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29/09/2015

 

Intesa sui negoziati di pace in Siria: Usa e Russia con i Paesi musulmani

di Maurizio Molinari

 

L’annuncio di Mosca: Iran, Turchia, Egitto e Arabia siederanno allo stesso tavolo. Il sì di Washington. In ottobre i primi contatti. Nessun accordo sul ruolo di Assad

 

Il Cremlino svela il Gruppo di Contatto sulla Siria con la partecipazione delle maggiori potenze del Medio Oriente nel giorno in cui a New York Vladimir Putin e Barack Obama ribadiscono dal podio del Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite il marcato dissenso sulla sorte del Raiss di Damasco, Bashar Assad.  

 

Da Mosca è Mikhail Bogdanov, inviato speciale russo in Medio Oriente, ad alzare il velo sulla mossa diplomatica in arrivo.  

 

«Si prevede che Russia e Stati Uniti prenderanno parte in ottobre a negoziati di pace sulla Siria assieme a Iran, Arabia Saudita, Turchia ed Egitto» fa sapere all’agenzia «Ria Novosty», sottolineando che «questi sono i Paesi partecipanti» e «vogliamo che i colloqui inizino il più presto possibile». Bogdanov ha il grado di vice ministro degli Esteri, è un veterano della diplomazia russa in Medio Oriente (parla arabo ed ebraico) ed è il regista, a fianco del ministro Sergei Lavrov, di un’iniziativa che punta a far sedere attorno ad un tavolo, assieme a Russia e Usa, le potenze regionali protettrici dei principali attori della guerra civile siriana: l’Iran sciita alleato di Assad, assieme a Arabia Saudita, Turchia ed Egitto che sostengono i ribelli sunniti.  

 

«Non abbiamo ancora deciso a che livello sarà il Gruppo di Contatto - aggiunge Bogdanov - ma credo che saranno livelli multipli» ovvero «esperti, viceministri e ministri se necessario». Gli incontri inizieranno dopo la formazione di «quattro gruppi di lavoro sulla Siria a Ginevra» con la collaborazione dell’inviato Onu sulla Siria, Staffan de Mistura «il cui ruolo è molto importante» sottolinea Bogdanov. Fra i Paesi citati spicca l’assenza degli europei - come singoli o Ue - ma fonti diplomatiche arabe non escludono «inviti ad altri Paesi».  

 

LA STRATEGIA  

Ciò che conta per il Cremlino è creare un tavolo con le potenze regionali del Medio Oriente: non a caso l’annuncio di Bogdanov avviene 36 ore dopo la telefonata di Putin al re saudita Salman e precede le parole pronunciate dal presidente russo all’Onu sulla necessità di «lavorare con i Paesi musulmani per sconfiggere il terrorismo dello Stato Islamico». 

 

L’intervento di Putin illustra l’approccio strategico della Russia che propone un’«ampia coalizione contro lo Stato Islamico» paragonando i jihadisti del Califfo Abu Bakr al-Baghdadi ai nazisti, invocando il precedente del Patto di Yalta del 1944 - che divise l’Europa post-bellica in sfere di influenza di Usa e Urss - come «esempio di garanzia di stabilità» ad un Medio Oriente in preda alle guerre. Il disaccordo con la Casa Bianca sul Raiss di Damasco resta intatto. Per Putin «bisogna sostenere Assad per combattere il terrorismo di Isis» mentre Obama rigetta la logica di «aiutare tiranni come Assad che massacrano civili innocenti perché l’alternativa sarebbe peggiore».  

 

È la riaffermazione, eclatante, di una divergenza strategica che però non impedisce a Obama di dire: «Siamo pronti a lavorare con Russia e Iran sulla Siria». Aprendo di fatto al Gruppo di Contatto. Anche i Paesi nominati da Bogdanov iniziano a ribadire le posizioni di partenza, come avviene alla vigilia di una trattativa. «È un errore indebolire Assad» afferma il presidente iraniano Hassan Rohani mentre il premier turco Ahmet Davutoglu ribadisce l’opposto: «Siamo convinti che con Assad al potere durante la transizione prevarrebbe lo status quo e ciò è inaccettabile».  

 

A poco più di venti giorni dall’inizio del ponte aereo verso Latakia per sostenere il regime, e con poco più di mille Marines nelle basi alawite, il Cremlino sfrutta l’intervento come trampolino per un’iniziativa politica tesa a comporre la guerra civile, ritagliandosi un ruolo di leadership regionale. 

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