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25 ottobre 2016

 

Tassi di anidride carbonica mai così alti. Fra i saluti delle Cop il pianeta si presenta come malato incurabile

di C. Alessandro Mauceri

 

Gli scienziati di tutto il mondo hanno lanciato un nuovo allarme a causa del continuo aumento dei livelli di CO2 nell’aria. Nei giorni scorsi l’Organizzazione meteorologica mondiale (Omm) ha confermato che le peggiori previsioni sono ormai realtà: per la prima volta la concentrazione media di anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera ha raggiunto (e superato) il traguardo di 400 parti per milione (ppm). A confermare questo dato è stato lo Scripps Institute for Oceanography di San Diego, in California.

Si tratta di un’informazione doppiamente importante. Innanzitutto perché è l’ennesima prova (se mai ce ne fosse ancora bisogno) che la situazione è ben più grave di quanto non abbiano voluto far credere i capi di stato, lo scorso novembre a Parigi e in Ruanda nei giorni scorsi.

Ormai è inconfutabile che non è più il momento di fare previsioni a lungo termine (entrambi gli accordi parlano di azioni da cominciare ad intraprendere non prima del 2019, ma in alcuni casi si parla di interventi non prima del 2029): è necessario agire immediatamente e sperare che questo sia sufficiente ad evitare il peggio. Sempre che, come affermano alcuni, i cambiamenti in atto potrebbero non siano già oggi permanenti e che la concentrazione di CO2 non possa più scendere al di sotto di questo valore. A dirlo è il capo del gruppo di ricerca californiano che ha condotto lo studio: “È possibile che ottobre scenda sotto i 400 ppm? Praticamente impossibile”, ha detto Ralph Keeling, aggiungendo che “Negli ultimi 20 anni ci sono stati solo 4 anni (2002, 2008, 2009 e 2012) nei quali a ottobre la concentrazione mensile era più bassa di settembre. Tuttavia in quegli anni il calo era di 0,45 ppm, quantità che non sarebbe abbastanza per far registrare una concentrazione inferiore a 400 ppm a ottobre di quest’anno”.

Quello registrato dai centri di ricerca rappresenta l’inizio di una nuova era climatica. A preannunciarlo era stato, alcuni anni fa, un consulente governativo, Dai Yande, vice capo della Energy Research Institute. Yande dichiarò che non esistevano le possibilità per il proprio governo di limitare l’aumento della temperatura a “soli” 2°C.

Si tratta di dati che dimostrano come molte delle misure promesse dai vari governi sono dei palliativi o addirittura delle vere e proprie farse. Basti pensare che negli Usa nei giorni scorsi una coalizione di 28 Stati e decine di aziende e gruppi industriali hanno contestato la legalità del Clean Power Plan (CPP), che è alla base della strategia di lotta ai cambiamenti climatici avanzata dal presidente (uscente) Barack Obama, è che decine di parlamentari di entrambi gli schieramenti hanno avanzato la proposta bislacca di escludere dal computo delle emissioni di gas serra prodotto dal Paese la CO2 emessa dalla combustione di biomasse finalizzata alla produzione di elettricità!

La situazione non è diversa anche in molti altri paesi responsabili delle maggiori emissioni di CO2. In Cina, in molte grandi città i valori di inquinamento superano abbondantemente i limiti di qualità dell’aria posti dal governo. Lo ha dimostrato uno studio che ha analizzato 161 città. Di queste oltre il 90 per cento ha superato la soglia massima ritenuta sopportabile. In molte di queste città i valori rilevati sono impressionanti: basti pensare che a Shanghai e a Pechino negli ultimi anni la media giornaliera di emissioni di PM2,5 è tra i 200 e i 300, ma si sono raggiunti picchi di 900, quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità fissa a 25 microgrammi per metro cubo il limite per la concentrazione di PM 2,5.

Stessa situazione in India, dove sembra che non interessi a nessuno quanti “gas serra” vengono sparsi nell’atmosfera e di quanto aumenterà la temperatura nel prossimo futuro. Basti pensare che le stazioni per il monitoraggio della qualità dell’aria in tutto il paese sono solo 39 (dati Greenpeace India) a fronte delle 1.500 presenti in Cina.

E anche nella “verde” Europa pare non manchino scheletri nell’armadio: sebbene gli accordi di Parigi siano stati ratificati come Ue, molti paesi non lo hanno ancora fatto individualmente. Quanto poi alle politiche adottate, non sono altro che una conferma che delle emissioni di CO2 interessa molto poco. In molti paesi europei sono state confermate o stanno per essere realizzate centrali elettriche a carbone.

Nella ricerca del WWF dal titolo “Spazzare via la nuvola nera d’Europa: tagliare il carbone salva vite umane”, realizzata in collaborazione con European Environmental Bureau – EEB, Health and Environment Alliance – HEAL, Climate Action Network – CAN e da Sandbag, i dati sono spaventosi: applicando i criteri di prestazione ambientale alle centrali elettriche a carbone europee, sarebbe possibile salvare 20.000 vite all’anno. In altre parole, l’utilizzo di questa fonte energetica è causa di 22.900 morti ogni anno. E questo già oggi, non nel 2019 o nel 2030. Anche l’utilizzo in tutti i paesi dell’Unione dei contenitori di PVC è causa di malattie e morte. Sembra quasi che nessuno in Europa si sia preso la briga di leggere i risultati delle ricerche che confermano che l’uso delle bottiglie di questo materiale derivato dal petrolio comporta un’emissione di 6,1 kg di anidride carbonica (nel suo ciclo di vita, dati SODASTREAM). Mediamente l’impatto ambientale giornaliero associato al consumo delle bevande, si aggira intorno a 62,8 kg di CO2. Una enormità che però i leader europei sembrano non conoscere.

Di queste morti come di quelle causate dalle emissioni delle industrie e dai danni ambientali prodotti dalle multinazionali e dai trasporti (in moli paesi dell’Africa, le emissioni causate dai trasporti hanno già superato di diverse volte i limiti tollerabili), però, nessun leader mondiale parla. Non se ne è parlato in Ruanda nel recente incontro sull’ambiente, e probabilmente non se ne parlerà a Marrakech durante i lavori della COP22 del 7 novembre.

In Marocco tutti i leader mondiali, come al solito, faranno a gara per fare promesse per il futuro, per farsi riprendere sorridenti in foto di gruppo e per regalare strette di mano. Poi, si daranno appuntamento al prossimo incontro internazionale. Qui dichiareranno di avere a cuore l’ambiente e la salute del pianeta, magari sperando che quello che sta già accadendo non produca effetti troppo macroscopici. Senza sapere che, come hanno confermato le emissioni di CO2, il pianeta è già un malato incurabile.

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