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12 ott 2015

 

La Turchia in piazza contro Erdogan

 

Sale a 97 il bilancio delle vittime delle esplosioni di sabato. Nessuna rivendicazione: il governo accusa Pkk e Isis. Dietro la politica della paura imbastita dal presidente

 

Roma, 12 ottobre 2015, Nena News –

 

“Le indagini per l’identificazione dei due uomini kamikaze stanno proseguendo”. Così l’ufficio del primo ministro ha commentato stamattina gli scarsi risultati sull’inchiesta in corso, dopo il massacro di sabato. Il numero delle vittime è salito a 97, tra loro un palestinese. Novandue morti sono stati identificati. Il governo ha fatto sapere di aver arrestato quattro sospetti membri dell’Isis ad Adana, città meridionale della Turchia, senza però specificare se siano o meno collegati all’attacco alla stazione dei bus.

Per ora nessuno ha rivendicato la doppia esplosione che ha colpito la marcia della pace di Ankara, sabato mattina. Il premier Davutoglu ha già pensato di scaricarne la responsabilità sul Pkk o sullo Stato Islamico. Per qualsiasi osservatore a conoscenza dell’attuale situazione interna turca, appare difficile pensare che dietro la strage ci sia il movimento kurdo, visto che la marcia era stata organizzata per chiedere la fine delle operazioni militari turche contro il Pkk e vista anche la decisione della leadership del Partito dei Lavoratori di interrompere le azioni militari in attesa del voto. Una decisione rigettata dal governo turco che ha risposto chiedendo l’abbandono delle armi e l’uscita dei combattenti kurdi dal paese.

Molto più probabile che si tratti di un’azione ordita dai miliziani dell’Isis, presenti sul territorio turco da tempo, grazie alla benevolenza del governo di Ankara che da tempo garantisce loro libertà di movimento da una parte all’altra del confine con la Siria. È accaduto già a Suruc, città kurdo-turca a sud, il 20 luglio scorso quando a morire in un attentato furono 33 giovani della sinistra turca.

Non manca nemmeno chi ritiene che dietro l’attacco alla manifestazione organizzata dal partito di sinistra Hdp ci sia la longa manus dei servizi segreti e dello stesso governo che da giugno ha aperto una campagna di terrore e paura volta a garantirgli la rielezione nel voto del primo novembre.

Accuse, supposizioni, che per ora ovviamente non trovano conferme. La responsabilità di Ankara però c’è ed è concreta: la campagna elettorale di Erdogan, uscito indebolito dal voto di giugno, è subito stata imbastita sulla necessità dell’uomo forte (e solo) al comando, che sappia frenare le violenze interne ed esterne. Ma quelle violenze sono state accese dagli stessi incendiari che si mascherano da pompieri: attacchi alla stampa independente, operazioni militari contro il Pkk nel nord dell’Iraq, coprifuoco e repressione del popolo kurdo nel sud del paese, centinaia di morti.

Alla politica del governo risponde la piazza: ieri migliaia di persone sono scese per le strade di Ankara e in piazza Sihhiye, vicino al luogo del massacro, per esprimere tutta la rabbia per il massacro e contro il governo di Davutoglu e Erdogan. “Dimettetevi” e “Erdogan assassino”, gli slogan più sentiti tra la gente. Sabato manifestazioni spontanee si erano svolte a Istanbul e a Diyarbakir, città considerata “capitale” del Kurdistan: in 10mila hanno commemorato le vittime della strage. Nena News

 

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