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10.12.2016

 

Se la mediocrazia è la regola

di Pasquale Antonio Riccio

 

Grazie ad una serie di articoli sul proprio blog del Sole 24 ore, il giornalista Angelo Mincuzzi ha rilanciato in Italia il dibattito su quella che, in un suo libro, Alain Deneault ha definito "Mediocrazia" ovvero l'idea secondo la quale ormai le classi dirigenti del mondo siano composte da mediocri che, a detta dell'autore, sono stati "capaci" di realizzare una vera e propria rivoluzione silenziosa.

La mediocrazia riguarderebbe l'università, la sanità, l'imprenditoria, la scuola e, ovviamente, anche la politica.

Ho trovato davvero ricchi di spunti interessanti i vari interventi di Mincuzzi e considero illuminate il rimando che egli fa a Deneault che, per descrivere in modo compiuto la condizione attuale del rischio e della "difficoltà" nell'individuare la mediocrità, rimanda a Robert Musil che affermava: "Se dal di dentro la stupidità non assomigliasse tanto al talento, al punto da poter essere scambiata con esso, se dall'esterno non potesse apparire come progresso, genio, speranza o miglioramento, nessuno vorrebbe essere stupido e la stupidità non esisterebbe".

In effetti sembra proprio che sia così. Il mondo del "mediato" ovvero in cui la verità – anche in merito ad uno stesso dato o fatto – è decisa dal circolo vizioso dei media e in cui nulla sembra essere più valido come pietra angolare tranne il politicamente corretto, è una realtà in cui oserei dire che quasi necessariamente e inevitabilmente i mediocri possono imporsi.

Deneault è canadese e, a sensazione, credo non abbia potuto osservare da vicino la realtà italiana o specificamente quella del Sud Italia. Mi limiterò in questo breve intervento alla condizione della "classe dirigente" politica del Mezzogiorno in cui sono state letteralmente bruciate e sacrificate negli anni sull'altare della mediocrazia – funzionale e spesso a braccetto con interessi non proprio "trasparenti" – moltissime delle migliori menti ed energie cresciute e formatesi spesso autonomamente.

Tanto potenziale, tanta passione e tanta forza inespresse ed inutilizzate in nome di cosa? Non sarà un lamento o uno sfogo dai vaghi sapori di sconfittismo moraleggiante: sappiamo benissimo che la politica è anche lotta per gli spazi vitali e per l'affermazione di gruppi di potere. Il punto è un altro: assodato che la politica è quanto detto, essa si realizza compiutamente se quelle battaglie per gli spazi vitali vengono svolte in nome di una visione che guardi all'interesse della comunità ed al futuro.

La questione è sempre la stessa: forza e responsabilità. Visione comunitaria contro visione individuale.

La mediocrazia non è uno stato di cose transitorio, ma il trionfo del cieco individualismo e del tempo presente individuale contro la costruzione di un futuro migliore per sé e le generazioni che verranno.

Per una volta, provando ad uscire dal comune dibattito – sempre più fasullo e di facciata – non vorrei parlare di colpe perché a ben vedere non è solo il politico mediocre (non necessariamente corrotto, ma con esso a braccetto) ad averne, in quanto non si vota da solo e di certo, al contrario, non si può risolvere velocemente la questione affermando che la causa è la sola ignoranza del cittadino/elettore.

C'è un problema di sistema, organico, come detto prima, delicatissimo da affrontare perché i cannoni mediatici del politicamente corretto sono sempre puntati e pronti a fare fuoco contro chiunque provi ad esprimere un concetto originale o non in linea con l'apparente diversificata omologazione della mediocrità. Le parole precedentemente citate di Musil, ci mettono in guardia e lo fanno tanto più se, come fa notare Mincuzzi nel suo commento a Deneault, ormai si vive con "(...) l'atteggiamento che ci conduce a posizionarci sempre al centro, anzi all'«estremo centro» dice il filosofo canadese. Mai disturbare e soprattutto mai far nulla che possa mettere in discussione l'ordine economico e sociale. Tutto deve essere standardizzato. La 'media' è diventata la norma, la 'mediocrità' è stata eletta a modello. Essere mediocri, spiega Deneault, non vuol dire essere incompetenti. Anzi, è vero il contrario. Il sistema incoraggia l'ascesa di individui mediamente competenti a discapito dei supercompetenti e degli incompetenti. Questi ultimi per ovvi motivi (sono inefficienti), i primi perché rischiano di mettere in discussione il sistema e le sue convenzioni. Ma comunque, il mediocre deve essere un esperto. Deve avere una competenza utile ma che non rimetta in discussione i fondamenti ideologici del sistema. Lo spirito critico deve essere limitato e ristretto all'interno di specifici confini perché se così non fosse potrebbe rappresentare un pericolo. Il mediocre, insomma, spiega il filosofo canadese, deve «giocare il gioco»".

Non esistono solo i "colletti bianchi" della malavita, ma ci sono anche i "colletti bianchi" della mediocrità. Ciò che sorprende è spesso, tra le persone in buona fede presenti nelle classi dirigenti, la totale inadeguatezza nell'affrontare gli eventi e quindi la propensione inevitabile a subirli. Se tutto è ormai legato al "problem solving" del momento e non ad una visione strategica (che solo una classe dirigente preparata non mediocre può garantire) ci sono zone depresse dove nemmeno più questo si riesce ad avere seppure vi siano gli strumenti per poterlo ottenere. Strade piene di buche per anni, degrado di zone cittadine, processi amministrativi che potrebbero essere di una "facilità" disarmante trasformati nei più ingarbugliati ed inutili flussi burocratici ecc...

Perché tutto questo?

Perché rassegnarsi a una scena, vista troppe volte ed oramai divenuta quasi la regola? Una scena vissuta non per spirito di avventura e voglia di confrontarsi con il mondo, ma sempre più per necessità.

A cosa mi riferisco? Ai figli delle classi dirigenti che partono non per studiare in scuole migliori grazie alle possibilità economiche della propria famiglia, ma perché sentono che la propria terra, a prescindere da propensioni e sogni personali, di sicuro non potrà offrirgli nulla. Come poterla pensare diversamente, infatti, se nonostante i social, internet super veloce e tante altre amenità della tecnica, appena esco di casa mi fermo a constatare che la buca non è stata riparata in modo serio da ben 5-10 anni. Anzi non è più la sola, ora ha tante sorelle. Se lo fanno questi ragazzi, figurarsi i giovani provenienti da famiglie "normali". Insomma i mediocri non sono ignoranti, ma non conoscono l'ABC per affrontare le sfide e migliorare l'ordinario.

Prima di chiudere questa mia breve riflessione vorrei dedicare un pensiero ai tanti alfieri del politicamente corretto che hanno condiviso e condivideranno le parole di Deneault (teniamo sempre in mente la difficoltà del vedere la mediocrità) e che hanno vissuto da qualsiasi posizione culturale (specialmente progressista) gli anni della contestazione: se siamo dove siamo ora, se la mediocrità si è affermata non siete del tutto esenti da colpe. Anzi, gran parte della colpa è vostra: quando avete distrutto l'autorevolezza delle istituzioni, liberato gli istinti, abbandonato le vostre battaglie per assumere incarichi dirigenziali con stipendi altissimi e pensioni d'oro, cancellato il merito in nome di un vago egualitarismo, mandato a morire giovani in nome di ideali che un attimo dopo avete rinnegato per diventare professori e ricercatori universitari, insomma quando facevate tutto questo e tante altre amenità senza pensare (per carità in nome di alcune battaglie giuste), stavate "giocando il gioco" ed i mediocri probabilmente erano molti di voi.

I mediocri di oggi, spesso, sono i vostri figli.

 

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