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30 nov 2015

 

UE etichetta il “Made in Israeli settlements”. E Netanyahu esclude Bruxelles dal processo di pace

 

La mossa, già annunciata due settimane fa, è stata confermata ieri dal premier israeliano: Israele interrompe l’attività diplomatica con i rappresentanti degli organismi comunitari sui negoziati sul conflitto con i Palestinesi. Ramallah: “Non c’è nessun negoziato in corso”

 

Aggiornamento 30 novembre – fuori l’ue dai negoziati con i palestinesi

L’aveva promesso già due settimane fa, poche ore dopo che l’Europa aveva “offeso” Israele stabilendo l’etichettatura obbligatoria dei prodotti provenienti dalle colonie illegali della Cisgiordania occupata – da decenni spacciati per “Made in Israel” – e mettendo fine al regime di bassa tassazione di cui godevano entrando nel mercato europeo. Ora il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha confermato che vuole Bruxelles fuori da ogni incontro diplomatico che concerni il conflitto israelo-palestinese e ha ordinato, come si legge in una nota del ministero degli Esteri di Tel Aviv, la “sospensione di tutti i contatti diplomatici con le istituzioni dell’Unione europea e dei suoi rappresentanti su questo tema”.

Restano però intatte le relazioni diplomatiche con i singoli stati oltre a, ovviamente, quelle di natura economica: “E ‘importante – ha aggiunto Netanyahu – chiarire che Israele manterrà i colloqui diplomatici con i singoli Stati europei – come la Germania, la Gran Bretagna e la Francia – ma non con le istituzioni dell’Unione europea”. Sorpresa – ma non troppo – la leadership palestinese, che ha ricordato che non c’è alcun contatto diplomatico in corso con gli israeliani sul cosiddetto “processo di pace”: “Israele – ha dichiarato il portavoce dell’OLP Saeb Erekat – ha già fermato il processo e l’Unione Europea è nostra partner e la rispettiamo. [L’annuncio di Netanyahu, ndr] E’ solo un tentativo per costringere l’UE a un’inversione di marcia sulla questione dell’etichettatura”.

 

Aggiornamento ore 18.30 – israele sospende incontri con ue

Tel Aviv ha voluto lanciare un “forte messaggio di malcontento” verso Bruxelles per la sua decisione di etichettare i prodotti provenienti dalle colonie illegali dei Territori palestinesi occupati e ha deciso di boicottare i prossimi appuntamenti in agenda con l’Unione Europea. Lo ha dichiarato il vice ministro degli Esteri israeliano Tzipi Hotovely all’emittente tv Channel 2: “Non si può essere coinvolti in ciò che sta accadendo in Medio Oriente e al contempo fare una mossa così estrema come l’etichettatura dei nostri prodotti … boicottandoci”. La sospensione, ha fatto sapere il portavoce degli Esteri Emmanuel Nahshon, sarà temporanea e riguarderà gli incontri regolari tra Tel Aviv e Bruxelles sulle questioni politiche inerenti al Medio Oriente, ai diritti umani e alle organizzazioni internazionali.

della redazione

 

Roma, 11 novembre 2015, Nena News –

 

D’ora in poi le merci provenienti dalle colonie israeliane nei territori palestinesi occupati dovranno essere obbligatoriamente etichettate in modo diverso. Lo ha annunciato questa mattina la Commissione Europea pubblicando le nuove linee guida per la tracciabilità dei prodotti in provenienza da Israele.

Presagendo le proteste di Tel Aviv, che ha definito la decisione “una inaccettabile discriminazione”, Bruxelles ha fatto sapere che si tratta di una “nota interpretativa”, ovvero della chiarificazione di norme già vigenti. La normativa dell’Unione Europea, infatti, impone l’etichettatura con denominazione di origine a tutti i prodotti agricoli in commercio nell’area comunitaria. Israele, che aveva a lungo osteggiato l’imposizione dei requisiti di etichettatura a merci prodotte su terra occupata, ora dovrà adeguarsi alle regole stabilite.

L’annuncio segue la mozione – approvata lo scorso aprile con 525 voti a favore, 70 contrari e 31 astenuti – con cui il Parlamento Europeo aveva introdotto la differenziazione delle etichettature per le merci provenienti da Israele e per quelle pro­dotte nelle colo­nie ebrai­che in Cisgiordania, a Gerusalemme est e nelle Alture del Golan occupato. Decisione sollecitata da 16 paesi membri dell’Ue, tra cui l’Italia, dopo una serie di riconoscimenti simbolici dello stato di Palestina da parte dei singoli paesi europei e a seguito delle decisioni prese da alcuni stati membri – Gran Bretagna, Danimarca e Belgio – di voler tracciare per conto proprio i prodotti provenienti dagli insediamenti ebraici illegali. 

Un coro di proteste si è levato da ogni angolo del paese per una decisione considerata “discriminatoria” e “controproducente al processo di pace”, che – stando alle dichiarazioni indignate del portavoce del Ministero degli Esteri israeliano Emmanuel Nahshon – arriva proprio nel momento in cui “Israele sta affrontando un’ondata di terrorismo che prende di mira tutti i suoi cittadini”. Un’escalation di violenza che ha il suo centro proprio nei territori occupati, a Gerusalemme est e in particolare in Cisgiordania, dove Israele manda i suoi coloni a sottrarre terra, acqua e risorse ai palestinesi sotto la protezione dell’esercito e della legge. 

Fattori, questi ultimi, che sono alla base del mancato processo di pace tra Tel Aviv e Ramallah, ma che il Ministero degli Esteri israeliano non considera, puntando piuttosto il dito sulla mossa che “l’Unione Europea ha imparato bene dal movimento di boicottaggio (BDS)” e che “potrebbe rafforzare il rifiuto dei palestinesi a tenere negoziati diretti con Israele”.

A scanso d’equivoci per una norma che gli israeliani considerano “politicamente motivata” e che rischia di incrinare ulteriormente i rapporti tra Bruxelles e Tel Aviv, un portavoce della Commissione Europea si è affrettato a riferire al New York Times che “questo non cambia in alcun modo la nostra posizione nei confronti del processo di pace in Medio Oriente”.

Ha poi rassicurato Tel Aviv sul trattamento preferenziale di cui continueranno a beneficiare i prodotti “Made in Israel” nel mercato europeo, prodotti che “continueranno a essere poco o per nulla sottoposti a imposte”. Ma ha anche ricordato che “i prodotti provenienti dagli insediamenti non possono beneficiare di queste condizioni di favore”. Nena News