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28 dicembre 2013

 

Paul Gauguin - La nascita di Cristo figlio di Dio

 

Te tamari no Atua (La nascita di Cristo figlio di Dio) fu ispirata da un episodio reale della vita di Gauguin: il primo dicembre 1896, Pahura, la seconda compagna tahitiana del pittore, mise al mondo un bambino. E' chiaro dunque che l'intenzione era quella di proporre una Natività dai caratteri profondamente umani, inserendo la Nascita del Cristo e la maternità di Maria in un contesto quotidiano e terreno secondo l'idea che sia Dio a scendere tra gli uomini e non l'uomo ad innalzarsi a Dio.

 

Questo dipinto, inoltre, s'ispira alle riflessioni di Gauguin sulle affinità e similitudini fra il cristianesimo e le religioni orientali, a cui appartiene anche quella Maori. Il pittore espose le proprie idee, punteggiate da numerosi esempi, nel suo manoscritto L'esprit moderne et le catholicisme del 1897.

 

La Natività è qui rappresentata attraverso i sogni che pervadono la mente della ragazza-Madonna distesa sul letto: 

la nascita del Cristo si materializza alle sue spalle come una continuazione della sua esistenza, come il ricordo di un'esperienza vissuta e come il frutto dei sogni erotici che accompagnano il suo riposo.

 

La sensualissima e umana Maria è adagiata sul letto. Sulla sua testa splende un'aureola dorata a testimonianza di come la purezza e la divinità della donna non stiano, per Gauguin, nella verginità ma in una visione del tutto terrena della Maternità. Cristo, figlio di Dio e fratello dell'uomo, nasce come frutto di un amore che porta connotati umanissimi e quotidiani. La purezza della Madonna, a sua volta, si manifesta in tutte le donne che ogni giorno mettono al mondo un figlio.

 

Sullo sfondo, i fantasmi erotici che pervadono il sogno di Maria danno frutto alla rappresentazione della sacra famiglia: una donna dai tratti indigeni e primitivi (che rappresenta la stessa Maria) tiene tra le braccia Cristo. Accanto, il palo evoca i simboli del paganesimo primitivo e allude alla continuità, all'unità del sacro. A destra, infine, due buoi vicino ad una mangiatoia ripropongono un altro elemento iconografico tipico della Natività cristiana.

 

Secondo Field, l'immagine della stalla fu copiata da una fotografia di un'opera di Octave Tassaert, Interno di una stalla. E' interessante sapere che le fotografie di opere d'arte portate a Tahiti da Gauguin provenivano dall'archivio di Arosa, amico e protettore del pittore. Per la sagoma del bue, il pittore ha ripreso il suo dipinto bretone del 1894, Notte di Natale, che aveva portato con sé in Polinesia. 

Dunque, la serie di fotografie e xilografie che fanno indirettamente riferimento a questa tela permettono di seguire l'elaborazione del concetto, caro all'artista, di sincretismo tra credenze cristiane e quelli orientali, tra cristianesimo primitivo e laicismo. Sincretismo di cui quest'opera dà manifesta testimonianza.     

 

Infine, la rappresentazione della Natività, essendo qui frutto dei ricordi e dunque della memoria della donna, è rappresentata in maniera evanescente: la memoria non dà particolari e mette la sordina ai colori; di conseguenza l'andamento dei contorni è semplice, il colore è disteso in zone larghe e piatte, senza splendore né vibrazione. L'emozione, remota nel tempo, è maturata nella memoria, è diventata pensiero. 

Poiché l'immagine occupa uno spazio e un tempo interiori, non possono esservi effetti di luce: la luce non incide ma emana. Dunque Gauguin non contrappone l'immaginazione alla sensazione visiva: nel suo pensiero l'immaginazione non è contro la coscienza della realtà o al di là di essa, ma è un'estensione della coscienza che comprende anche la vita vissuta, il passato. Il Cristo di Gauguin non nasce dalla verginità di Maria, ma dai ricordi erotici e del tutto umani di una donna terrena.

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