Originale: al-Araby

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2 luglio 2015

 

Israele contro le Nazioni Unite

di Vijay Prashad

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

Il 23 luglio 2014 mentre le bombe di Israele cadevano su Gaza, il Consiglio dell’Onu per i Diritti Umani, stabilì una Commissione Indipendente di Indagine. Il 15 giugno, quasi un anno dopo, la commissione ha rilasciato il suo rapporto:

E’ un rapporto incisivo più duro del rapporto della Commissione Goldstone sul bombardamento di Gaza nel 2009. I rapporti dell’ONU sulla guerra del 2014 hanno già descritto la portata della violenza usata da Israele contro gli obiettivi civili, che è il motivo per cui il bilancio delle vittime palestinesi è stato così drammatico

Il rapporto della Campagna per i Diritti Umani (HRC – Human Rights Campaign) conferma semplicemente la loro informazione.  Non c’è nulla di nuovo.

Di gran lunga più importante è l’analisi dei bombardamenti e quello che implicava lo stile bellico israeliano. Il rapporto nota che i palestinesi a Gaza hanno dovuto affrontare intensi attacchi, senza poter sapere quali siti sarebbero stati colpiti e quali potevano essere considerati sicuri.

Il bombardamento delle scuole dell’UNRWA (Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione) – che erano state trasformate in rifugi, suggerivano che nessun luogo era immune dai bombardamenti. “La gente cominciò a spostarsi da un luogo a un altro, soltanto per andare incontro ad altri attacchi nel nuovo quartiere da dove si dovevano spostare.”

Le autorità israeliane dichiararono che quasi la metà di Gaza era una zona interdetta da dove era impossibile uscire.

“Queste terrificanti circostanze,” hanno scritto i commissari, “creavano il senso di essere in trappola, di non avere ‘alcun luogo sicuro’ dove andare.

Chiaramente, Israele aveva prendeva di mira le zone residenziali, comprese le abitazioni. La commissione ha esaminato sei di questi casi su centinaia che erano stati riferiti. Non ha trovato nessuna  informazione disponibile “per spiegare perché gli edifici residenziali, che sono a prima facie   oggetti civili immuni da attacchi, fossero considerati essere obiettivi militari legittimi.”

Il fatto che Israele bombardasse queste abitazioni di notte, “aumentava la probabilità che molte persone, spesso intere famiglie, si trovassero a casa.” Attaccare gli edifici dove risiedevano le persone rendeva le donne particolarmente vulnerabili alla morte e a  danni fisici.

Un quinto dei civili uccisi nel 2014 erano donne, mentre nel 2014 costituirono il 14% delle vittime civili.

All’inizio del rapporto c’è una frase incriminante che mostra la ripetizione degli attacchi israeliani. “Altri incidenti – cioè attacchi da parte di Israele ai rifugi delle Nazioni Unite, alle strutture sanitarie, alle ambulanze e ad altre infrastrutture essenziali, sono considerate meno scrupolosamente, perché questi esempi sono stati una realtà ricorrente in questo e in precedenti conflitti.

L’ONU  e le organizzazioni per i diritti umani, si sono ripetutamente lamentate delle azioni armate israeliane  contro i rifugi e le strutture sanitarie, ma senza risultati. La comunità “internazionale” ha chiuso gli occhi davanti a questi incidenti e a queste accuse.

 

Rapporto equilibrato, guerra sbilanciata

Israele ha immediatamente condannato il rapporto definendolo “fazioso”. I commissari, tuttavia, hanno criticato sia gli attacchi israeliani a Gaza e quelli dei gruppi armati palestinesi a Israele.

Malgrado ogni tentativo di “equilibrio”, il rapporto ha dovuto attenersi ai fatti: “I bambini palestinesi e israeliani sono stati  brutalmente toccati dagli eventi,” scrivono.”

Questo, naturalmente, è orribile. Però poi il rapporto fornisce una cifra che rivela lo squilibrio del conflitto – più di 1.500 bambini di Gaza sono rimasti orfani a causa della guerra.

Il rapporto cita la storia di Bader Odeih, di 6 anni, che implorava coloro che fuggivano da Khuzaa, mentre si teneva in mano pezzi di intestino: “Non voglio morire. Non lasciatemi.”

E’ morto subito dopo dato che non poteva essere evacuato. Una guerra sbilanciata provoca un rapporto sbilanciato. Non c’è modo – malgrado le migliori intenzioni del presidente della Commissione, l’ex giudice dalla Corte Suprema di New York, Mary McGowan Davis – di produrre un rapporto che condanni ugualmente gli israeliani e i palestinesi.

Che cosa accade a un rapporto di questa rilevanza? Le pressioni degli Stati Uniti hanno assicurato che il rapporto Goldstone sui bombardamenti israeliani su Gaza del 2009 venisse messo in cassaforte a fare le ragnatele.

Toccherà un destino simile al Rapporto Davis? La valutazione sul futuro del rapporto viene compresa nel rapporto stesso.

La commissione si preoccupa che l’impunità prevalga globalmente per le violazioni della legge umanitaria internazionale e della legge internazionale per i diritti umani presumibilmente commesse dalle forze israeliane, sia nel contesto di attive ostilità a gaza, o di uccisioni, torture e maltrattamenti in Cisgiordania.”

Che cosa si dovrebbe fare al riguardo? I pubblici ministeri della Corte penale Internazionale sembrano politicamente riluttanti ad aprire un   procedimento sulle azioni di Israele.

Perciò il rapporto Davis si rivolge a Israele supplicando:

“Israele deve rompere con  il suo spregevole recente curriculum di ritenere colpevoli i trasgressori, non soltanto come mezzo per assicurare la giustizia alle vittime, ma anche per assicurare le necessarie garanzie per evitare che la cosa si ripeta.”

Israele sarebbe capace di tale onestà? Il Rapporto Davis nota che le tattiche militari usate contro Gaza nel 2014 “riflettevano una più ampia politica, approvata, almeno tacitamente, dai decisori ai più alti livelli del governo di Israele.”

Dato che la sua dirigenza è implicata in potenziali crimini di Guerra, come si aspetterebbe l’ONU che essa si consideri responsabile?

Il rapporto di 277 pagine diffuso dagli stessi israeliani la settimana scorsa ha occultato la sua condotta nella guerra. E’ perciò improbabile che Israele voglia cercare  di trasformare volontariamente le sue politiche.

Sono necessari altri mezzi – una forte reazione da parte della Corte Penale Internazionale, un impegno più vigoroso nella pressione internazionale sul governo israeliano e, naturalmente, maggior sostegno internazionale al movimento Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS).

 


Vijay Prashad è un editorialsta di Frontline  professore Ricercatore presso l’Istituto AUB’s Issam Fares  di Politica Pubblica e di Affari Internazionali. Il suo libro più recente  è: The Poorer Nations: A Possible History of the Global South [Le nazioni  più povere: una storia possibile del Sud globale], (Verso, 2014 paperback).

 


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Fonte : https://zcomm.org/znetarticle/israel-against-the-united-nations/

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