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10 febbraio 2016

 

Zika, il virus mediatico utilizzato per colpire Dilma

di Mauro Indelicato

 

Dopo essere stato sotto pressione per via di importanti manifestazioni nell’anno dei mondiali, il Brasile viene nuovamente colpito a livello mediatico nell’anno delle Olimpiadi: questa volta è il virus Zika a gettare discredito al paese sudamericano, costretto nuovamente sulla difensiva alla vigilia di un grande evento.

 

C’è un numero che, più di tutti, può rendere l’idea di cosa si sta parlando in questi giorni: è il numero tre ed è il numero dei morti a livello mondiale causati dal virus Zika. Ebbene sì, il virus di cui si parla quotidianamente e per il quale l’immancabile OMS ha lanciato un’allerta di carattere mondiale, ha mietuto meno vittime di quanto la meningite abbia fatto in questi giorni, per esempio, nella sola Toscana. Le tre vittime, per giunta, non sono morte per cause direttamente collegabili al virus bensì per complicazioni neurologiche sopravvenute ed inoltre, giusto per specificarlo, i tre decessi non sono stati registrati nel tanto bistrattato Brasile, bensì nella mai nominata Colombia. Basta solo questo quindi, per far ben capire, al di là poi di ogni altra discussione scientifica sull’origine del virus che comunque esula dall’obiettivo di questo articolo, che sullo sfondo del virus iniettato dalla zanzara definita ‘killer’ (ma che di questa caratteristica ha ben poco evidentemente) vi è una questione meramente mediatica.

 

Bisogna fare un piccolo passo indietro e tornare con la mente al biennio 2013 – 2014; in quei due anni il Brasile, dopo diverso tempo, torna ad organizzare delle importanti manifestazioni di carattere internazionale: la Confederation Cup di calcio e l’incontro della giornata mondiale della gioventù prima ed i mondiali di calcio poi. Non solo il più grande paese sudamericano grazie a quegli eventi inizia a togliersi di dosso l’immagine di paese in costante depressione economica, ma ha anche una grande occasione per mostrare i progressi ottenuti nel campo della lotta alla povertà ed entra di pieno diritto nel novero degli attori internazionali più influenti del gruppo dei paesi emergenti del BRICS. Proprio questo posizionamento internazionale al fianco della Russia e dei vicini sudamericani smarcatisi progressivamente da Washington, non ha certo messo in buona luce il governo di Brasilia agli occhi delle cancellerie occidentali e così, proprio nel biennio sopra citato, il Brasile viene attraversato da un’ondata di proteste che mettono a serio rischio anche la stessa organizzazione della Coppa del Mondo.

 

E’ lo stesso governo brasiliano, già all’epoca, a parlare di una mano lunga proveniente dall’estero ad aizzare le proteste; del resto, suona strano come in quei mesi la gente scenda in piazza proprio nel paese che più di tutti negli ultimi anni ha investito su welfare, istruzione e sanità. La condizione sociale del Brasile, così perennemente divisa e diseguale, favorisce da sempre l’intrusione di elementi esterni che vanno a strumentalizzare le masse e le piazze; ciò che è riuscito nel mondo arabo nel 2011 e nell’est Europa in funzione anti Putin, in un paese come il Brasile risulta ancora più semplice: basta poco, in quei quartieri di Rio, San Paolo o Belo Horizonte dove vivono nella povertà migliaia di persone, per accendere la miccia e riuscire a ‘colorare’ le piazze di megalopoli socialmente fragili e vulnerabili. Quelle manifestazioni due anni fa, hanno messo sotto pressione il governo di Dilma Rousseff e proprio in un momento poi in cui il Brasile si preparava per le elezioni presidenziali; i mondiali di calcio soprattutto, sono stati utilizzati dai governi occidentali, grazie alla complicità dei media, per cercare di gettare discredito sul paese sudamericano: non solo accuse di ‘brutali repressioni’ delle manifestazioni, ma anche di corruzione e truffe varie nella costruzione dei nuovi impianti e dei nuovi stadi per la kermesse calcistica.

 

Quest’anno per il Brasile vi è un’altra importante prova organizzativa, ancora più sentita di quella del 2014: l’Olimpiade di Rio De Janeiro. E’ la prima volta che i cinque cerchi approdano in Sudamerica, per tutto il continente è una straordinaria occasione di vetrina pubblicitaria e promozione, tutto il mondo avrà lo sguardo diretto sulla più importante città brasiliana; conseguentemente, l’occasione per mettere ancora sotto pressione la presidenza di Dilma Rousseff è palesemente più ghiotta. Il governo della prima donna presidente del Brasile vive momenti molto complicati; la sua maggioranza scricchiola, il suo orientamento in politica interna ha subito un forzato mutamento per via di alcuni pesanti compromessi dovuti a necessità parlamentari che però hanno iniziato anche a far scemare la popolarità dell’esecutivo tra i suoi stessi elettori più fedeli, in poche parole mai come oggi quel filo che unisce le legislature di Lula e Rousseff sembra talmente sottile da rischiare di spezzarsi. L’immissione del virus Zika nei circuiti mediatici, sembra proprio la riproposizione di quanto avvenuto nel 2014 con le manifestazioni di piazza: cercare di screditare l’organizzazione di un grande evento (in questo caso le Olimpiadi) tentando di ridimensionarne la portata.

 

Non ci sono motivi per cui nei media si possa urlare al boicottaggio di queste Olimpiadi, così come già accaduto in passato in occasione di Mosca 1980 o come si è tentato di fare con Pechino nel 2008 e Sochi nel 2014: il Brasile non ha invaso alcun paese straniero, né può essere accusato di avere un regime dispotico, dunque l’unico modo per danneggiare Rio 2016 sembra essere quello dell’allarme per un virus la cui pericolosità è scientificamente tutta da dimostrare. Intimorire potenziali turisti od anche le stesse delegazioni olimpiche, è arma che potrebbe essere letale per gli organizzatori e quindi indirettamente per il governo brasiliano: se già gli USA parlano di ‘cautela’ per gli atleti che andranno a Rio, il Kenya (paese che, sportivamente parlando, non è di secondo piano essendo la patria degli ultimi maratoneti vincenti) fa sapere di star valutando l’ipotesi di non partecipare alla kermesse olimpica.

Ma non solo boicottaggio olimpico, generare terrore del virus iniettato dalle zanzare sta servendo anche per un altro scopo: costringere i paesi sudamericani a legalizzare l’aborto. Dopo i primi giorni di totale pandemia, l’OMS ha ridimensionato la portata del virus Zika (anche se non l’allarme, che addirittura viene considerato di portata globale) ed in più dichiarazioni si è affermato che ‘forse’ questo virus può avere al massimo effetti nocivi sulle donne in stato di gravidanza. Ma su quel ‘forse’, si sta promuovendo oggi una vera e propria battaglia più politica che sanitaria; la stessa OMS (e quindi, per tramite, le Nazioni Unite) ha richiamato i governi sudamericani e quello brasiliano in particolar modo a rendere legale l’aborto, in quanto potrebbe esserci una correlazione tra le conseguenze causate dal virus e l’aumento dei bambini nati affetti dalla microcefalia, ossia con un cranio più ridotto nelle dimensioni rispetto al normale.

 

Nulla di certo e verificato ma secondo le Nazioni Unite nel dubbio è bene costringere le donne brasiliane ad accettare la pratica dell’aborto; è un messaggio deleterio e che di umano ha ben poco: di fatto, l’ONU sta cercando di imporre modificazioni legislative su tematiche molto delicate, sulla base di non precisate e confermate motivazioni scientifiche. Appare palese come, al di là di ogni altra considerazione, un simile comportamento attiene molto di più alla sfera politica che scientifica e si cerca di rendere ‘dogma universale’ ed indiscutibile l’aborto lì dove né tradizione e né interventi legislativi lo contemplano. Il virus Zika, appare quindi come un fenomeno più mediatico e dunque strumentalizzato e strumentalizzabile piuttosto che un serio rischio per la popolazione mondiale; al momento, non si registrano grosse perdite riconducibili al virus, così come i suoi effetti non sono pienamente dimostrati, ma tanto è bastato per gridare ad un allarme che rischia di stravolgere la vita politica e sociale dei prossimi mesi di un Brasile che si prepara alle Olimpiadi.

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