Originale: teleSUR English

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22 aprile 2015

 

Un altro mondo di cui si ha molta necessità

di Boaventura de Sousa Santos

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

Scrivo da Tunisi mentre sto partecipando al World Social Forum  (24-28 marzo 2015) che ha luogo per la seconda volta di seguito nel paese che ha innescato la “Primavera Araba”. E’ passata una settimana dall’attacco terrorista che ha ucciso 21 persone. Il primo fatto notevole da far notare che più di 50.000 partecipanti di 121 nazioni si sono rifiutati di essere intimiditi dagli estremisti e hanno insistito a partecipare in solidarietà con il popolo della Tunisia, il paese  che è riuscito meglio di tutti gli altri paesi del Maghreb ad attuare una transizione dalla dittatura alla democrazia. Un paese con poche risorse naturali e che ha il turismo come industria principale. La Tunisia è nel cuore di una zona che una volta era la culla del capitalismo e che è stata sempre dominata dal commercio di risorse strategiche, dall’oro nel 14° secolo al petrolio del momento attuale.

La sua impressionante diversità culturale ha una presenza pervasiva, e dall’arte e dalla politica alla società in generale e a tutti gli aspetti della vita quotidiana. Molte culture – cartaginese (Berberi e Fenici), romana, cristiana, arabo-musulmana (arrivava dal Medio Oriente e dalla Penisola Iberica), ottomana, francese – si sono mescolate qui nel corso dei secoli. La Tunisia è stato il luogo di nascita e la dimora di Ibn Khaldun (1332-1406), uno dei fondatori della moderna scienza sociale. Dieci secoli prima di questo, Agostino, lui stesso precursore del modernismo utopico e della critica contro il colonialismo, tra diverse altre cose – era nato nella città romana di Ippona  (ora si chiama Annaba ed è nell’attuale Algeria), soltanto a poca distanza.

Forse molti saranno sopresi di sapere che in questi giorni il 31% dei membri del Parlamento della Tunisia sono donne, mentre secondo alcuni commentatori le donne sono state le più  convinte sostenitrici della transizione democratica nel paese. In una parola, è difficile sfuggire alla magia del posto. Il tema centrale era lo stesso di quello del primo incontro del World Social Forum a Tunisi, tenutosi nel 2013: la dignità umana. Il concetto è allo stesso tempo vasto e interculturale, dato che comprende  diritti umani  a base occidentale  e idee di rispetto per gli esseri umani, per le loro comunità e per la natura stessa  considerata come un essere vivente e fonte di vita, come avviene nel caso del la visione del mondo indigena e contadina e anche dell’Islam coranico. Questo ampio argomento è stato coperto da una vasta gamma di discussioni sulle tre principali fonti di dominio e di oppressione del nostro tempo: capitalismo, colonialismo (razzismo, xenofobia e islamofobia) e patriarcato – mirato o a rivelare le situazioni reali o a suggerire scenari alternativi.

Dal momento che il WSF è stato istituito 15 anni fa, una speciale preminenza è stata data a molti temi: l’apparentemente inarrestabile avanzata della versione più antisociale del capitalismo (neo-liberalismo della finanza basato sul capitale) mentre

colpisce l’Europa cullata in un falso senso di sicurezza; la scandalosa concentrazione di ricchezza – secondo i dati Oxfam, le 85 persone più ricche del pianeta possiedono tanta ricchezza quanta quella della popolazione della metà più povera del mondo (3,5 miliardi di persone); distruzione ambientale che deriva dallo sfruttamento senza precedenti delle risorse naturali; l’espulsione dei contadini dalle loro terre ancestrali per fare spazio all’agricoltura  industriale e all’accaparramento di terre su vasta scala   che comporta; l’invasione di semi transgenici e dei prodotti geneticamente modificati (come la frutta e l’eucalipto) che priva i contadini del controllo sui semi, distruggono la biodiversità, uccidono le api e causano danni alla salute umana; l’aumento della violenza politica e la necessità di denunciare non soltanto il terrorismo, ma anche il terrorismo di stato, che ha sempre fatto ricorso agli estremisti per perseguire i suoi scopi; il tragico deterioramento delle condizioni di vita dei palestinesi, soggetti alla forma più violenta e aggressiva di colonialismo da parte di Israele; l’eroica lotta del popolo Saharawi nella loro lotta per l’indipendenza e la liberazione dal colonialismo del Marocco.

E’ ora di fare il punto della situazione su  questi quindici anni a partire  dal primo incontro del WSF. Il WSF ha reso possibile che i movimenti sociali in tutto il mondo si conoscano meglio e coordinino le loro lotte che sono esemplificate al meglio dalla Via Campesina e dalla Marcia Mondiale delle Donne. La verità, tuttavia, è, che neh frattempo il mondo è diventato più violento, ingiusto e disuguale,  e molti tra di noi (compreso me) credono che il WSF avrebbe dovuto essere rinnovato nel corso degli anni, in modo da svolgere un ruolo più forte nel formulare proposte e politiche. Una cosa è certa: anche se ci sono quelli che dubitano che un altro mondo sia possibile, il WSF ha chiaramente dimostrato che c’è urgente necessità di un altro mondo.

 

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

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Fonte: http://zcomm.org/znet/article/another-much-needed-world

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