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Mercoledì 17 febbraio 2016

 

Infanzie perdute

di Elio Boscaini

 

Il 12 febbraio si è celebrata la Giornata mondiale contro l'uso dei bambini soldato. L’occasione per fare il punto su un dramma che si rinnova. Specie in Africa dove il fenomeno è più radicato. L'istruzione è imprescindibile per salvare queste giovani vite.

 

Sono ancora migliaia i bambini-soldato sui campi di battaglia di tutto il mondo e soprattutto in quelli africani. Mentre milioni di bambini vanno a scuola, altri maneggiano armi. E il loro numero non diminuisce.

A parte Stati Uniti e Somalia, che non hanno ratificato la Convenzione internazionale dei diritti del fanciullo, la maggior parte delle nazioni hanno firmato i testi contro l’utilizzo dei bambini nei conflitti armati. Un regolamento in vigore dal 2002. Eppure, sarebbero ancora 250mila i ragazzi e bambini, tra i 6 i 18 anni, implicati in una trentina di conflitti nel mondo.

 

Soldati convenienti

Questi giovani consumano meno cibo degli adulti, sono docili e influenzabili e sono combattenti: seminano mine, funzionano da messaggeri, fanno le spie, cucinano, sono schiavi sessuali, ecc. Alcuni si arruolano per sfuggire ai maltrattamenti o alla povertà, molti, però, sono arruolati di forza o rapiti. Il grosso delle truppe è formato dai maschi, che però non sono le sole vittime: le ragazze si battono come loro e rappresentano la metà dei bambini-soldato nel mondo.

Alcune si arruolano volontariamente per fuggire alla schiavitù domestica o a un matrimonio forzato. Le bambine-soldato sono spesso vittime di stupro, tratta, sfruttamento, mutilazioni genitali, e rischiano spesso la maternità indesiderate. Di recente inoltre, come leggiamo abitualmente dalla cronaca, vengono anche trasformate in kamikaze, come succede nella regione attorno al lago Ciad dove agiscono gli estremisti islamici Boko Haram.

 

Fenomeno africano e mondiale

L'Africa è il più grande “reclutatore” di bambini-soldato. È là che sono più numerosi: Mali, Uganda, Centrafrica, Rwanda, Somalia, Sud Sudan, sono solo i contesti più conosciuti. Soprattutto nella regione dei Grandi Laghi. In Sud Sudan, secondo l’Onu, sarebbero 12 mila i bambini-soldato che si battono fra le fila dell’Esercito popolare di liberazione del Sudan e dei gruppi ribelli nel paese. Alcuni hanno combattuto più di 4 anni e non hanno mai visto una scuola.

 

Anche l’Europa conosce i suoi bambini-soldato, quelli che sono stati implicati nei gruppi armati in Cecenia e in Russia. In Sudamerica, è la Colombia a detenere il triste primato: 14.000 ragazzi sarebbero stati ingaggiati nei ranghi dei gruppi politici armati e dei gruppi paramilitari sostenuti dall’esercito. In Medioriente, bambini-soldato sono presenti: in Israele e nei Territori palestinesi occupati, in Iraq e in Iran. In Siria, tutti i gruppi ribelli, esercito nazionale compreso, li annoverano fra le loro fila.

Anche il sedicente Stato islamico diffonde video in cui appaiono bambini-soldato. Alcuni avrebbero solo 10 anni: sarebbero un migliaio e una novantina sarebbero già stati uccisi. In alcuni dei numerosi video pubblicati dal gruppo si è assistito anche ad atti macabri in cui, i “leoncelli del Califfato”, come li chiamano i jihadisti adulti, intervengono in una messa in scena in cui sgozzano o sparano alla testa degli ostaggi.

 

La guerra, il nemico più grande

I conflitti armati che insanguinano il mondo non hanno mai fatto tante vittime civili come in questi ultimi decenni. Esse rappresentano, infatti, il 90% dei morti. E di questo 90%, la metà sarebbero proprio bambini. Che siano soldati o meno, l’impatto delle guerre sui più piccoli è considerevole. In un decennio, più di due milioni di minori sono stati uccisi; 6 milioni almeno sono stati feriti e di questi una buona parte soffre un’invalidità permanente

Drammatico è anche l’impatto psicologico. I piccoli che si ritrovano di fronte alla decomposizione della loro vita sociale, agli stupri e alle violenze sulle loro sorelle o sulla mamma, sono psicologicamente traumatizzati a vita.

Anche i bambini che riescono a sfuggire alla guerra, non sono molto da invidiare. Sarebbero 20 milioni nel mondo quelli rifugiati nei paesi vicini o sfollati nel proprio paese. Peggio ancora, negli ultimi dieci anni, un milione sono quelli rimasti orfani o che sono stati separati dalla loro famiglia.

 

Istruire per prevenire

È da sottolineare che il reclutamento dei bambini-soldato avviene anche e soprattutto a seguito di un indottrinamento che avviene nei villaggi di campagna tra ragazzi spesso analfabeti. Dunque, oltre alla lotta alla povertà, alle sanzioni contro i gruppi armati e alla lotta contro il commercio d’armi, è l’educazione ad essere essenziale per salvare queste giovani vite spezzate dalla violenza e dalla brutalità. Per la prevenzione, diventa importante organizzare programmi scolastici che formino partendo dal concetto di pace così da contrastare il proselitismo dei ribelli. La pace va governata con le armi del buon senso, consegnando cioè ai ragazzi e alle ragazze “penne e quaderni”. Solo l’istruzione può sperare di salvarli.

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