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5 novembre  2015

 

Coesistenza con l’Apartheid?

di Ramzy Baroud

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

C’è una probabilità che abbiate sentito parlare della famosa autrice britannica, J K Rowling, che ha scritto la famosa serie di fantasia ‘Harry Potter’. Mentre sapevo dei suoi libri attraverso i miei compagni adolescenti – sapevo poco dell’autrice stessa, fino a poco tempo fa.

Con il titolo obliquo, “Israele ha bisogno di ponti culturali, non di boicottaggi”, la Rowling insieme ad alcuni celebri scrittori, ha discusso contro i crescenti inviti a un boicottaggio accademico di Israele.

Usando una terminologia generalizzata, ambigua che offriva poco nel senso di costringere Israele a terminare la sua continua occupazione a Gerusalemme e in Cisgiordania, il genocidio e l’assedio di Gaza e la prolungata discriminazione istituzionale contro gli arabi e altre minoranze presenti in Israele, la Rowling si schierava invece a favore dello ‘impegno culturale’. Tale impegno, dice la sua lettera, “costruisce ponti, alimenta la libertà e il movimento positivo per un cambiamento. Approviamo completamente l’incoraggiamento per uno strumento così potente di cambiamento, piuttosto che boicottarne l’uso.”

L’autrice sembra sconnessa dalla realtà della vita nel regime dell’Occupazione israeliana. Il giorno che scrivevo questo articolo, ho parlato con Ismail Abu Aitah, un giovane uomo di Gaza che ha perduto i suoi genitori, i suoi fratelli e uno dei suoi nipoti quando Israele ha fatto saltare in aria la loro casa durante la guerra dell’estate 2014. Anche lui era stato gravemente ferito, insieme a quasi ogni membro della famiglia che è sopravvissuto.

“Mi dispiace, Ramzy, non posso darti le date e gli orari precisi di quello che    alla mia famiglia,” mi ha scritto in un messaggio su Skype. “Dopo il 24 luglio 2014, ho perduto interesse per la vita e ho smesso di prestare attenzione al passare del tempo.”

Come si deve consolare Ismail? Come si devono consolare le famiglie di oltre 2.200 palestinesi uccisi nella scorsa guerra, gli oltre 400 della guerra precedente, e gli oltre 1430 nella guerra prima di quella, oltre alle decine di migliaia di feriti e mutilati? Non dimenticando i molti uccisi in Cisgiordania in ottobre soltanto, alcuni dei quali uccisi a bruciapelo?

Sarà sufficiente l’invito all’impegno di J K  Rowling?

Secondo lei, anche gli atti non-violenti di  affrontare i continui massacri a Gaza e l’occupazione militare in Cisgiordania sono eccessivi. “I boicottaggi culturali che isolano Israele provocano divisione e discriminazione, e non promuoveranno la pace,” dice la lettera che ha firmato.

Amnesty International ha detto che la replica violenta di Israele a un insurrezione in crescita nella Palestina Occupata sembra aver “strappato il regolamento ed essere ricorso a misure illegali ed estreme.” Ma con un sacco di risoluzioni dell’ONU mai rispettate, le Convenzioni di Ginevra mai soddisfatte e le leggi umanitarie mai considerate, Israele, tanto per cominciare, non ha mai seguito un regolamento.

Il razzismo in Israele è così diffuso che avere la pelle scura in quel paese può essere un’esperienza terrificante. Quando un quotidiano convenzionale come il Washington Post intitola un servizio speciale “Il governo di Israele ai profughi: tornate in Africa o andate in prigione”, questo è un indicatore che Israele ha un problema serio.

Se J K Rowling e i suoi pari non vedono l’urgenza di lottare per milioni di palestinesi che sopportano morti e discriminazione quotidiana (come hanno fatto per 67 anni), quale è la loro reazione alla violenza contro gli africani e le persone con la pelle scura, che vengono picchiate dalle folle e maltrattati dalla polizia e discriminati dal governo stesso?

Immaginate che la vita sia mille volte peggiore per i palestinesi, in una nazione costretta a scegliere tra due terribili destini: la povertà permanente e l’esilio da una parte, o la guerra perpetua e l’occupazione dall’altra.

“Cercheremo di informare e di incoraggiare il dialogo su Israele e i palestinesi nella più ampia comunità culturale e creativa,” dice la lettera di J K Rowling. Possono quelle élite ‘creative essere probabilmente  essere non più staccate dalla realtà nella misura in cui percepiscono una nazione che viene accusata di violare i diritti umani con tale impunità per sette decenni come una nazione che ha semplicemente bisogno di una spintarella per dialogare?

Aspettarsi un dialogo con il primo ministro di Israele, Benjamin Netanyahu, che ha appena disumanizzato ulteriormente i palestinesi accusandoli di avere inventato l’Olocausto, non è soltanto poco pratico, ma è proprio la definizione di follia – cercare il dialogo con un occupante bellicoso ripetutamente e aspettarsi risultati diversi.

Fortunatamente, l’intervento all’ultimo minuto della Rowling e la sua difesa di Israele a malapena nascosta, arriva in ritardo. E’ imminente un momento determinante, dato che centinaia di studiosi del suo paese hanno appena offerto il loro appoggio al boicottaggio accademico, che va ad aggiungersi  quello di 100 artisti che si sono uniti al boicottaggio culturale lo scorso febbraio e a centinaia di università e di accademici degli Stati Uniti che lo hanno fatto lo scorso agosto. Questi sono soltanto pochi esempi di una massiccia campagna non violenta che mira alle istituzioni accademiche e culturali israeliane – non agli individui – che contribuiscono direttamente o in altro modo all’ingiustizia che è inflitta quotidianamente ai palestinesi.

Gli studiosi del Regno Unito, oltre 300, e gli ultimi a unirsi alla campagna di boicottaggio erano, come altri migliaia, guidati dallo spirito della lotta contro l’ex governo sudafricano dell’apartheid che è stato largamente superato a causa della lotta e della determinazione dei Sudafricani e anche aiutato dalle azioni moralmente guidate di boicottatori in tutto il mondo, che comprendevano il paese di J K Rowling.

Se la famosa autrice avesse ottenuto il suo status attuale all’apice dell’Apartheid del Sudafrica, avrebbe diffuso un simile invito, dichiarando il suo “appoggio per il lancio e gli scopi della Cultura della Co-esistenza”, invece di chiedere la fine dell’Apartheid, anche se questo significava tagliare i legami con le istituzioni del governo dell’Apartheid? A questo punto la risposta è incerta.

Lo scorso febbraio, la lettera degli artisti britannici, in parte diceva: “Durante l’apartheid sudafricana, i musicisti annunciarono che non avrebbero ‘suonato Sun City’ (La città del sole) https://it.wikipedia.org/wiki/Sun_City_(singolo). Ora stiamo dicendo, a Tel Aviv, Netanya, Ashkelon o Ariel, che non suoneremo musica, non   accetteremo premi, non parteciperemo a mostre, festival o conferenze, non terremo corsi di perfezionamento o seminari fino a quando Israele non rispetterà la legge internazionale e metterà fine alla sua oppressione coloniale dei palestinesi.”

Ciò che è appropriato in Sudafrica dovrebbe essere appropriato anche per la Palestina, perfino se J K Rowling e i suoi rispettabili pari lo trovano troppo sgradevole.

 


Il Dottor  Ramzy Baroud scrive da 20 anni di Medio Oriente. E’ un opinionista che scrive sulla stampa internazionale, consulente nel campo dei mezzi di informazione, autore di vari libri e fondatore del sito PalestineChronicle.com. Il suo libro più recente è: My Father Was a Freedom Fighter: Gaza’s Untold Story(Pluto Press, Londa).  [Mio padre era un combattente per la libertà: la storia di Gaza che non è stata raccontata]. Il suo sito web è www.ramzybaroud.net


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://www.counterpunch.org/2015/11/05/co-existence-with-apartheid/

Originale: non indicato

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