http://it.ibtimes.com

13.03.2015

 

Nucleare, bilancio degli ultimi 30 anni: meno armi, più attori, minaccia invariata. E ora?

di Emanuele Vena

 

Trent'anni di impegni, dichiarazioni di intenti, firme ufficiali e azioni effettive. Ma stando alle cifre ufficiali, la lunga strada del disarmo nucleare nell'ottica di una riduzione del rischio di conflitto atomico sembra aver prodotto un nulla di fatto.

 

Un lungo percorso

Il 1986 è stato l'anno in cui è stato toccato il livello più alto di testate nucleari presenti nel mondo, sfondando la ragguardevole quota di 60 mila. Da lì in poi è stata una lunga discesa, favorita innanzitutto dal disgelo e dalla successiva fine della guerra fredda, che ha prodotto accordi bilaterali in serie tra Stati Uniti ed Unione Sovietica (prima, e Russia poi), vale a dire i cosiddetti Start I, Start II e New Start, preceduti e succeduti da accordi più globali, rappresentati rispettivamente dal Trattato di Non Proliferazione (TNP) e dal Trattato di messa al bando dei test nucleari (CTBT).

La lunga fase di politica volta al complessivo disarmo ha ridotto notevolmente il rischio nucleare. Per capirlo, basti pensare al famoso Doomsday Clock, "l'orologio dell'apocalisse" ideato dagli scienziati del Bulletin of Atomic Scientists dell'Università di Chicago, che dal 1947 calcola metaforicamente i minuti che separano la Terra dalla "mezzanotte", vale a dire la guerra atomica e conseguente distruzione del globo. Secondo i dati del Doomsday Clock - aggiornati annualmente in base all'evoluzione della situazione nucleare all'interno della comunità internazionale - la distanza dalla mezzanotte è passata dai 3 minuti registrati a metà anni Ottanta (momento di gelo nei rapporti USA-URSS) sino ai ben 17 del 1991, in seguito alla fine della Guerra Fredda e alla nascita di un mondo unipolare.

Dal 1995 in poi, però, la minaccia è tornata a crescere. Se gli ultimi 20 anni hanno fatto registrare un'ulteriore massiccia riduzione dell'arsenale nucleare - passato da circa 50 mila a più o meno 10 mila testate - le lancette dell'orologio sono tornate ai livelli di 30 anni fa. Questo perché, nel frattempo, è aumentato sempre di più il numero di Paesi in grado di poter costruire una bomba atomica, come dimostrano gli esperimenti nucleari di India e Pakistan di fine anni '90 a quelli della Corea del Nord del 2007, la quale nel 2001 ufficializzò il proprio ritiro dal TNP. A spostare le lancette più vicino alla mezzanotte hanno poi contribuito anche altre calamità, dai tragici eventi dell'11 settembre 2001 - che evidenziarono la fragilità degli USA nel garantire la sicurezza del proprio territorio - al riscaldamento globale che, pur avendo poco a che fare col rischio nucleare, ha comunque contribuito ad avvicinare il pianeta al baratro.

E ora che si fa?

E così, come sottolinea l'Economist, si è venuto a creare un enorme paradosso: la presenza di sempre meno armi ma di un numero crescente di attori in grado di maneggiarle. E, in quanto tale, di riportare la minaccia ai massimi livelli.

Come agire? Sembra evidente che alcune mosse dipinte all'epoca dei fatti come lungimiranti - a partire dall'apertura di Obama alle trattative con l'Iran sul nucleare e all'obiettivo di eliminare la minaccia atomica "nel giro di una generazione", nodo chiave di quel processo che avrebbe portato il presidente statunitense a vincere il Nobel per la Pace - alla lunga possano essersi rivelate controproducenti. Anche perché nulla esclude che l'Iran possa interrompere le trattative e puntare all'arricchimento di uranio per scopi bellici, come temuto da Israele, che non a caso è tra i Paesi più contrari all'accordo. Lo stesso vale per l'azione della Russia che - se minacciata da un Occidente nettamente contrario all'espansionismo regionale di Mosca - potrebbe prediligere canali di dialogo alternativi, a partire proprio da partner potenzialmente "esplosivi" come Iran, Cina e Corea del Nord.

La sensazione è che ci si continui a muovere su un campo che resta, a tutti gli effetti, un territorio minato. E che, soprattutto, non può essere più trattato come un problema a sé stante, come evidenziato dalla presenza di tanti effetti ed eventi collaterali e potenzialmente stimolanti, dalla crisi ucraina all'avanzata del fondamentalismo dello Stato Islamico sino alle diatribe regionali che nel Pacifico coinvolgono la Cina ed il vicinato. E perciò risulta evidente come solo un'attenta valutazione multi sfaccettata possa effettivamente contribuire a spingere con decisione le lancette sempre più lontano dalla mezzanotte.

 

 

Leggi anche:

Quali sono gli Stati con armi nucleari?

Iran e nucleare: per gli americani l'accordo non scongiurerà l'atomica

top