Fonte: Pagina Transversal

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Ott 31, 2016

 

Russia: La Rivoluzione ideologica del 2000

di Emmanuel Leroy

Traduzione di Luciano Lago

 

Il 25 luglio del 2016 dopo oltre due anni di sanzioni occidentali che hanno parzialmente raggiunto l’economia russa,  particolarmente  sul piano monetario, determinando un tasso d’interesse delle banche centrali sul rublo di oltre il 10%, Putin ha  dato finalmente il segnale verde al club Stolypin contro i liberali di Alexei Kudrin, quelli che avevano portato la Russia ad una recessione politica ed economicamente pericolosa con la loro ideologia del libero mercato “conforme a quella occidentale”.

Questo cambiamento radicale nell’attuale posizionamento della Russia si deve molto all’influenza del  filosofo russo, Alexander Dugin, il quale lavora da numerosi anni per rompere l’influenza occidentale sulla  Russia. Con questa decisione, il dominio della multipolarità e del rinnovamento della “Santa Russia”  ha appena segnato un punto decisivo contro quelli che vengono definiti gli “agenti della quinta colonna” (occidentale).

 

Il club di Stolypin, incoraggiato soprattutto da Sergei Glaziev, un consigliere vicino a Putin, che si ispira in grande misura ad Friedrich List (1789-1846), un economista tedesco d’ingegneria critico di Adam Smith, e che è stato all’origine della teoria “del protezionismo educativo”.

Le idee di List hanno creato tra il secolo XIX la crescita economica più impressionante in tutta l’Europa nell’arco di  soltanto tre decenni. Il nuovo modello di sviluppo dell’economia russa si è basato sulle teorie di Friedrich List, quella che è stata l’origine “del miracolo tedesco”.

 

Dietro quest’informazione, apparentemente insignificante, si è appena messa  in pratica, per la prima volta dal 1991, un’alternativa ideologica totale al sistema occidentale – sistema che può anche essere qualificato come ideologia di origine anglo-sassone.

Fino alla scomparsa finale dell’esperienza dell’Unione sovietica con Gorbachov nel 1991, il mondo era ufficialmente diviso in due campi di dominio ideologico: il liberalismo occidentale, autoproclamatosi “dominio della libertà„, ed il comunismo autoproclamatosi  “difensore degli oppressi” (o del proletrariato).

Al momento della fine  dell’esperienza sovietica, si è affondata allo stesso tempo l’alternativa ideologica che rappresentava il marxismo, contrapposto al liberalismo anglosassone. Da allora – ed è da partire da questo momento che si è sviluppata la teoria della fine della Storia e la promozione del “pensiero unico” – i capi del Grande Gioco anglosassone hanno creduto di aver vinto la partita, poiché non avevano un avversario ideologico suscettibile di opporre un’altra visione del mondo alla loro, la visione del pensiero unico neoliberista e globalista.

Questo è avvenuto senza contare con il risveglio della grande Russia, che dopo avere provato per tentativi, durante un quarto di secolo, per ridefinire un’alternativa al sistema occidentale, ha da poco optato per un nuovo confronto – questione vita o di morte per essa – con l’ideologia anglo-sassone, opponendo il concetto di multipolarità, che non è soltanto una certa differenziazione ma piuttosto il ritorno della concezione westfaliana delle relazioni tra le Nazioni.

In altre parole, la Russia ha appena ripreso il guanto con il quale è stata schiaffeggiato dai seguaci di Mammone (il Dio del profitto), e li ha appena schiaffeggiati a sua volta, tra altre cose tramite l’ultimatum che ha appena inviato Vladimir Putin agli Stati Uniti nel quadro della guerra in Siria, il primo che Washington riceve da 1861.

Per coloro che ancora si pongono interrogativi circa il confronto che oppone l’Ucraina con la Russia, in particolare attraverso il mortifero conflitto del Donbass, sorge una domanda: dimmi chi ti appoggia e ti dico chi sei.

La risposta è chiara: il regime di Kiev viene sostenuto ed appoggiato dall’Occidente ed è destinato a creare un ferita lacerante nel cuore della Russia – come lo aveva preconizzato Zbigniew Brzezinsky, lo stratega della Casa Bianca nel suo libro “La Grande Scacchiera” .

Più in là di Kiev, l’ultima grande capitale del mondo euroasiatico, che ancora non è caduta nelle mani degli anglossassoni,  è Mosca (la terza Roma?).

A partire da questa constatazione basilare, non è possibile ammettere alcun tentennamento: la perfida Albione “delenda est”!

Quelli che difendono Kiev ed i suoi battaglioni identitari della Galizia o moldavi e polacchi, si trovano, che lo vogliano o no, dalla parte del mondialismo. Quelli che difendono Mosca ed i patrioti del Donbass si trovano nel campo della libertà dei popoli. Nel mio caso la mia scelta è stata fatta . Neppure poteva esserci  una opzione, era di una evidenza solare.

*Emmanuel Le Roy Ladurie è uno storico francese. È stato direttore didattico dell’École pratique des hautes études di Parigi a partire dal 1965, poi professore di scienze sociali all’Università di Parigi e, infine, professore di storia della civiltà moderna al Collège de France (dal 1973). Viene considerato uno dei più importanti storici francesi moderni. Fu animatore dell’École des Annales e rappresentante di un metodo di studio che concorresse alla ricostruzione dettagliata di specifici contesti storici: in questo senso, vanno segnalate le opere Les paysans de Languedoc[2] (1966-1969) e Montaillou, village occitan de 1294 à 1324[3] (1975).[1]

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