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21 gennaio 2015

Je suis Badawi

Non una frustata in più contro Raif Badawi, il blogger condannato dai tribunali sauditi per offese all’islam. Sit-in a Roma e Milano

Il 9 gennaio scorso Raif Badawi, il blogger trentunenne saudita condannato a dieci anni di carcere e 1000 frustate per crimini informatici e offese all’islam, messi in atto attraverso il suo sito Saudi Liberal Network, aveva ricevuto le prime 50 fustigazioni in pubblico, davanti la moschea di al-Jafali nella città di Gedda, sul Mar Rosso. Le rimanenti 950 frustate erano state scaglionate in un periodo di 19 settimane.

Venerdì 16, la seconda serie di 50 frustate cui Badawi doveva essere sottoposto è stata sospesa, ufficialmente per ragioni mediche in quanto le ferite causate dai primi 50 colpi di frusta, la settimana precedente, non si erano cicatrizzate. Una punizione brutale, e una sentenza resta lì, è solo stata sospesa, e nonostante il caso sia all’esame della Corte suprema, le condanne restano in vigore e le sessioni di fustigazione in pubblico possono riprendere già da venerdì prossimo.

Per questo giovedì 22 gennaio Amnesty International terrà un secondo sit-it di fronte all’Ambasciata dell’Arabia Saudita a Roma, in via G.B. Pergolesi alle ore 11, per chiedere l’annullamento delle condanne a 10 anni di carcere e 1000 frustate per Raif Badawi. Al sit-in romano hanno aderito Articolo 21, la Federazione nazionale della stampa italiana  (FNSI) e Un ponte per…

Amnesty International Italia è intenzionata a proseguire la mobilitazione di fronte all’ambasciata dell’Arabia Saudita fino a quando le frustate non saranno definitivamente annullate.

Un altro appuntamento, stesso giorno stessa ora, è in fissato a Milano, di fronte al Centro visti per l’Arabia Saudita, in via Ludovico Settala 19.

E sono sempre di più, in tutto il mondo, le voci che si alzano per protestare contro la sorte dell’editore e blogger Raif Badawi che, in realtà, non ha mai attaccato i dogmi dell’islam, né sottoposto il Corano ad una propria esegesi. Ha solo espresso un’opinione politica e non religiosa. Ma nel regno wahabita i confini tra religione e politica sono inestricabili e le punizioni brutali.

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