (e irrilevanti) del ‘contesto’, o peggio ancora, conferma che l’esercito privilegia la sicurezza dei militari su quella della popolazione civile avversa, rovesciando la corretta posizione legittima in base alla quale le vite dei civili hanno priorità su quelle dei militari.

L’obbiettivo finale

La conferenza di Shurat HaDin  presenta le cose come se, secondo le loro stesse parole, “l’esercito israeliano stesse subendo la minaccia di persecuzioni per crimini di guerra da tutte le parti.” Questa è l’inoppugnabile motivazione che sta dietro all’asserita volontà di “ di modificare le leggi di guerra [alla situazione] del 21mo secolo.”

I loro sforzi comunque sono ostacolati dall’assoluta trasparenza del tentativo. Il professor Iain Scobbie, esperto di fama e docente di diritto internazionale all’Università di Manchester, non si fa illusioni su ciò che sta accadendo.

 “L’iniziativa di provare a cambiare la legislazione sui conflitti armati”, mi ha detto, “proviene da Stati che intendono ridefinire la legislazione per poter perseguire politiche che potrebbero apparire in disaccordo con la dottrina vigente, ma che essi vorrebbero ammantare di una giustificazione legale.” Ha poi aggiunto: “Israele e gli Stati Uniti sono all'avanguardia in questo.”

Anche gli attivisti dei diritti umani sono preoccupati. “Invece di indebolire la legislazione di guerra”, mi ha detto Kristyan Benedict, responsabile delle campagne di Amnesty International UK, “ le menti pensanti dei militari e dei giuristi farebbero meglio a proteggere i civili se davvero si oppongono agli attacchi mirati contro i civili e ad altre gravi violazioni del diritto umanitario internazionale, compresi gli attacchi indiscriminati e sproporzionati da parte delle forze armate israeliane.”

Un altro importante accademico ed esperto di diritto internazionale ha detto che coloro che perorano un cambiamento della LOAC vigente sono relativamente isolati, anche tra gli avvocati militari sulle due sponde dell’Atlantico. Il professore ha detto che modificare qualcosa come le Convenzioni di Ginevra è in realtà impossibile – “gli israeliani non saranno in grado di ottenere niente in questo modo.”

Ma forse non è tanto un cambiamento della legislazione a cui si guarda, quanto piuttosto al modo in cui viene interpretata. Dopo l’ ‘Operazione Piombo Fuso’, Daniel Reisner, ex capo della divisione sul diritto internazionale (ILD) nell’Ufficio della Procura Militare Generale, è stato sincero sulle sue speranze di come gli eventi  sarebbero progrediti.

Se fai qualcosa per un periodo abbastanza lungo, il mondo lo accetterà. L’intera legislazione internazionale si fonda attualmente sul concetto che un’azione oggi vietata diventerà lecita se praticata da un sufficiente numero di paesi…Il diritto internazionale procede attraverso violazioni.

Analogamente, in una “valutazione morale” del massacro di Gaza del 2008/09, Asa Kasher, autore del ‘Codice etico’ dell’esercito israeliano, ha formulato la speranza che “la nostra dottrina” sarà alla fine “incorporata nel diritto internazionale consuetudinario.” Come?

Quanto più spesso gli Stati occidentali applicheranno i principi formulati da Israele ai propri conflitti non tradizionali in zone come l’Afghanistan e l’Iraq, tanto maggiore sarà la possibilità che questi principi diventino una parte importante del diritto internazionale.

Ora la strategia di Israele si fa più chiara. Nella conferenza di febbraio Danny Efroni,  Procuratore Generale Militare dell’esercito, ha ammesso che “non si può sostituire la LOAC”, ma “la sua interpretazione ed applicazione devono accordarsi con la realtà cogente dei moderni scenari di guerra.”

E’ questa “interpretazione ed applicazione” che Israele spera di influenzare, sulla base del fatto che – come affermano i materiali della conferenza di Shurat HaDin – “la legislazione di guerra è per gran parte non scritta e si sviluppa in base alle prassi degli Stati.”

L’attacco di Israele alla legislazione di guerra mira ai fondamentali principi guida del diritto umanitario internazionale – la precauzione, la distinzione e la proporzionalità – per spogliarli del loro vero fine: la protezione dei civili nei conflitti armati. Se questo attacco avrà successo, le sue vittime si troveranno in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza occupate, in Libano e nelle occupazioni e nelle aree di guerra di tutto il mondo.