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ott 5th, 2015

 

Al-Assad, ‘se serve mi dimetto’. E’ il compromesso Obama

di Enrico Oliari

 

Rispondendo ad un’intervista trasmessa dall’emittente iraniana Khabar Tv, il presidente siriano Bashar al-Assad ha per la prima volta manifestato la disponibilità a fare un passo indietro. Pur ribadendo che “ogni discorso sul sistema di Stato e sulle autorità del Paese è un affare interno della Siria” e che “sosteniamo ogni mossa politica che vada in parallelo con la lotta al terrorismo”, al-Assad ha infatti affermato che “se la soluzione dovesse essere il mio uscire di scena, non esiterò a farlo”.

Mentre continuano i raid russi, per cui vengono dati 3mila jihadisti in fuga verso la Giordania, il presidente siriano ha puntato il dito contro gli occidentali denunciando che “da quando si è formata la coalizione guidata dagli Usa, lo Stato Islamico si è espanso geograficamente e ha moltiplicato il reclutamento”. Per cui resta la nuova coalizione “composta da Russia, Siria, Iran e Iraq, la quale deve vincere o la regione sarà distrutta”.

E a chi ha parlato di “soluzione politica”, come due giorni fa il premier britannico David Cameron, al-Assad ha ricordato che “Non ci può essere una soluzione politica finché ci saranno stati che continueranno a sostenere il terrorismo”: “la guerra continuerà finché ci saranno coloro che sostengono il terrorismo”.

La questione delle dimissioni di al-Assad rappresenta uno degli elementi chiave per sbloccare la situazione nel quadro internazionale e potrebbe addirittura essere, al di là dei proclami, il risultato di un compromesso raggiunto in occasione del recente incontro fra il presidente russo Vladimir Putin e quello statunitense Barak Obama.

La posizione dell’occidente è stata ribadita da Obama all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, per cui “realisticamente dobbiamo richiedere una transizione che ci porti da al-Assad a un nuovo leader”, mentre Putin nel suo intervento ha detto che “Si vorrebbe chiedere a coloro che hanno creato questa situazione se almeno ora si rendono conto di cosa hanno fatto”. Pertanto “penso che sia estremamente importante aiutare a ricostruire le istituzioni statali in Libia, sostenere il nuovo governo iracheno e fornire assistenza completa al governo legittimo della Siria”.

Si tratta di due posizioni inconciliabili, le cui presentazioni hanno però preceduto l’incontro tra i due capi di Stato.

L’intervento russo in Siria e le possibili di dimissioni di Bashar al-Assad rappresenterebbero così una strategia obbligata per arrivare ad una ricomposizione degli equilibri, per cui la Siria continuerebbe a rimanere sotto l’influenza russa (lo è dai tempi dell’Unione Sovietica e a Tartus da sempre esiste una base militare di Mosca) e nel contempo vi sarebbe una transizione che porterebbe alla fine dell’era degli al-Assad in Siria, come chiedono soprattutto gli statunitensi.