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ott 13th, 2015

 

Ancora violenze per l'Intifada dei coltelli. Perchè a Netanyahu con conviene la pace

di Guido Keller

 

Ancora violenze in Israele, dove la Terza intifada, l'Intifada dei coltelli come in molti ormai la chiamano, è sprofondata in un’escalation difficile da fermare.

Gli ultimi gravi episodi hanno visto due attentatori aprire il fuoco ed accoltellare i passeggeri dell’autobus 78 Armon Hanatziv, a Gerusalemme Est, ed uccidere tre persone tra cui un rabbino prima di venire freddati; poco dopo un attentatore si è gettato con l’auto su una fermata a Malkei Israeli Street, in un quartiere ortodosso della città, uccidendo almeno una persona, dopodichè è sceso dall’auto e con un coltello ne ha ferite altre cinque prima di venire fermato; a Tel Aviv, nel quartiere periferico di Raanana, un palestinese ha ferito con un coltello un passante. Disordini sono in corso a Erez, valico fra Graza e Israele.

Il premier Benjamin Netanyahu ha convocato l’ennesima riunione d’emergenza del gabinetto di sicurezza, per cui già si preannuncia la risposta pesante dei militari; Hamas si felicita invece per l'”Intifada dei coltelli”, e le Brigate al-Qassam, il braccio militare di Hamas, si dicono pronte “a scacciare gli occupanti”.

Il momento di una nuova intifada non poteva essere peggiore, visto il quadro delle molte crisi in corso nel Medio Oriente, dalla Turchia allo Yemen, ma la verità è che per quante soluzioni al conflitto israelo-palestinese vengano disegnate, il governo Netanyahu, che sta in piedi grazie ai voti dei coloni e della destra nazionalista, continua a dimostrarsi immobile, se non addirittura a procedere con la colonizzazione dei territori occupati, forte dei potenti alleati a Washington.

Una realtà delle cose denunciata pubblicamente lo scorso 1 ottobre all’Onu da Abu Mazen, il quale aveva annunciato che l’Autorità nazionale palestinese non avrebbe inteso più essere legata agli accordi di Oslo del 1993, dal momento che Israele non li rispettava: gli accordi infatti prevedono la nascita di due stati, una soluzione per la quale Netanyahu mantiene un atteggiamento ambiguo.

“Comportandosi in questo modo – aveva spiegato Abu Mazen – Israele non ci lascia altra scelta. Non possiamo restare noi gli unici obbligati a rispettare gli accordi che Israele viola sistematicamente. Per questo dichiariamo che non possiamo continuare a essere legati a questi accordi e che Israele si deve assumere la sua piena responsabilità come forza di occupazione”.

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