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29 ottobre 2015

 

Ad Afula nessun tentato accoltellamento

 

Pubblicati i risultati dell’inchiesta sul ferimento della giovane palestinese Israa Abed: la polizia aprì il fuoco ma la donna non rappresentava un pericolo.

 

ore 13 – SECONDO PALESTINESE UCCISO OGGI A HEBRON

A poche ore dall’uccisione del 23enne palestinese Mahdi Mohammed Ramadan al-Muhtasib, vicino alla Moschea di Abramo, l’esercito israeliano ha aperto il fuoco vicino la colonia di Beit Hadassah, nella Città Vecchia di Hebron, e ucciso un altro palestinese. Anche in questo caso, i soldati hanno detto di aver reagito ad un tentativo di accoltellamento di un militare.

Come avvenuto stamattina, testimoni – tra cui il noto attivista palestinese Issa Amro, presente sul luogo – hanno raccontato di non aver visto coltelli in mano al palestinese ucciso. Sale a 65 il bilancio dei palestinesi morti dal primo ottobre.

 

ore 12.45 – PALESTINESE MUORE IN UN CHECKPOINT A GERUSALEMME

Un uomo palestinese, il 52enne Nadim Shqeirat, residente nel quartiere di Gerusalemme Est Jabal al-Mukabber è morto stamattina per un attacco di cuore e la lentezza dell’ambulanza ad arrivare a causa dei numerosi checkpoint posti intorno alla zona. I soccorsi palestinesi sono arrivati troppo tardi a causa dei controlli della polizia israeliana, mentre i medici israeliani si sono rifiutati di entrare nel quartiere.

 

Gerusalemme, 29 ottobre 2015, Nena News –

 

L’ennesima uccisione. Stamattina un 23enne palestinese è morto dopo essere stato colpito dal fuoco dell’esercito israeliano vicino alla Moschea di Abramo ad Hebron. Sale così a 20 il numero di palestinesi uccisi nella città a sud della Cisgiordania e a 64 il bilancio totale delle vittime palestinesi dal primo ottobre. Undici i morti israeliani.

Secondo un testimone che ha parlato con l’agenzia stampa Ma’an News, un soldato avrebbe colpito il giovane alle spalle,per poi mettere un coltello vicino al suo corpo. Un altro ha raccontato di aver visto il ragazzo correre per poi essere colpito. Diversa la versione dell’esercito, secondo il quale il palestinese voleva accoltellare un militare.

Subito sono scoppiati scontri nella zona, come avviene ormai da un mese ad Hebron e in tutti i Territori Occupati. A preoccupare è l’altissimo livello di paranoia e paura che sta avvolgendo il paese. Sono sempre più numerose le accuse rivolte alle forze militari israeliane di uccidere impunemente palestinesi accusandoli poi di voler compiere attacchi contro civili o militari.

Accuse che tornano in auge dopo i risultati dell’inchiesta – pubblicati ieri dal Ministero della Giustizia israeliano – sul ferimento della giovane palestinese Israa Abed, 28 anni, residente a Nazareth, colpita il 9 ottobre scorso dalle pallottole della polizia nella stazione degli autobus di Afula, città a nord di Israele. Secondo la polizia, aveva in mano un coltello e aveva intenzione di compiere un’aggressione. Una serie di video girati dai presenti la mostrano in piedi circondata da poliziotti, con le mani alzate, prima di venir colpita più volte.

 

Ieri il Ministero ha ammesso che la donna non intendeva compiere alcun attacco, ma intendeva farsi sparare. Secondo il governo, infatti, la donna soffrirebbe di depressione a causa del divorzio e avrebbe finto di essere pericolosa per farsi uccidere. Che si tratti di un’aspirante suicida o no, la reazione della polizia ha superato il limite: la donna non rappresentava alcun pericolo.

“La polizia ha provato quello che dicevamo fin dall’inizio – ha detto alla stampa il padre, Zeidan Abed, dopo la chiusura dell’inchiesta – Israa è una donna che ha studiato, che vuole servire la sua comunità e non voleva ferire nessuno”. Secondo Channel 2, emittente tv israeliana, i quattro poliziotti che le spararono saranno sottoposti ad indagine interna.

Nell’assenza della politica le violenze proseguono. I giovani palestinesi, in prima fila nella sollevazione contro l’occupazione israeliana, non hanno – né vogliono – sostegno da parte dei partiti politici che per anni li hanno ignorati. In ogni caso, è palese l’incapacità della leadership palestinese a gestire gli eventi, schiacciata tra la necessità di mostrarsi come cane da guardia dello status quo e il migliore dei partner per la pace e il bisogno di avvicinarsi di nuovo alla base.

L’Autorità Palestinese non sa come muoversi e allora cerca di agire dentro la comunità internazionale: ieri il presidente dell’Anp, Mahmoud Abbas, da Ginevra ha chiesto all’Onu di creare un regime speciale per la protezione del popolo palestinese. “Un intervento forte e decisivo, un regime speciale di protezione internazionale”, ha detto Abbas aggiungendo di non voler più perdere tempo con negoziati fini a se stessi senza che si ponga fine all’occupazione.

L’intervento di Abbas segue all’annuncio dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina di pochi giorni fa: Olp e Lega Araba stanno lavorando ad una risoluzione da presentare al Consiglio di Sicurezza Onu per il ritiro israeliano dai Territori Occupati entro 12 mesi. Nena News

 

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