http://comune-info.net/

26 gennaio 2016

 

Tornare a Lesbo per fermare la strage

di Domenico Chirico

direttore di Un Ponte per…

 

Se persone, anche con più di ottant'anni, scappano da Siria, Iraq e Afghanistan, allora significa che non c’è molta speranza. Per questo i volontari di Un ponte per… si preparano a tornare a Lesbo e ad accogliere chi fugge dalle guerre

 

Di nuovo abbiamo appreso venerdì la terribile notizia di un naufragio sulle coste dell’Egeo con venti bambini morti annegati. Un altro canotto si è ribaltato tra le coste turche e quelle greche facendo inghiottire dalle onde decine di persone. A nulla è servita la tragedia del piccolo Aylan Kurdi e solo retorica è stata la breve fiammata di indignazione internazionale.

La risposta reale è stata un’altra. Ovvero ancora meno aiuti per sostenere la risposta umanitaria alla crisi siriana e a quella irachena. Molte più armi per continuare un conflitto contro Daesh che sembra assomigliare sempre più a quello afghano, per durata e per resistenza dell’avversario. L’Unione europea ha promesso 3 miliardi di euro al governo turco nella speranza che questo possa fare da prigione ai milioni di rifugiati che si stanno muovendo dai paesi in guerra del Medio Oriente e dell’Asia verso l’Europa. Come se le misure repressive potessero bastare a fermare questo spostamento epocale di persone che è causato solamente dal perdurare della guerra nelle loro case. Il conflitto siriano da cinque anni, l’Iraq e l’Afghanistan sono praticamente sempre in guerra da più di un decennio.

Non si tratta più di fermare i rifugiati, di provare a costruire dei campi profughi o di distribuire degli aiuti. La crisi è anche di aspettative. Sono sempre più gli anziani che fuggono. E se persone, anche con più di ottant’anni, decidono di scappare, allora significa che non c’è molta speranza. Un gruppo di volontari di Un ponte per… ha cominciato il 2016 accogliendo i rifugiati in arrivo sull’isola di Lesbo. Sono giovani persone esperte e che hanno sempre operato in contesti complessi. Ne sono tutti tornati ugualmente sconvolti.

Ogni giorno sull’isola arrivano gommoni con mille persone, tra loro tantissimi bambini, donne ed anziani. I volontari si sono trovati a gettarsi in mare per raccogliere bambini appena arrivati e con addosso i giubbotti falsi che gli vendono i trafficanti turchi con dentro il polistirolo, e a correre per fornire acqua e coperte termiche. Con loro tante e tanti altri da tutta Europa. Anche una valorosa delegazione di pompieri di Siviglia, sostenuti dal Consiglio comunale della loro città, che operano direttamente per i salvataggi in mare.

Mentre il discorso xenofobo sembra sempre dominante, basta andare a toccare con mano queste realtà per capire che esiste anche una generazione di giovani donne e uomini che hanno un’idea diversa d’Europa. Che costruiscono ponti e non muri. Che conoscono il valore della solidarietà e quanto questo sia fondante per la pace e la convivenza. Quanto sia necessario, come una delle poche armi che abbiamo tutti contro il dilagare del terrore. A Lesbo sono centinaia i volontari che sono andati ad organizzare l’assistenza umanitaria, colmando le lacune delle autorità locali ed internazionali che non riescono a gestire la crisi con la necessaria umanità.

Secondo i dati dell’Unhcr nel corso del 2015 sono arrivati nella sola Lesbo più di 500.000 persone. Almeno il 34 per cento sono minori. I principali paesi di provenienza sono nell’ordine Siria, Afghanistan e Iraq. I luoghi di maggior conflitto ad est dell’Europa, che pensa sempre di poter risolvere la questione con Frontex, facendo arrestare la settimana scorsa tre dei pompieri spagnoli. Un’ondata di indignazione in Spagna ha fatto ritornare le autorità greche sui loro passi. Arrestare tre persone che salvano vite umane sulle coste greche è un segnale vergognoso.

Per questo la settimana prossima anche noi di Un ponte per… torneremo a Lesbo. Grazie al sostegno della Uil e di tante altre persone, proveremo a organizzare una staffetta di volontari che porterà solidarietà concreta a chi fugge dalle guerre. Aiuteremo nella logistica dei magazzini dei campi dove sono ospitati i profughi, faremo i turni di assistenza e di attesa sulle spiagge per gli sbarchi. Faremo ciò che è necessario e ciò che ci verrà chiesto dai greci, che generosamente stanno accogliendo queste migliaia di persone in fuga. Partiamo a breve e speriamo che saremo in tanti, a Lesbo ed in tutti i luoghi dove sarà necessario essere nel 2016. Fai ciò che devi, accada quel che può.

 

Da leggere

 

Lesbo 

di Giacomo Capriotti

Sull’isola greca di fronte alla Turchia, gli Stati e l’Europa mostrano tutta la loro indifferenza e il loro dominio contro chi fugge da guerre, persecuzioni e miseria. Tuttavia, sull’isola migliaia di volontari si autorganizzano

 

Daesh, l’infelicità, la Questione d’Oriente 

di Fabio Alberti

L’infelicità araba affonda le radici nella chiusura della Questione orientale

top