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12/07/2016

 

Fino a duemila soldati Usa-Nato entreranno in Ucraina nei prossimi mesi

di Eugenio Cipolla

 

Nonostante vada professando atteggiamenti distensivi, l’occidente nell’ultima settimana sta continuando imperterrito a lanciare segnali tutt’altro che concilianti nei confronti della Russia. Il primo è arrivato nel fine settimana a Varsavia, dove si teneva il vertice NATO. Durante il summit si è ricorso per la prima volta a un nuovo formato per discutere la crisi ucraina: il “Great Five”. A prenderne parte i primi c’erano i primi ministri e i ministri degli Esteri di Stati Uniti, Germania, Francia, Regno Unito e Italia, ai quali, soltanto in un secondo momento si è aggiunta anche l’Ucraina, vera e unica artefice, secondo fonti diplomatiche, di questo formato sperimentale.

 

Le conclusioni, ovviamente, non potevano che essere scontate ed andare nella direzione di un totale e sempre più forte sostegno verso l’ex repubblica sovietica e lo sviluppo di nuove relazioni bilaterali Nato-Ucraina. Per ora non si è ancora riusciti a capire se il “Great Five” sostituirà in maniera definitiva il vecchio “Quartetto di Normandia”, dove di Stati Uniti e Italia non vi era traccia ed era al contrario presente la Russia. Molti analisti ritengono che si tratti di un segnale inviato al Cremlino sul mancato rispetto degli accordi di Minsk. Comunque vada, Mosca, attraverso i suoi emissari diplomatici, ha fatto già sapere di non aver gradito affatto l’ennesimo comportamento provocatorio dei leader europei. E infatti la prossima riunione del Consiglio Nato-Russia sarà tutt’altro che facile.

 

«Il tema principale che tratteremo – ha detto oggi Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo – è la decisione dell’alleanza sull’ulteriore aumento della presenza militare nelle regioni orientali e le implicazioni per la sicurezza europea. La parte russa intende porre in discussione la possibilità di coinvolgere i nostri partner finlandesi nell'iniziativa, il cosiddetto "Piano Niinisto" per migliorare la sicurezza aerea nella regione del Mar Baltico e sottolineare i rischi per la stabilità strategica derivanti dalla costruzione del sistema di difesa missilistica Usa-Nato in Europa».

 

A rendere i rapporti ulteriormente tesi, poi, c’è l’ennesima esercitazione congiunta Nato-Usa-Ucraina che si svolgerà sul territorio ucraino (a qualche centinaio di chilometri dal confine russo) a partire dalla prossima settimana e vista di cattivo occhio dalla Russia proprio perché “incastrata” tra il vertice Nato di Varsavia e il prossimo Consiglio Nato-Russia. Le esercitazioni ucraino-statunitensi Sea Breeze prenderanno il via il prossimo 18 luglio. Ad annunciarlo è stata la portavoce del ministero della Difesa ucraino, Oksana Gavrilyuk. «Le esercitazioni si svolgeranno nelle regioni di Odessa e Nikolajev, così come nella parte nord occidentale del Mar Nero», ha detto la funzionaria citata dall'agenzia di stampa "Unian". Le manovre si concentreranno sulla simulazione di un'operazione multinazionale di sicurezza in un'area di crisi.

 

La formazione prevede un aumento del livello di fiducia e di sicurezza nelle regioni del Mar Nero, così come una maggiore interoperabilità tra le forze navali ucraine e le marine dei paesi membri della NATO. I piani già approvati prevedono sul territorio ucraino la presenza, per un massimo di 25 giorni, di duemila soldati degli Stati Uniti e di altri paesi membri della Nato, con armi ed equipaggiamenti militari, 15 navi, 5 sottomarini, 12 tra aerei ed elicotteri e 100 blindati corazzati. Quest'anno le Forze armate ucraine prenderanno parte a dieci esercitazioni multinazionali, quattro delle quali si svolgeranno nel territorio del paese. Nel dicembre 2015 l'Ucraina aveva adottato una legge apposita per permettere l'ammissione di contingenti militari stranieri sul proprio territorio nel 2016, al fine di l'esecuzione di manovre militari internazionali congiunte. Piccoli dettagli per alcuni, ma per Mosca è l'ennesimo campanello d'allarme.

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Martedì, 12 Luglio 2016

E anche la Nato scarica l’Ucraina
di Danilo Elia

Tante belle parole per Kiev, ma al summit di Varsavia la Nato ha mostrato una chiara strategia di disimpegno.

L’Ucraina avrebbe dovuto essere la Cenerentola del summit Nato di Varsavia, lo scorso 9 luglio. Ha finito invece per non comparire nemmeno nei comunicati che contano. Nella dichiarazione diffusa alla conclusione dell’incontro, infatti, i leader dei Paesi membri «incoraggiano i partner che aspirano a entrare a far parte dell’Alleanza a continuare a implementare le necessarie riforme», rivolgendosi solo alla Georgia, alla Macedonia e alla Bosnia Erzegovina. Per chi si aspettava una mano tesa all’Ucraina si è trattato più di uno schiaffo.

La Russia è una minaccia. Anzi, no.
I vertici riunitisi nella capitale polacca, però, di decisioni importanti ne hanno prese. Quattro battaglioni di mille soldati ciascuno sono stati disposti permanentemente in Polonia e nei tre Paesi baltici, Lituania, Lettonia ed Estonia. Più a sud, un’unità di difesa navale nel Mar Nero sarà formata da Romania, Bulgaria e Turchia. A quest’ultima dovrebbe partecipare anche l’Ucraina.
Il disegno tracciato a Varsavia contorna con precisione confini orientali dell’Alleanza atlantica. I quattro battaglioni di fanteria dispiegati a nordest sono tutti destinati a Paesi che confinano con la Russia continentale e con la strategica exclave di Kaliningrad. Un disegno che parla molto più chiaro delle parole dello stesso segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. «Non vediamo alcuna minaccia imminente contro alcun alleato Nato», ha detto. «Non siamo né in una posizione di partnership strategica con la Russia né in un clima da Guerra fredda».
E in effetti l’Ucraina, l’unico dei Paesi presenti al summit impegnato in una guerra – che guarda caso coinvolge la Russia – non è un membro Nato.

Strategie di disimpegno
La Nato continuerà a dare assistenza all’Ucraina nella difesa informatica, nella logistica e nella riabilitazione dei soldati feriti, ha detto ancora Stoltenberg, aggiungendo che ulteriori campi di cooperazione potrebbero essere il contrasto alla guerra ibrida e all’uso di IED, gli ordigni improvvisati. Davvero poca roba per un Paese in guerra, dove si spara quasi quotidianamente con artiglieria pesante e lanciarazzi multipli.
«Queste decisioni dimostrano che la Nato è saldamente al fianco dell’Ucraina», ha detto Poroshenko, cercando di portare a casa un punto inesistente. Ma poi ha aggiunto che «ora dobbiamo fare le riforme», riferendosi probabilmente alla richiesta comune dei presidenti e capi del governo di Stati Uniti, Germania, Francia e Italia di procedere a elezioni in Donbass entro pochi mesi. Un’altra chimera di Minsk.
La sensazione tangibile alla fine di questo summit è che la Nato non ha alcuna intenzione di lasciarsi trascinare nel pantano ucraino e che fino a quando l’est del Paese continuerà a essere un’area di destabilizzazione e di frizione con la Russia, Kiev potrà scordarsi l’ingresso nell’Alleanza.
Una politica in linea con il disimpegno dei singoli Paesi europei, vogliosi di chiudere il capitolo sanzioni.

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