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16 ott 2015

 

Oggi “Giornata di collera”

 

La Città Vecchia di Gerusalemme è blindata e presidiata da  centinaia di uomini dei reparti antisommossa della polizia. Ai palestinesi musulmani con meno di 40 anni è vietato andare a pregare sulla Spianata delle Moschee.

 

Gerusalemme, 16 ottobre 2015, Nena News –

 

Migliaia di agenti di polizia e della guardia di frontiera israeliana sono affluiti a Gerusalemme per la “Giornata della collera” proclamata per oggi, venerdì di preghiera per i musulmani, dal movimento islamico Hamas e da altre organizzazioni palestinesi per protestare contro Israele, le violazioni della Spianata di Al Aqsa e l’occupazione militare, nel nome dell’Intifada di Gerusalemme (chiamata Intifada dei coltelli dagli israeliani) divampata all’inizio di ottobre.

La Città Vecchia di Gerusalemme è blindata e presidiata da  centinaia di uomini dei reparti antisommossa della polizia. Ai palestinesi musulmani con meno di 40 anni è vietato andare a pregare sulla Spianata delle Moschee.

Restano operativi tutti i blocchi stradali messi in atto negli ultimi due giorni dalle forze di sicurezza intorno ai quartieri e sobborghi di Gerusalemme Est, la zona palestinese della città sotto occupazione israeliana dal 1967. Misure che, assieme alla demolizione delle case e alla confisca delle proprietà alle famiglie dei responsabili di accoltellamenti e attentati, sono descritte da alcuni centri per i diritti umani come “punizioni collettive” contro l’intera popolazione palestinese.

Scontri, accoltellamenti e violenze hanno ucciso nei giorni scorsi sette israeliani e oltre 30 palestinesi.

 

La Città Vecchia di Gerusalemme è blindata e presidiata da  centinaia di uomini dei reparti antisommossa della polizia. Ai palestinesi musulmani con meno di 40 anni è vietato andare a pregare sulla Spianata delle Moschee.

 

Intanto i palestinesi fanno i conti con i danni d’immagine provocati dall’incredibile errore commesso dai funzionari dell’Olp (o dell’Autorità nazionale palestinese), che mercoledì sera hanno spinto Abu Mazen, in diretta televisiva, ad accusare Israele e le sue forze di sicurezza di aver “giustiziato” in strada il 13enne palestinese Ahmad Mansara, responsabile assieme al cugino dell’accoltellamento di un coetaneo israeliano nella colonia di Pisgat Zeev (Gerusalemme). Ahmad Mansara invece è stato ferito e non ucciso ed è ora ricoverato in un ospedale israeliano. Il governo e i media di Israele ieri hanno diffuso foto e filmati del ragazzo palestinese nutrito e curato da medici e infermieri israeliani.  L’errore commesso ha immediatamente ridimensionato, agli occhi della comunità internazionale, il peso della denuncia fatta dai palestinesi di “esecuzioni sommarie”  di alcuni dei responsabili degli accoltellamenti avvenuti a Gerusalemme e in altre città da parte delle forze di polizia e di cittadini israeliani armati. A cominciare dal caso di Fadi Alloun a Gerusalemme all’inizio del mese.

Il premier israeliano Netanyahu ieri ha colto l’occasione dell’errore commesso da Abu Mazen per convocare una conferenza con la stampa estera.  «Abu Mazen mente e continua ad incitare – ha detto ai giornalisti – il ragazzino (Mansara) non è morto, è vivo e non è innocente, ha cercato di uccidere. I palestinesi si rifiutano di dire la verità». Netanyahu ha poi affermato che Israele si trova costretto «a difendersi da due grandi menzogne… addirittura fantastiche» ossia che intenderebbe «distruggere le moschee nella Spianata di Gerusalemme» e che compia «eliminazioni di palestinesi innocenti». «Ma come si comporterebbe la polizia di New York – ha chiesto retoricamente – se là la gente fosse uccisa per strada con pugnali e asce?».

In riferimento indiretto alle (blande) critiche giunte dagli Usa, in particolare dal Segretario di stato John Kerry che sta per tornare in Medio Oriente per tentare di avviare nuovi colloqui israelo-palestinesi, Netanyahu ha detto di aspettarsi che «i nostri amici non costruiscano false simmetrie tra i cittadini israeliani e quelli che li accoltellano a morte». Infine il colpo da maestro davanti ai corrispondenti di mezzo mondo: «Sono aperto a un incontro con Abu Mazen e con i leader arabi – ha proclamato il primo ministro israeliano – Penso che potenzialmente sia utile perchè può fermare l’ondata di istigazione», ma, ha aggiunto, «è lui (Abu Mazen) che non vuole incontrarmi». Nena News

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