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06/04/2016

 

Giulio Regeni, la lettera anonima e le rivelazioni di Omar Hafifi

 

Continuano i misteri sulla morte del ricercatore italiano

 

Chi ha scritto la lettera anonima inviata a Repubblica in cui si raccontano le torture subite da Giulio Regeni? Facebook da’ una risposta circa la paternità del contenuto pubblicato dal quotidiano romano in cui si accusa il generale Khaled Shalabi, capo della Polizia criminale e del Dipartimento investigativo di Giza, come diretto responsabile delle torture che hanno causato la morte di Giulio Regeni. L’ispiratore sembra essere Omar Hafifi, ex colonnello della polizia egiziana, emigrato negli Stati Uniti nel 2011 e sostenitore della rivolta di Piazza Tahrir.

 

 

LE PAROLE DI OMAR HAFIFI E LE SIMILITUDINI CON LA LETTERA ANONIMA DI REPUBBLICA

Il messaggio su Facebook è datato 6 febbraio, e nello statuts si raccontano dettagli dell’arresto, della prigionia e della morte di Giulio Regeni. A stupire è la similitudine quasi completa con il documento inviato a Repubblica da parte di un residente negli Stati Uniti. Sopratutto, è uguale la chiusura, traducibile dall’arabo all’italiano con queste parole: “”Dio non ti chiediamo di respingere il destino, ma ti chiediamo di essere clemente“. Se ci concentriamo sulle parole di Omar Hafifi si conferma che Giulio Regeni si è opposto a un interrogatorio senza la presenza di un delegato dell’ambasciata. A quel punto si è deciso di torturarlo per 48 ore con un aumento graduale delle torture fisiche fino a lasciarlo nudo in una stanza con un po’ d’acqua a ricevere ogni 30 minuti una scossa elettrica.

 

OMAR HAFIFI “NON DICE BUGIE”

Giulio Regeni, continua Omar Hafifi, sarebbe poi stato trasferito negli uffici dell’intelligence a Nasr City su indicazione di Ahmed Gamal Eddin, consigliere del Presidente. Lì le torture sarebbero continuate con i medici che avrebbero negato i danni sopratutto cerebrali al ragazzo. Il tutto fino alla morte. La posizione di Omar Hafifi è stata smentita dalla procura della Repubblica di Roma secondo cui i dettagli sulle ferite del ricercatore non sono compatibili con quelle effettivamente presenti sul suo corpo. Omar Hafifi ha però confermato in un altro post su Facebook la sua versione dei fatti: “Omar Hafifi non dice bugie”. E per supportare la sua tesi Omar Hafifi continua dicendo che il generale indicato come responsabile diretto della tortura ai danni di Giulio Regeni, Khalid Shelby, sta rifiutando con ogni mezzo una sua consegna all’Italia minacciando il suicidio se verrà costretto a lasciare Il Cairo.

 

LA PROCURA DI ROMA SMENTISCE LA LETTERA

Detto questo è doveroso fare una precisazione. Non possiamo sapere se ciò che dice Omar Hafifi è vero. La Procura della Repubblica di Roma ripreso dal Corriere della Sera ha smentito la lettera così simile alle sue denunce in quanto i dettagli sull’autopsia sono sbagliati. Inoltre lo stesso post è stato pubblicato il sei febbraio 2016, due mesi esatti prima della pubblicazione della famosa “lettera” da parte di Repubblica. In questi 60 giorni non c’è mai stato alcun riferimento alle denunce di Omar Hafifi neanche attraverso gli oppositori del Presidente Al-Sisi. Improvvisamente arrivano nuovi dati a supporto delle torture ai danni di Giulio Regeni, dati però, ripetiamolo, smentiti dalla procura.

 

CHI È OMAR HAFIFI

Proviamo infine a capire chi è Omar Hafifi, “accusatore” del presidente Al Sisi. Secondo il sito d’informazione arabo Shbabmisr, Hafifi è “vicino” a Michael Posner, avvocato americano esperto di diritti umani nominato da Barack Obama in seno al Dipartimento di Stato il 7 luglio 2009. Si è occupato della morte di un altro ragazzo in custodia, Khaled Mohamed Saeed, ucciso dalla polizia ad Alessandria d’Egitto nel 2010. Intervistato da Fox News l’uomo, oppositore di “Piazza Tahrir” ringraziava gli Usa per la loro protezione anche se confermava il suo amore per l’Egitto e nei suoi interventi ha spesso preso di mira l’esercito egiziano rivelandosi come un sostenitore dell’ex presidente Mohamed Morsi.

 

LA VERSIONE DI CARLO BONINI

Carlo Bonini, giornalista di Repubblica responsabile della pubblicazione della lettera, intervistato da Boris Sollazzo e Girdano Giusti durante Factotum, la trasmissione di Teleradiopiù, ha spiegato che a suo modo di vedere l’anonimo possa essere davvero Omar Hafifi e che sia in atto una “guerra d’apparati” legata alla morte di Giulio Regeni

 

«Il mio rapporto con l’anonimo che mi ha passato le informazioni dura da qualche giorno, e all’inizio della nostra comunicazione ho pensato che potesse trattarsi proprio di lui, Omar Hafifi. Hafifi è un generale egiziano del periodo di Morsi, un generale dissidente, credo sia riparato negli Stati Uniti. L’anonimo che mi ha inviato la mail su Regeni è certamente un uomo degli apparati. Ed è verosimile che le informazioni dell’anonimo arrivino da ambienti di apparati, uomini di apparato in esilio che ora consumano la loro vendetta diffondendo informazioni su chi è arrivato dopo di loro»

Carlo Bonini ha continuato difendendo il contenuto della lettera

«Quando ho cominciato a corrispondere con lui gli ho chiesto se fosse il generale Hafifi. Lui mi ha risposto “No, ma non posso dire chi sono”. Ma è chiaro che un anonimo può dire ciò che vuole. Gli informatori anonimi vanno trattati come tali e le loro informazioni non possono costituire una una prova a meno che non si riesca a verificarle. Io lo chiamo aninomo, al singolare, ma è possibile che possa essere un gruppo di persone. In ogni caso, ci sono almeno tre circostanze citate da questo anonimo che erano note solo atti degli inquirenti italiani, circa le lesioni rinvenute sul corpo di Regeni»

 

COINVOLTO DAVVERO KHALED SHALABI?

Infine Bonini ritiene che Khaled Shalabi, il generale ritenuto responsabile della morte di Giulio Regeni, sia direttamente coinvolto visto che è stato protagonista di questa storia fin dal principio:

«Il generale citato nella mail è lo stesso che all’indomani del ritrovamento del cadavere di Giulio Regeni ha detto che era morto per un incidente stradale e che poi ha tentato di accreditare le ipotesi dell’omicidio a sfondo omosessuale, poi quello del traffico di droga e infine quella dei cinque banditi uccisi. Il fatto che l’informatore anonimo lo indichi mi fa pensare che quello che dice non sia poi così peregrino»

 

Qui l’intervento radiofonico integrale dell’intervista a Carlo Bonini: https://youtu.be/i3u85pkd-0E

 

 

LA SOLUZIONE SERVE. E IN FRETTA.

Ma, come detto, la Procura della Repubblica di Roma ha smentito la veridicità della stessa. Al momento l’unica cosa certa di questa storia è la morte di Giulio Regeni. Sarà importante che Egitto e Italia raggiungano al più presto una soluzione che garantisca i colpevoli alla giustizia e normalizzi la situazione tra i due paesi. La lettera e i personaggi a essa legati dimostrano come la situazione rischi di sfuggire di mano con danni forse irreparabili alle relazioni tra i due Paesi.

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