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5 novembre 2015

 

4 novembre, ho ricordato con rabbia

di Matteo Saudino

docente di storia e filosofia a Torino

 

Il 4 novembre 1918 terminava la grande guerra degli italiani. Con oltre 600.000 morti, milioni di feriti, migliaia di orfani e vedove l’Italia pagava a caro prezzo la sciagurata partecipazione a un conflitto figlio delle politiche imperialiste e nazionaliste dei principali stati europei e di un capitalismo industriale e militare violento e aggressivo.

Milioni di contadini e operai, che nei singoli paesi stavano lottando contro il barbaro sfruttamento del lavoro portato avanti da padroni senza scrupoli, furono mandati ad uccidersi reciprocamente al fronte in trincea, trasformando così la verticale ed emacipatoria lotta di classe tra sfruttati e sfruttatori in una guerra orizzontale tra popoli e lavoratori. La prima guerra mondiale sancì la sconfitta del pacifismo e la drammatica fine della sinistra internazionalista, che fu sostituita dalla miope nascita delle sinistre chiuse nei recinti delle patrie.

Dalla macerie economiche e dalla macelleria sociale di tale intervento in guerra, che il governo italiano firmò in segreto a Londra contro la volontà del parlamento, a maggioranza neutralista, e con il decisivo appoggio del re Vittorio Emanuele III, sorgeranno la dura repressione del movimento operaio e il ventennio di dittatura fascista. La lucida cecità e crudeltà della classe dirigente liberale e nazionalista e dei vertici militari europei condusse il vecchio continente al suicidio politico ed economico e alla morte di oltre dieci milioni di persone.

Per questo, oggi come ieri, davanti alle guerre di lor signori, mascherate da conflitti per la nazione, per dio, per la pace, per la giustizia o per la libertà, l’unica soluzione è l’obiezione di coscienza, come atto di virtù e di lungimiranza politica.

 

Note a piè di pagina.

Il 4 novembre come festa delle forze armate e della vittoria della prima guerra italiana fu reintrodotto nel calendariano repubblicano da Carlo Azeglio Ciampi, al fine di aumentare il senso di appartenenza alla patria del popolo italico, il quale si identifica nella nazione solo quando giocano gli azzurri del calcio. Una mossa ideologica che prova a trasformare un giorno di lutto e disperazione in una ricorrenza pubblica in cui poter celebrare le patrie virtù. Ma la memoria di quall’inutile strage non può essere stravolta. La festa del 4 novembre non cancellerà mai il vero volto della grande guerra: quello di Cadorna che scappa mentre i soldati muoiono a Caporetto o quello dei carabinieri che sparano alle spalle dei soldati che ripiegano in trincea perché non vogliono morire trafitti dalle mitragliatrici nemiche.

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