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Settembre 29, 2015

Obama è ambiguo, l’Europa latita.
«Così Putin è diventato il vero punto di riferimento contro l’Isis»
Leone Grotti Intervista Gianandrea Gaiani, direttore di Analisidifesa

Schierando ingenti truppe in Siria per salvare Assad, Putin ha preso tutti di sorpresa.

La Francia bombarda lo Stato islamico «per mantenere un ruolo politico», Vladimir Putin schiera le sue truppe in Siria diventando «il vero punto di riferimento contro l’Isis» e mentre Israele si precipita a discutere con la Russia, Stati Uniti ed Europa latitano in modo preoccupante. «Il progressivo ritiro degli Stati Uniti dal Medio Oriente, insieme al vuoto totale dell’Europa, lasciano voragini aperte all’iniziativa russa»

Direttore, la Francia ha lanciato raid aerei contro un campo di addestramento dell’Isis in Siria. Che cosa spera di ottenere? La Francia ha capito che la Siria è l’ago della bilancia nella guerra all’Isis e cerca di ritagliarsi un ruolo da protagonista. L’incursione non cambia nulla nel contesto militare di questo conflitto, ma François Hollande vuole mantenere un ruolo politico. Finora, infatti, la coalizione guidata dagli Stati Uniti ha fatto oltre duemila raid, ma il 95 per cento di questi sono stati effettuati dagli americani. Il ruolo dei francesi, come degli inglesi, finora è stato marginale.

La Russia invece sembra aver preso in mano le redini del conflitto. È vero che ha già schierato l’esercito? I satelliti americani, gli stessi ai quali chissà perché sfuggono i movimenti dell’Isis, ci hanno mostrato gli aerei russi schierati a Latakia. Mosca ha già messo in campo una dozzina di carri T-90 e una cinquantina di velivoli: elicotteri da combattimento MI-28 e almeno due dozzine di cacciabombardieri tra Sukhoi Su-30, bombardieri Su-24 e aerei da attacco Su-25. Inoltre, ha schierato circa 1.500 uomini, di cui 500 fanno parte di un battaglione di fanti di marina, che forse hanno anche già combattuto. Insomma, Putin ha messo i famosi boots on the ground.

Come ha reagito la coalizione guidata da Barack Obama? Tutti sono rimasti spiazzati dalla velocità e determinazione di Putin, anche perché ha smascherato le ambiguità della coalizione arabo-occidentale. Le monarchie sunnite non hanno interesse a combattere i sunniti dell’Isis, anzi, e finora non hanno fatto nulla, mentre ci hanno messo pochissimo a inviare migliaia di uomini e centinaia di aeroplani in Yemen, per combattere gli sciiti. L’Occidente poi continua a dire di voler distruggere l’Isis, ma anche Bashar Al Assad. La Russia, con un colpo magistrale, si è infilata nelle pieghe di queste ambiguità, diventando il punto di riferimento per chi vuole davvero dare scacco ai jihadisti.

Ieri Obama e Putin si sono incontrati all’Onu. Il presidente americano, dopo aver duramente criticato Mosca, ha detto di essere pronto a «collaborare anche con la Russia per risolvere il conflitto». Riusciranno a trovare un accordo? La Russia vuole collaborare, dopo mesi di tensioni in Ucraina ed Europa. Obama è costretto a incontrare Putin per non dimostrarsi eccessivamente debole e per non rivelare il bluff della propria politica siriana. Un accordo salterà fuori, anche se temo sarà solo tecnico.

Cosa significa? Nei cieli della Siria ormai volano gli aerei israeliani, russi, siriani, americani, turchi ed europei. Per evitare che vi siano scontri serve un accordo tecnico su come operare tutti insieme. Dubito però che gli americani si metteranno a fare la guerra all’Isis insieme alla Russia.
Perché Putin si spende così tanto per la Siria? Perché è una guerra di casa. La Russia ha la consapevolezza strategica di questo conflitto: dopo l’alleato Assad, i jihadisti si sposteranno contro le repubbliche rosse del Caucaso e dell’Asia centrale, dove Mosca ha enormi interessi. Nell’Isis, poi, combattono circa 2.400 russi.

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu una settimana fa è volato a Mosca. Lo storico alleato degli Stati Uniti cosa aveva di così urgente da dire a Putin? Anche Israele doveva avere un chiarimento tecnico con la Russia, perché gli israeliani colpiscono spesso le armi che Siria e Iran fanno pervenire a Hezbollah in Libano. Il premier voleva poi capire gli obiettivi della Russia. Israele è in difficoltà con l’America, anche a causa dell’accordo nucleare con l’Iran, quindi l’intesa con Mosca è fondamentale. La verità è che Putin ha obbligato tutti a dialogare con lui, ma se anche gli alleati più stretti dell’America si affrettano ad essere ricevuti al Cremlino, vuol dire che non si fidano più tanto di Obama.

Stati Uniti ed Europa, durante la crisi ucraina, sembravano essere riusciti a mettere Putin nell’angolo. Che cosa è cambiato? Il progressivo ritiro degli Stati Uniti dal Medio Oriente, insieme al vuoto totale dell’Europa, hanno lasciato delle voragini aperte all’iniziativa russa. E Putin, che è spregiudicato e ha alle spalle una potenza, può giocare le sue carte, anche prendendosi un ruolo superiore di quello a cui avrebbe titolo considerando le sue reali forze. Ormai nessuno potrà più emarginarlo in sede Onu, ad esempio. Basta pensare che Putin vende all’Arabia Saudita i missili balistici e poi vende all’Iran i sistemi di difesa per neutralizzarli.

Assad è più sicuro di prima o la Siria rischia di far la fine della Libia? Putin ha detto chiaramente che per evitare una nuova Libia non si può prescindere da Assad. Ha già obbligato gli americani a dire che, sì, Assad deve andarsene ma in futuro, non subito. L’intervento russo di certo non potrà consentire al regime siriano di riconquistare i territori perduti, però gli permetterà di difendere le sue roccaforti lungo la costa, a Damasco e Homs.

Anche l’Iran ha l’occasione di uscire dallo stato di emarginazione in cui ha vissuto negli ultimi anni. L’Iran è tornato sulla scena grazie all’accordo nucleare e ha sempre avuto un ruolo fondamentale nella guerra allo Stato islamico. Non dimentichiamo che dopo la caduta di Mosul, nell’agosto del 2014, Baghdad è stata salvata solo grazie all’intervento dei pasdaran. Grazie alla mossa russa, poi, si rafforza la capacità iraniana di potenziare la mezzaluna sciita, contraltare geopolitico al monolite delle monarchie sunnite del Golfo.

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