Originale: The Independent
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9 gennaio 2015

La ferita algerina
di Robert  Fisk
Traduzione di Maria Chiara Starace

L’Algeria è la ferita post-coloniale che in Francia sanguina ancora.

L’Algeria. Molto tempo prima che l’identità dei sospetti assassini venisse rivelata dalla polizia algerina – anche prima di sentire i nomi di Cherif e Said Kouachi ho mormorato tra me la parola “Algeria” Non appena ho sentito i nomi e ho visto le loro facce, ho detto di nuovo la parola “Algeria”. E poi la polizia francese ha detto che i due uomini erano di “origine algerina”.

L’Algeria infatti rimane la ferita più dolorosa nell’organismo politico della Repubblica – tranne, forse che per il suo continuo esame di coscienza dell’occupazione nazista – e fornisce un terribile contesto di ogni atto di violenza araba contro la Francia. La guerra algerina per l’indipendenza, durata  sei anni, nella quale sono morti forse un milione e mezzo di musulmani arabi e molte migliaia di uomini e donne francesi, rimane un’agonia senza fine e irrisolta per entrambi i popoli che proprio mezzo secolo fa, ha fatto quasi iniziare una  guerra civile francese.

Forse tutti i servizi dei giornali e della televisione dovrebbero avere un “angolo della storia”, un piccolo promemoria che nulla –assolutamente  zero -   avviene senza un passato. Massacri, spargimenti di sangue, furia, dolore, caccie della polizia, (che “si ampliano” e si “restringono” ) diventano notizie importanti.  E’ sempre il “chi” e il “come” – ma raramente il “perché”.  Prendete il crimine contro l’umanità di questa settimana a Parigi – le parole “atrocità” e “barbarie” in qualche modo diminuiscono la  barbarie  di questo atto – e il suo immediato  seguito.

Sappiamo chi sono le vittime, giornalisti, vignettisti, poliziotti.  E sappiamo come sono stati uccisi. Uomini armati mascherati, fucili automatici Kalashnikov, una nonchalance quasi professionale. E la risposta al “perché” e stata  gentilmente    fornita dagli assassini. Volevano vendicate “il Profeta”  per le vignette irriverenti e (per i Musulmani) altamente offensive. E, naturalmente, dobbiamo tutti ripetere che     nulla, nulla mai potrebbe giustificare questi atti crudeli di omicidio di massa. E no,  gli assassini non possono appellarsi alla storia per giustificare i loro crimini.

C’è però un importante contesto che in qualche modo è stato lasciato fuori dalla notizia di questa settimana, “l’angolo della storia” che molti francesi e anche algerini preferiscono ignorare: la lotta sanguinosa degli anni che vanno dal 1954 al1962 di un intero popolo per la libertà contro un brutale regime imperiale, una guerra prolungata che rimane la divergenza di base  degli arabi e dei francesi fino a oggi.

La disperata crisi permanente nelle relazioni tra Algeria e Francia, come il rifiuto di una copia divorziata di accettare  un racconto concordato  dei loro dolori, avvelena  la coabitazione di questi due popoli in Francia. Comunque Cherif e Said Kouachi  avessero giustificato  le loro azioni, erano nati nell’epoca in cui l’Algeria era stata invisibilmente mutilata da 132 anni di occupazione. Forse cinque dei sei milioni e mezzo di musulmani francesi sono algerini. La maggior parte sono poveri, molti si considerano come cittadini di seconda classe nella terra dell’uguaglianza.

Come tutte le tragedie, quella dell’Algeria si sottrae alla spiegazione condensata in un solo paragrafo dei dispacci delle agenzie di stampa, anche delle storie più brevi scritte da entrambe le parti dopo che i francesi hanno abbandonato l’Algeria nel 1962.

Infatti, al contrario di altre importanti dipendenze o colonie francesi, l’Algeria era considerata come parte integrante della Francia metropolitana, che inviava rappresentanti al parlamento francese a Parigi, perfino fornendo a Charles De Gaulle e agli alleati una “capitale” francese dalla quale invadere il Nord Africa e la Sicilia occupate dai nazisti.

Più di 100 anni prima, la Francia aveva invaso l’Algeria, soggiogando la sua popolazione musulmana nativa, costruendo piccole città e castelli francesi nella campagna,  e– in un rinascimento cattolico dell’inizio del 19° secolo, che si pensava dovesse “ricristianizzare” il Nord Africa – trasformando le moschee in chiese.

La replica algerina a quello che oggi sembra essere un mostruoso anacronismo storico, è cambiata nei decenni andando dalla lassezza, alla collaborazione e all’insurrezione.  Una dimostrazione per l’indipendenza nella città a maggioranza musulmana e nazionalista di Sétif nel giorno della  Vittoria in Europa – quando gli alleati avevano liberato le città prigioniere in Europa – hanno avuto come conseguenza l’uccisione di 103 civili europei. La vendetta del governo francese è stata spietata; almeno 700 civili musulmani – forse molti di più – sono stati uccisi da “coloni” francesi infuriati e nei bombardamento dei villaggi circostanti a opera degli aerei francesi e da un incrociatore. Il mondo ha prestato scarsa attenzione.

Ma quando è esplosa un’insurrezione su vasta scala nel 1954 – all’inizio, naturalmente, erano  imboscate con la perdita di poche vite francesi e poi attacchi all’esercito francese – la fosca guerra di liberazione algerina è stata quasi predestinata. Battuto in quella classica battaglia anticoloniale dopo la guerra, a Dien Bien Phu (in Vietnam), l’esercito francese dopo la sconfitta del 1940, sembrava vulnerabile ai nazionalisti algerini che erano più romantici e che avevano notato un’ulteriore umiliazione della Francia  a Suez nel 1956.

Quello che lo storico Halistair Horne ha descritto in modo giusto nella sua magnifica storia della lotta algerina come “una selvaggia guerra di pace” si è presa la vita di centinaia di migliaia di persone. Bombe,  trappole esplosive, massacri a opera delle forze governative e dei guerriglieri del Fronte di Liberazione Nazionale  (FLN) nelle campagne a sud del Mediterraneo –hanno causato la brutale soppressione di settori musulmani di Algeri, l’uccisione, la tortura e l’esecuzione di capi guerriglieri per mano dei paracadutisti  francesi, dei soldati, degli agenti della Legione Straniera – compresi ex-nazisti tedeschi – e della polizia paramilitare. Anche i simpatizzanti bianchi degli algerini erano “scomparsi”. Albert Camus ha parlato apertamente contro la tortura e i funzionari civili francesi erano disgustati dalla brutalità usta per mantenere l’Algeria francese.

De Gaulle sembrava appoggiasse la popolazione bianca e lo ha detto ad Algeri: “Vi ho capito,” ha detto loro – e poi ha cominciato a negoziare con i rappresentanti dell’FLN in Francia. Gli algerini avevano da tempo provveduto alla maggioranza della popolazione musulmana della Francia e nell’ottobre 1961 30.000 musulmani hanno organizzato a Parigi una dimostrazione (vietata) per l’indipendenza  - a meno di un miglio dalla scena del massacro del 7 gennaio scorso – che è stata attaccata dalle  unità della polizia francese che hanno ucciso – ora è stato riconosciuto – fino a 600 dimostranti.

Gli algerini sono stati picchiati a morte nelle caserme della polizia oppure gettati nella Senna. Il capo della polizia che sopraintendeva alle operazioni di sicurezza e che sembra avessero diretto il massacro del 1961, non era altri che Maurice Papon che, quasi 40 anni dopo è stato accusato di crimini contro l’umanità durante il regime di Vichy del generale Pétain durante l’occupazione nazista.

Il conflitto algerino è finito in un bagno di sangue. I coloni francesi “pied noir” (http://it.wikipedia.org/wiki/Pieds-noirs) si sono rifiutati  di accettare il ritiro della Francia, hanno appoggiato l’OAS segreta nell’attaccare i musulmani algerini e hanno incoraggiato le unità militari francesi ad ammutinarsi. A un certo punto, De Gaulle ha temuto che in paracadutisti francesi tentassero di prendere il controllo di Parigi.

Quando è arrivata la fine, malgrado le promesse dell’FLN di proteggere i cittadini francesi che avevano scelto di restare in Algeria, ci sono state uccisioni di massa ad Orano. Fino a un milione e mezzo di uomini, donne e bambini bianchi – davanti alla scelta tra “la bara o la valigia” – sono partiti per la Francia, insieme a migliaia di combattenti algerini “harki” (paramilitari) leali che avevano combattuto con l’esercito ma che erano poi stati abbandonati da De Gaulle al loro terribile destino. Alcuni sono stati costretti a inghiottire le loro medaglie militari francesi e sono stati buttati in fosse comuni.

Ma gli ex colonizzatori francesi che consideravano ancora francese l’Algeria – insieme a un’esausta dittatura dell’FLN che aveva preso il controllo del paese indipendente – hanno istituito una pace fredda in cui la residua rabbia dell’Algeria, in Francia e anche nella loro terra natia, si è stabilizzata  in un risentimento duraturo.

In Algeria, la nuova elite nazionalista si è imbarcata in una in una disperata industrializzazione in stile sovietico del loro paese. Gli ex cittadini francesi hanno chiesto enormi risarcimenti; in effetti, per decenni, i francesi hanno conservato tutte le mappe delle reti fognarie  delle più importanti città algerine, in modo che i nuovi proprietari dell’Algeria hanno dovuto scavare miglia quadrate di strade cittadine ogni volta che scoppiava una conduttura dell’acqua.

E quando è cominciata la guerra civile algerina degli anni ’80 – dopo che l’esercito algerino aveva cancellato un secondo turno di elezioni che gli Islamisti erano sicuri di vincere – il “potere” corrotto dell’FLN e i ribelli musulmani si sono avventurati in un conflitto altrettanto orribile della guerra franco-algerina degli anni ’50 e ’60. Torture, sparizioni, massacri nei villaggi sono ripresi. La Francia ha sopportato con discrezione una dittatura i cui capi militari  hanno messo da parte  milioni di dollari nelle banche svizzere.

I musulmani algerini di ritorno dalla guerra contro i Sovietici in Afghanistan, si sono uniti agli islamisti nelle zone di montagna, uccidendo alcuni dei pochi cittadini francesi rimasti in Algeria. E molti se ne sono andati successivamente per combattere nelle guerre islamiste in Iraq e dopo in Siria.

Compaiono adesso i fratelli Kouachi, specialmente Chérif che era stato messo in prigione per aver portato i francesi a combattere contro gli americani in Iraq. E gli Stati Uniti, con l’appoggio francese, ora appoggiano il regime dell’FLN nella sua prolungata battaglia contro gli islamisti nei deserti dell’Algeria e nelle foreste di montagna, armando dei soldati che hanno torturato e ammazzato migliaia di uomini negli anni ’90.

Come ha detto un diplomatico americano proprio prima dell’invasione dell’Iraq del 2003, gli Stati Uniti “hanno molto da imparare” dalle autorità algerine. Potete capire perché alcuni algerini sono andati a combattere per la resistenza irachena. E hanno trovato una nuova causa…


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://www.independent.co.uk/voices/comment/charlie-hebdo-paris-attack-brothers-campaign-of-terror-can-be-traced-back- to-algeria-in-1954-9969184.html

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